di Antonio Bordoni.

 

Ricordate i grandi proclami del tipo Un paese come l’Italia non può fare a meno di una compagnia aerea nazionale?

Tali esclamazioni d’effetto venivano esternate allorché qualche vettore straniero  si voleva mettere insieme alla nostra compagnia e noi sdegnosamente rifiutavamo in quanto  ritenevamo che una compagnia come Alitalia avrebbe meritato di meglio prima di essere venduta allo straniero.

Addirittura ricordiamo un ministro, del quale evitiamo di fare il nome, il quale pronunciò questa celeberrima frase: “sull’alleanza che io sappia non ci sono passi avanti; piuttosto mi preoccupano le dichiarazioni di Spinetta. Non si capisce perché dovremmo darli un’Alitalia risanata. Semmai, una volta completato il discorso decideremo noi con chi fare l’accordo.

Già. Per quale motivo Alitalia avrebbe dovuto essere risanata?  Forse perché una compagnia moribonda non la vuole nessuno,  forse perché aumenterebbe di valore e il deal sarebbe più invitante per il compratore. Forse perché se fosse risanata gli acquirenti sarebbero più di uno, le offerte si alzerebbero e chi la vende potrebbe guadagnare di più. Sinceramente  ci sembrano motivi del tutto logici e di non difficile comprensione.

Questi e tanti altri annunci fatti durante gli interminabili anni di crisi ci avevano  fatto credere che i nostri governanti mai e poi mai ci avrebbero fatto rimanere senza una compagnia di bandiera tricolore.

Ma ora, diciamo la verità, leggendo le notizie di questi giorni le quali indicano che pur di trovare l’acquirente vogliono far diventare Alitalia un nano dei cieli ricorrendo ad una ulteriore crisi dimagrante, non trovate che siamo stati turlupinati e che comunque questa marea di dichiarazioni e di vendite all’asta altro non hanno fatto, alla pari di quanto avviene quando si finisce nelle sabbie mobili, che portare Alitalia sempre più in basso ?

I politici che nell’anno 2000 hanno fatto fallire l’accordo con KLM, i politici che qualche anno dopo hanno fatto ri-fallire gli accordi con Air France, provano un poco di vergogna e di imbarazzo nel constatare i danni che hanno provocato? Ecco alcuni titoli che potete trovare sui giornali di questi giorni:

“Drastica cura dimagrante: flotta con 5 aerei in meno e aumento degli esuberi” (IlSole24Ore);

“In arrivo il bando per la cessione, che non esclude un futuro spezzatino” (MF, Milano Finanza)

E’ questa la ovvia conseguenza di un risanamento sempre annunciato e mai concretizzatosi, a fronte del quale anziché prendere atto che Alitalia da sola, senza soldi pubblici, non era in grado di sostenersi ci si è intestarditi nel continuare a farla volare malgrado qualcuno aveva avvertito (anno 2006) che Alitalia, più vola più perde, altra celebre frase pronunciata  dall’allora presidente dell’Enac Vito Riggio.

Ebbene ora siamo giunti all’ennesima cura dimagrante la quale avviene, sarà il caso rammentarlo, dopo che in Alitalia è stata fatta confluire anche AirOne, altra grande geniale trovata dei nostri strateghi.  Ebbene, per quale motivo è necessario operare ulteriori tagli è presto detto. Se non si fanno Lufthansa non la prende, e se non la prende Lufthansa, come dimostrato da tutte le aste andate a vuoto, non se la prende nessuno.

Vi è anche una novità dell’ultim’ora. Dopo pochi giorni che Alitalia aveva comunicato che nel 2019 sui voli di lungo raggio sono stati trasportati 2.849.025 passeggeri, con un incremento del 4,7% sul 2018 e del 12,1% rispetto al 2017, viene annunciato che le perdite sul lungo raggio ammonterebbero a circa un terzo del rosso complessivo  stimato nel 2019 in circa 600 milioni di euro, per cui si provvederà a cancellare le rotte (a lungo raggio) per Santiago del Cile e per Seoul.

Ovviamente ben venga il taglio di rotte improduttive,  ma nell’altalenarsi di queste notizie ove il lunedì si trasuda gaudio per l’aumento dei passeggeri long haul e il martedì si annuncia che due destinazioni long haul verranno chiuse, un particolare appare chiaro e cioè che Alitalia, fra un fallimento d’asta e un’altra, fra commissari e super commissari, continua a navigare a vista senza un piano industriale di riferimento.

Ma forse la constatazione più sconfortante e preoccupante di cui dobbiamo prendere atto è che una Alitalia italiana, ovvero controllata da imprenditori nazionali, ce la possiamo scordare e che l’unica soluzione attuabile rimane quella di cedere la compagnia in mani straniere.

E’ vero, lo hanno fatto gli svizzeri, lo hanno fatto i belgi, lo hanno fatto gli austriaci, ma loro hanno preso la decisione in poco tempo e senza far pagare un euro ai loro cittadini.

 

Tratto da www.aviation-industry-news.com