di Antonio Bordoni.

 

Il 24 maggio scorso l’Associazione europea degli agenti di viaggio e dei tour operator (ECTAA) ha depositato una denuncia contro la IATA dinanzi alla Autorità europea per la concorrenza. Tale denuncia verte sulla presunta violazione degli articoli 101 e 102 del trattato UE, e la decisione, avverte l’ECTAA, è stata presa dopo che vari tentativi di negoziazione con la Iata per modernizzare l’attuale programma di distribuzione e farlo più bilanciato per le due parti in causa non hanno sortito alcun risultato.

In particolare l’associazione denuncia che le compagnie aeree impongono vincoli contrattuali molto rigidi, unilaterali e sproporzionati agli agenti di viaggio per la distribuzione dei biglietti, e ciò avviene in particolare attraverso il programma IATA Passenger Agency (PAP). Il PAP è ancora interamente ancorato ai principi tradizionali dell’agente e del principal.  L’Accordo di Agenzia di Vendita Passeggeri (Passenger Sales Agency Agreement) che ogni agente accreditato IATA deve firmare, è stato redatto 40 anni fa e non risulta più in linea con gli attuali dettami economici.

Ogni tentativo fatto dall’ECTAA per aggiornare il PAP è fallito ed è proprio il PAP, quale sistema dominante, che produrrebbe effetti distorsivi sulla concorrenza.  Il programma PAP IATA – Passenger Agency è ancora interamente interpretato secondo un tradizionale “schema di mandato” (il cosiddetto “PSAA IATA – Accordo di agenzia di vendita passeggeri”), in base al quale la retribuzione dell’agente di viaggio viene calcolata sul volume di vendita dei biglietti, la percentuale di tale calcolo –come noto- è spesso vicina alla “filosofia della percentuale zero”: questo è il senso negativo di tale programma e la sua supposta, attuale inadeguatezza, ha sostenuto ECTAA la cui iniziativa ha avuto l’appoggio diretto della Fiavet.

 

Come si vede alla base della denuncia vi è il sospetto dell’abuso di posizione dominante e a questo punto, verrebbe voglia di dire, niente di nuovo sotto il sole. Dovete infatti sapere che la storia della IATA è a dir poco contrastata.

 

“Nel corso degli anni gli agenti di viaggio dei cinque continenti, compresi quelli negli Usa, esponevano in bella mostra, con evidente senso di orgoglio, l’adesivo ‘IATA appointed’. Forse essi non hanno mai saputo che per l’ordinamento giuridico statunitense l’adesione alla IATA equivaleva a commettere un reato federale perseguibile.  Lo stesso valeva per il passeggero che decideva di scegliere un vettore aderente all’associazione e ciò in base a quanto stabilivano gli Sherman e Clayton Acts, ovvero le leggi antitrust Usa. Prendendo spunto dal fatto che negli anni settanta non poche compagnie aeree indipendenti, quelle cioè che non volevano far parte del cartello tariffario Iata, andavano consolidandosi, il presidente degli Usa  Jimmy Carter fece diffidare ufficialmente le compagnie aeree che battevano bandiera a stelle e strisce a far parte della Iata.

L’organizzazione imprenditoriale delle compagnie aeree si è sempre occupata di diversi aspetti commerciali e finanziari delle aerolinee come ad esempio la standardizzazione del contratto di trasporto aereo o la clearing house della biglietteria, ma la sua immagine è stata sempre associata in prima battuta a quella del cartello tariffario. E un tale accostamento era più che giustificato in quanto era la Iata che attraverso le sue conferenze annuali decideva le tariffe da applicare in ogni regione nonché quali percentuali di commissione riconoscere agli agenti di viaggio. Parlando della Iata tuttavia non bisogna credere che la stessa fosse un organismo esterno alle compagnie aeree, l’organizzazione in realtà si basava ed era formata, dalle stesse aerolinee.   Quando negli anni settanta apparvero sul mercato gli aerei a larga capacità e le aerolinee per riempire i troppi posti iniziarono a concedere commissioni “illegali” alle spalle degli ispettori della Iata, questo era forse il momento di prendere atto che il tempo era maturo per l’abolizione del cartello tariffario. La Iata – quindi le compagnie aeree – furono miopi, il cartello venne mantenuto, costringendo le aerolinee a fare sconti sottobanco , ma soprattutto l’intera industria aerea commerciale a causa di ciò fu tacciata di operare in monopolio, attirando sempre più le attenzioni delle autorità prima statunitensi e poi europee.

“Come puoi sapere che ti hanno fatto lo sconto del 50 per cento se non c’è sul mercato alcuna tariffa di riferimento? La complessità delle tariffe è tale che c’è bisogno di mantenere la nozione di tariffa di riferimento, sebbene questo sia un principio che va scomparendo”  Questa incredibile battuta detta da un presidente della Iata non è stata pronunciata negli anni settanta, bensì nell’estate del 1995 quando cioè la deregulation statunitense si avvicinava al ventesimo compleanno e in Europa era stato avviato analogo fenomeno.  Per quale motivo ancora nel 1995 le aerolinee avrebbero dovuto necessitare di un benchmark piuttosto che sapere quanto il concorrente tariffava? Eppure per la Iata la situazione era ancora a quel punto, per dirla con una battuta era ancora a “egregio signore”. Era così difficile capire che se l’applicazione di una tariffa  invece di essere decisa unilateralmente dal vettore faceva riferimento a qualcosa di “ufficialmente stabilito”  si ritornava a una sorta di cartello che ormai -era chiaro a tutti tranne che alla Iata- era giunto al capolinea ?  Appare evidente che la Iata non ha mai avuto l’intenzione di rinunciare al suo ruolo di regolatore tariffario e in tal senso parlare di sola miopia è forse anche troppo generoso.” (1)

Questo per quanto riguarda ieri. Ed oggi?

Oggi, il pomo della discordia si chiama BSP e il “cartello” che esso rappresenta.

 

Il BSP è un sistema che permette alle aerolinee di accentrare su una unica rimessa bancaria tutte le vendite effettuate in un determinato periodo da tutte le agenzie di viaggio di una nazione. Il sistema è accompagnato da servizi corollari come l’emissione di documenti contabili e l’emissione di note correttive (Agency Debit Memo, Agency Credit Memo) tramite le quali si possono correggere eventuali errori tariffari.

Non tutte le aerolinee aderiscono al BSP e, come si può facilmente immaginare, da esso si sono sempre tenute alla larga le compagnie low cost, le  quali invece preferiscono accentrare le vendite tramite il loro sito web. Ciò perché il Bsp non solo ha un costo per le agenzie, ma lo ha anche per i vettori.

Nell’anno 2017 tre compagnie aeree low cost per l’esattezza Southwest, Ryanair e Easyjet  hanno trasportato oltre 340 milioni di passeggeri. Secondo l’ICAO i passeggeri trasportati nello scorso anno da tutte le compagnie sono stati 4 miliardi, quindi possiamo affermare che tre sole compagnie modello low cost  sono vicine a coprire il dieci per cento di tutto il traffico mondiale.

Fin qui la notizia avrebbe un valore significativo ma non certo eccezionale, è noto che le compagnie low cost stanno aumentando il loro share nei confronti dei vettori cosiddetti tradizionali.  Ma vi è un altro particolare su cui invece val la pena soffermarsi, un filo comune che lega questi tre vettori che si trovano ai vertici  delle graduatorie aeronautiche mondiali,  e si tratta di un particolare che dovrebbe far riflettere ma del quale non si  parla: sia Southwest come Ryanair e Easyjet non sono membri  IATA.  Se si va sul sito istituzionale dell’associazione si può trovare la precisazione che i suoi 280 membri rappresentano l’83 per cento del traffico regolare complessivo e spostandoci di pochi anni indietro, al 2011, troveremo che la IATA contava 230 membri ma copriva il 93 per cento del traffico.

(“Particolarità poco note delle compagnie low cost”

(“Particolarità poco note delle compagnie low cost” ; www.Aviation-Industry-News.com ; 27 Maggio 2018

In pratica oggi la Iata  non ha più la facoltà di decidere le tariffe, ma riesce a controllare in modo pressoché totale, quindi siamo in presenza di un quasi monopolio, le emissioni di biglietteria aerea in tutti i Paesi del mondo. In pratica il monopolio si è spostato dall’applicazione delle tariffe, alla modalità di vendita; non crediamo si tratti di un grande passo avanti.

E mentre in Europa accade questo, negli Stati Uniti è in corso una attenta analisi dell’industria aerea in generale in quanto sono in molti orma a credere che l’industria aerea degli Stati Uniti si sia ormai trasformata in un oligopolio. Un oligopolio esiste quando un mercato è controllato da un piccolo gruppo di imprese, spesso perché la barriera all’ingresso è abbastanza significativa da scoraggiare potenziali concorrenti. A partire dal 2017, ci sono quattro principali compagnie aeree nazionali: American Airlines, Inc. (AAL), Delta Air Lines, Inc. (DAL) Southwest e United Airlines  che movimentano circa l’80 % di tutti i passeggeri domestici. Altri fanno notare come l’ingresso di concorrenti stranieri che operano a basse tariffe, come Norwegian Air International e l’espansione di altri  operatori domestici vengano scoraggiate dalle principali compagnie aeree: con meno aziende è probabile una collusione tacita e la concorrenza è ridotta al minimo. Negli Usa insomma si pensa che vi sarebbe un accordo esplicito tra i partecipanti al mercato.

 

Anche se all’esterno nulla traspare e i passeggeri continuano ad aumentare, in realtà l’industria del trasporto aereo è una pentola in continua ebollizione.

 

(1) “1978-2018 Quarant’anni di Airline Deregulation” , Antonio Bordoni, IBN Editore, 2018. Appendice 2 pagine 166 e seg.

 

Tratto da www.aviation-industry-news.com