di Liliana Comandè.

Abbiamo lasciato che ci sfuggisse di mano…e sembriamo tutti “dilettanti allo sbaraglio”.

 

Riprendo questo mio vecchissimo articolo di fondo perché, anche se sono passati  quasi 19 anni, la situazione che si è venuta a creare con il coronavirus è forse più grave di quella post 11 settembre 2001.

Anche per questa situazione abbiamo lasciato che ci sfuggisse di mano. Siamo dei masochisti e “cialtroni”. Ci facciamo del male da soli, e lo facciamo agli altri, pubblicando per giorni e giorni articoli “terroristici”  e trasmissioni che, anziché dare le giuste informazioni,  creano panico della popolazione che si lascia impaurire e “manipolare” facilmente. E allora ecco che, come se stessimo aspettando di entrare in guerra, saccheggiamo i supermercati!

Io dico che siamo stati molto leggeri negli ospedali. Sì, leggeri perché quando è stato ricoverato il primo ammalato di coronavirus, non gli sono state fatte le dovute analisi (parlo del malato del nord Italia. A Roma, per fortuna, i due cinesi e l’unico italiano contagiato erano stati messi subito sotto osservazione. Il malato del nord è stato dimesso e quando è rientrato in ospedale ha avuto modo di infettare chiunque l’avesse frequentato, medici compresi,  che a loro volta hanno infettato i degenti.

Una cascata a grappolo, praticamente, che avrebbe potuto essere evitata se fossero stati fatti i controlli dovuti.

Io non credo affatto che negli altri paesi europei la situazione sia così sotto controllo e che ci siano stati pochissimi casi di contagio. Sicuramente c’è una stampa più responsabile che non si avventa sulle notizie come fanno da noi e non ci “vivono” per settimane senza pensare alle tragiche conseguenze che un accanimento mediatico può comportare.

Ma davvero è pensabile che nessun francese o spagnolo sia rientrato dalla Cina senza avere il coronavirus?

Per me non è possibile una cosa del genere. Però, una cosa è certa: la nostra borsa è crollata e le loro no. Loro continuano a girare il mondo senza essere bloccati perché considerati infetti mentre gli italiani, al pari degli untori, vengono bloccati in alcuni paesi esteri. In più, altri paesi europei e non hanno vietato i viaggi nel nostro paese.

Il fatto è che a forza di comunicare ogni giorno il “bollettino di guerra” con il numero di morti (7 ma quanti ne muoiono di polmonite quando i  malati sono anziani e con altre patologie?) e degli infetti (ad oggi 230 su oltre 60 milioni di italiani!), la gente ha pensato che sarebbe stato meglio fare aggiotaggio nei supermercati di prodotti alimentari, di prodotti disinfettanti (procurandone un aumento di prezzo criminale), poi cancellare viaggi e non muoversi più.

Una vera e propria follia che soltanto in Italia poteva esprimersi in questo modo.

Chi ha pensato che trattare questa malattia come la peste bubbonica avrebbe provocato queste reazioni a catena che stanno mettendo in ginocchio il settore turistico??

Di sicuro non la nostra stampa né il nostro Governo…ed ora ci troviamo a dover “sopportare” il presidente del Codacons che ci ha messo il suo solito carico da 40. E di pochi giorni fa il suo comunicato nel quale avverte tutte le persone che devono partire, ma vogliono cancellare, che devono riavere indietro tutti i soldi versati per un viaggio prenotato e confermato.

Un ulteriore danno alla categoria pur di fare cassa con le quote associative alla sua Associazione.

E in questo caso, chi ci difende? E’ di ieri sera il comunicato di alcune categorie di settore che hanno chiesto lo STATO DI CRISI al Governo.

Sarò pessimista e vorrei tanto sbagliarmi, ma credo che se non ci muoveremo tutti assieme, finiremo male un po’ tutti quanti.

Ho riletto il mio vecchissimo post e mi rendo conto che, nonostante siano trascorsi 19 anni, nulla è cambiato nel nostro campo.

 

 

Fondo Liliana novembre 2001

Basta con il  bla bla bla…

Si dice che talvolta le parole sono come pietre. E di pietre in faccia, da oltre un mese, agli italiani ne sono state scagliate in abbondanza. L’espressione è metaforica, s’intende, ma come chiamare altrimenti quei fiumi di parole “terroristiche” (supportate da immagini tremende) che ci sono state riversate ogni giorno dalle nostre televisioni e dai giornali dall’11 settembre scorso ad oggi?

 

Gli attentati in America, la successiva guerra in Afghanistan e il pericolo del bio-terrorismo ci vengono continuamente mostrati dalle televisioni di Stato e da quelle private in maniera veramente ossessiva. Corrispondenti su corrispondenti (ma quanti sono?) ci aggiornano costantemente su ciò che accade lontano dal nostro Paese copiandosi anche i servizi (vedi quello riguardante ciò che vedono le donne attraverso il burqa).

 

L’11 ottobre, per fare un esempio, un giornalista di uno dei tanti telegiornali-fotocopia, in apertura del servizio dedicato alla commemorazione del tragico attentato alle Twin Towers, aveva così commentato la cerimonia: ”Per non dimenticare l’accaduto”. A prescindere dal fatto che ciò che è successo è talmente grave e atroce da non poter essere mai più rimosso dalla nostra memoria, ma come sarebbe stato possibile, comunque, anche per un solo momento, non pensare ai tragici eventi se quotidianamente i mass media in generale non hanno fatto altro che parlare degli attentati e della paura che potessero essere ripetuti non solo in America ma anche nei Paesi alleati degli Stati Uniti.

 

Anche i quotidiani, tra l’altro, non hanno avuto la mano molto leggera. Abbandonato il problema “mucca pazza”, ecco che 8 o 10 pagine sono sempre state dedicate agli argomenti “d’ascolto o di lettura” che dir si voglia. Non solo i giornalisti hanno calcato la mano, ma per oltre un mese, anche una conduttrice di una trasmissione leggera come “Il Cammello di RadioDue”, fra le 6 e le 7 del mattino ha sempre fatto cenno agli attentati, anche solo per trasmettere canzoni interpretate dai cantanti americani che avevano partecipato alla grande manifestazione per la raccolta di fondi da destinare ai familiari delle vittime.

 

Chiaramente le immagini trasmesse e ritrasmesse delle Twin Towers hanno quasi fatto passare per vittime di serie B i morti del Pentagono. Certo, qui non c’erano immagini in diretta da mostrare e, per quanto se ne dica, ormai si è un po’ tutti masochisti e più venivano mostrate le immagini e più si rimaneva incollati davanti allo schermo. Alla fine, il bombardamento televisivo e cartaceo ha sortito un effetto negativo al massimo: ci si è fatti prendere tutti dal panico dell’aereo e, quindi, del viaggiare con tale mezzo. Il terrore per il volo, peraltro comprensibile nei giorni immediatamente successivi all’11 settembre, anziché diminuire è andato aumentando fra la gente normale (ma anche fra gli addetti ai lavori, e non sono stati pochi) sempre più bombardata dagli eccessivi servizi giornalistici spesso “oltre le righe”. Aeroporti e agenzie vuote, alberghi con molte disdette.

 

Duole dirlo, ma nel nostro Paese non si fa sempre informazione, anzi, spesso è il contrario e qualche volta i giornalisti dovrebbero pronunciare qualche parola in meno piuttosto che dirne troppe e “pesanti”. Non sempre si parla pensando agli effetti dannosi che le parole producono. Non ci sembra di dire eresie se affermiamo che nella grave crisi che ha colpito il settore turistico una buona parte di responsabilità l’hanno avuta senz’altro i media. “Il troppo stroppia”, come si suol dire da sempre, e le esagerazioni hanno creato un senso di angoscia o di semplice paura anche in chi non aveva mai provato simili sentimenti. Il crollo dei viaggi ha messo in ginocchio il settore turistico costituito non solo dalle compagnie aeree (così come credono i media) ma, soprattutto, dai tour operator e dalle agenzie di viaggio outgoing.

 

Mentre i giornalisti parlavano del calo degli acquisti di automobili (e la Fiat chiedeva la cassa integrazione!), dei beni di consumo quali abbigliamento, eccetera), della gravissima crisi – mai riscontrata in precedenza – che investiva il vasto mondo del turismo se ne parlava pochissimo. Eppure, se facciamo un rapido calcolo delle agenzie e tour operator coinvolti più il personale che vi lavora, si arriva allo stesso numero di occupati nel settore metalmeccanico. Però chi rappresenta il loro campo si fa sentire, eccome, mentre chi rappresenta coloro che lavorano nel turismo, ancora una volta, ha dimostrato di non aver alcun peso nei confronti dei media, né in quello del Governo.

 

E come definire, poi, se non un comportamento superficiale e poco maturo l’invio di comunicati alle agenzie di viaggio (da parte delle varie associazioni di categoria) nei quali ci si mostrava soddisfatti degli incontri avuti con il Ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano, per poi smentirsi il giorno dopo per l’atteggiamento “tiepido” del Governo nei confronti degli interventi richiesti a sostegno del settore. Il rischio di licenziamenti del personale e, cosa non remota, di chiusura di attività è reale. Nessuno sta bluffando quando afferma che il lavoro è sceso del 90/95%. Chi dichiara che la diminuzione si aggira intorno al 40% fa riferimento a quei T.O. e agenzie che si occupano di incoming. E gli stranieri, per loro fortuna, si sono spaventati molto meno degli italiani ed hanno continuato a viaggiare facendo registrare flessioni accettabili.

 

Ma torniamo al discorso dell’interesse del Governo sui problemi del turismo. Credo sia inequivocabile che il turismo agenziale conti veramente poco per il potere politico e per i media. Oserei dire che “vale come il 2 di coppe quando regna bastoni”, ossia proprio niente. È stata indetta per la prima volta una manifestazione nazionale a sostegno delle richieste formulate al Governo: meglio tardi che mai!

E ben vengano, allora, i cortei se servono a smuovere l’opinione pubblica e a far parlare i media, una volta tanto, dei gravi problemi legati al mondo turistico, il più duramente colpito dagli accadimenti di settembre.

Il turismo e i suoi lavoratori, questi grandi sconosciuti, oserei dire, in quanto si sono sempre mossi in punta di piedi e non hanno mai provocato rumore.

Chiaramente esistono delle responsabilità per questa situazione di scarsa visibilità e non si può sempre dare la croce addosso agli altri.

Questo settore è composto, purtroppo, da persone che – l’ho già detto fino alla nausea – per la maggior parte dei casi si preoccupano soltanto della loro sopravvivenza, infischiandosene di quella degli altri (mors tua vita mea). È un settore dove regnano troppi individualismi che non fanno comprendere che se oggi chiude un’agenzia, domani potrebbe capitare a qualcun’altra che non è sempre “un’altra”. È sbagliato pensare che i problemi siano solo individuali, spesso, come in questo caso, sono collettivi e se non si è uniti è facile che si crei l’effetto “Domino”.

 

Alla luce di quanto accaduto dopo l’11 settembre, oggi è più che mai necessario che si cambi mentalità e che il settore abbia una svolta qualitativa. Basta con le chiacchiere sterili che non servono a niente e a nessuno.  Quando si rischiano i posti di lavoro o la chiusura delle aziende non ci deve essere alcuna distinzione per il Governo fra chi appartiene ad un settore piuttosto che ad un altro. Se c’è bisogno di fare la voce grossa bisogna alzarne il volume. Basta delegare sempre gli altri a risolvere i problemi che poi appartengono a tutti.

A meno che, come al solito, c’è sempre chi è bravo a dire “armiamoci e partite” oppure bla, bla, bla…

 

Liliana Comandè