di Antonio Bordoni.

 

Il 28 marzo 2009 sulla scia dell’accorpamento di Air One in Alitalia, una unione incestuosa dai contorni  fumosi e dai dettagli mai chiariti, cessava l’accordo commerciale tra Air One e Lufthansa che era stato siglato nell’anno 2000.

Dal 29 marzo di quell’anno, con l’entrata in vigore dell’orario estivo, le due compagnie non avrebbero effettuato più voli in codesharing.  Da quella data i soci del programma MilleMiglia di Alitalia avrebbero potuto accumulare punti volando sul network integrato Alitalia-Air One.  Ebbene oggi, come tutti ben sappiamo, si parla con sempre maggiore insistenza di un interesse di Lufthansa in Alitalia.

Non abbiamo intenzione di commemorare date storiche della nostra aviazione commerciale quanto piuttosto  di evidenziare incongruenze ed errori compiuti che poi di fatto spiegano perché la nostra principale compagnia aerea è caduta in un coma irreversibile e perché in Italia l’aviazione commerciale è praticamente azzerata.

A gennaio 2009 infatti in nome di una italianità che veniva sbandierata solo quando faceva comodo a qualcuno, prendeva il via il Piano Fenice ovvero nasceva la nuova compagnia aerea tutta costituita da imprenditori italiani che avrebbe dovuto significare il rilancio della nostra compagnia di bandiera.

Alitalia rimaneva in SkyTeam lo stesso gruppo di cui faceva parte quella Air France con cui ci si era rifiutati sdegnosamente di mettersi insieme, Air One che faceva invece parte del gruppo concorrente Star Alliance doveva per forza di cose lasciare l’accordo con Lufthansa che la legava all’altra alleanza.

Oggi, 2019, le due compagnie aeree nostrane – o meglio sarebbe dire ciò che rimane di due compagnie aeree una volta vettori di tutto rispetto –  con ogni probabilità  entreranno entrambe nell’orbita del vettore tedesco. Ed è davvero incredibile annotare il gaudio e il tripudio che trasuda dalla nostra stampa alla notizia che Lufthansa è interessata a quello che con molta ostinazione chiamiamo ancora uno dei nostri “gioielli nazionali”.

Quindi dieci anni orsono niente Air France perché Alitalia doveva rimanere italiana, oggi invece applausi a Lufthansa per il suo mostrato interesse nei nostri confronti.

Almeno ammettiamolo con franchezza: qui non siamo in presenza di qualcuno che vuole fare sinergia con una nostra compagnia aerea e che assicurerà il suo rilancio, siamo in presenza di un concorrente che è ben felice di spartirsi ciò che rimane di un moribondo sul punto di esalare l’ultimo respiro, quindi nutriamo seri dubbi su quanto si debba essere fieri di questo rinnovato interesse di LH su AZ.

Da ricordare inoltre, e questo è un altro segno della nostra grande intraprendenza manageriale, che ci siamo messi alla ricerca dell’acquirente, smentendo tutti i proclami fatti negli anni passati, non risanata bensì peggiorata nelle sue condizioni. Era così impossibile capire che in queste condizioni non si sarebbero trovati soggetti interessati?

Nel 2008 esisteva in Italia un secondo vettore alle spalle di Alitalia che si era detto interessato all’acquisto della compagnia in crisi. La cordata di cui faceva parte venne scartata in quanto, dobbiamo credere, non ritenuta degna di rilanciare Alitalia.

In quella occasione circolavano voci di conti non a posto non tanto riferiti al comparto aereo quanto al gruppo di cui essa faceva parte, la AP Holding, ma pur prendendo per veritiere queste voci è lecito chiedersi con quale criterio e in base a quale logica si è voluto far confluire questo vettore in una Alitalia che era alla ricerca di qualcuno per il suo rilancio.

A ben vedere la vera novità di questi nostri giorni consiste nel fatto che alle spalle di Alitalia c’è il vuoto, ovvero non c’è nessun altra compagnia da dargli in pasto e da far sparire spacciando l’operazione come sinergia.

Tratto da

www.aviation-industry-news.com