di Antonio Bordoni.

 

Un non invidiabile destino quello della low cost di successo:  crescere sempre crescere, mai dare l’impressione che è giunto il momento dell’avvio della discesa. E fin qui si potrebbe pure riuscire nel centrare l’obiettivo, ma il passaggio difficile, se non  impossibile, è quello di assicurare ciò mantenendo le tariffe più basse sul mercato.

Stiamo parlando di Ryanair e dello strano destino che la perseguita di dover crescere nei suoi fondamentali rimanendo la numero uno per la più bassa tariffa offerta, è questo il suo punto di forza, il suo maggiore appeal.  Un compito non facile. Sfogliate una delle sue annuali presentazioni, troverete una pagina  sempre dedicata alla comparazione fra la tariffa media offerta da Ryanair e quella offerta dai suoi concorrenti. Quest’anno, al bilancio chiusosi al 31 marzo 2019, la tariffa media di Ryanair era di 37 euro, quella dei suoi concorrenti 129.

Certo sono comparazioni da prendere con il beneficio di inventario in quanto sappiamo bene come ogni compagnia adotti regole differenti per quanto riguarda le componenti accessorie (ancillary revenue) e probabilmente un più attento scrutinio ridurrebbe la forbice fra le tariffe realmente offerte dalle compagnie,  tuttavia rimane il fatto che l’obiettivo di Ryanair è rimasto sempre quello di presentarsi come il vettore numero 1 nell’offrire la tariffa più bassa.

Ma implacabile incombe la scure dei costi  e fra tutti primeggia quello di contratti più onerosi per i suoi  17.500 dipendenti (1).  A questo punto se si vuole mantenere il primato è giocoforza darsi da fare per trovare nuove soluzioni.  Al 31 marzo ‘19 questa voce mostrava un costo di  945 milioni di euro contro i 738 dell’anno precedente, un aumento del 28 per cento.  Rapportando i 945 milioni ai 17.500 dipendenti otteniamo un costo medio per dipendente di 54.000 euro/anno. (2)  Nelle note che accompagnano il bilancio possiamo trovare la precisazione che l’incremento è dovuto agli aumenti salariali per I piloti, all’otto per cento di ore volate in più, all’assunzione di ingegneri, ad investimenti  per l’addestramento di piloti e personale di cabina, nonché bonus corrisposti ad aprile 2018  a favore del personale di terra.

Cinque anni prima, bilancio al 31 marzo 2013, il costo del personale assommava a 435.6 milioni, i dipendenti a quella data erano 9.137  il costo procapite per lo staff era di 47.600 euro.

2013                      2019

  1. staff 9.137 17.500                  +92%

Costo                    435.6                     945.0                     +117%  (euro/milioni)

Passeggeri          79.2                       139.1                     + 76%

 

In pratica nel periodo 2013/2019 abbiamo avuto il raddoppio del costo del personale a cui ha però corrisposto un raddoppio del numero dipendenti. I passeggeri nel frattempo sono aumentati “solo” del 76 per cento. Lentamente il periodo della crescita d’oro si sta esaurendo anche per Ryanair.

Nel corso di una intervista concessa a maggio di quest’anno O’Leary ha precisato che “è normale rallentare con volumi così alti. Per il 2020 sul mercato italiano trasporteremo 42 milioni di persone, il doppio di Alitalia.”

Ma esaurita la spinta dei collegamenti punto-a-punto continentali, allargata la rete a destinazioni del medio oriente e nord africa, come assicurare a Ryanair un sostenibile sviluppo?

A marzo 2018  John Alborante allora director sales & marketing di Ryanair, aveva  già dato un primo annuncio (3) : “Stiamo lavorando per realizzare l’interlining con un vettore intercontinentale. Stiamo procedendo a grandi passi e si stanno risolvendo le problematiche tecniche che avevamo”.   In realtà già a maggio dell’anno prima era stato annunciato l’accordo fra  Ryanair e Air Europa sulla loro  partnership commerciale che consentiva ai clienti Ryanair di prenotare i voli a lungo raggio di Air Europa attraverso il sito web di Ryanair. L’accordo avrebbe dovuto aprire la strada ad una seconda fase, nella quale i passeggeri di Ryanair potevano prenotare voli in coincidenza da Madrid sulle 20 destinazioni lungo raggio di Air Europa nelle Americhe.

Ma quest’ultimo accordo è già saltato. Il 29 febbraio di quest’anno è stata infatti scritta la parola fine all’accordo di collaborazione con Air Europa.  A pochi mesi dall’avvio i due vettori hanno annunciato l’intenzione di non procedere oltre a causa delle difficoltà riscontrate nell’integrazione dei sistemi di prenotazione.

Il tema rappresenta uno dei principali nodi  nello sviluppo del piano relativo alla collaborazione tra low cost e major, ove le prime dovrebbero assicurare il feederaggio sui voli a lungo raggio. Problematiche che riguardano sia la biglietteria sia il trasferimento bagagli, la cui integrazione si sta rivelando particolarmente difficile.
Secondo la stampa spagnola, comunque, dietro allo stop dell’accordo ci sarebbe in realtà anche un deciso flop nella vendita dei biglietti del vettore spagnolo sul sito di Ryanair oltre che la volontà di rivedere, da parte della low cost, la sua presenza in Spagna.

 

La visita lampo di Michael O’Leary a Roma avvenuta il 15 maggio scorso come si inquadra in questa delicata fase  attraversata dalla compagnia irlandese?   Immancabile è subito riapparsa la  notizia  di un ripensamento circa l’interesse in Alitalia.  La nostra compagnia è ancora alla ricerca del partner industriale, una compagnia cioè disposta ad investire sostanziali somme nell’acquisizione e controllo sia pur parziale del vettore italiano.  La Ryanair non può essere la candidata ideale a ricoprire tale ruolo quindi è più probabile che il suo interesse sia limitato a intervenire sulle rotte in uscita dagli aeroporti “secondari” italiani verso Roma/Milano per farli poi imbarcare sugli aerei Alitalia a lungo raggio. Ma una Alitalia consolidata sul long haul potrà aversi solo  a commissariamento concluso e pertanto se questo è quello a cui punta O’Leary dovrà purtroppo ancora attendere.

 

 

(1) Cifra presa dal sito https://corporate.ryanair.com/about-us/fact-and-figures/ da noi visitato il 17 maggio 2019.

(2) Particolare attenzione va fatta nel comparare i costi per il personale dal momento che le modalità di impiego vedono spesso far uso anche della cosiddetta “esternalizzazione.”

(3) In apertura del 2019, John Alborante è stato sostituito con il Chief Commercial Officer David O’Brien

 

 

 

 

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