LA CHIUSURA DELLE DESTINAZIONI ESTERE E L’ALLARME GENERATO PER CORONAVIRUS STA PRODUCENDO UN ENORME IMPATTO ECONOMICO, PARI A DIVERSE DECINE DI MILIONI DI EURO, SUL COMPARTO DEL TURISMO ORGANIZZATO. I TOUR OPERATOR CHIEDONO DI CONSIDERARE LE SPESE DI RIMPATRIO NELLE MISURE STRAORDINARIE ASSUNTE DAL GOVERNO.
I Tour Operator italiani, già gravati dagli ingenti danni economici generati dell’emergenza Coronavirus, non possono farsi carico anche dei costi di rimpatrio dei clienti nelle destinazioni dove sono state applicate misure restrittive e di respingimento nei confronti degli italiani.
Praticamente quasi tutte le principali destinazioni turistiche per il mercato italiano dell’outgoing hanno adottato misure restrittive respingendo all’ingresso i cittadini italiani, a volte in modo schizofrenico e senza che fosse attivata da parte del nostro Governo una rete diplomatica di coordinamento, di puntuale informazione verso gli stessi Paesi e di gestione delle conseguenze causate a turisti e a operatori italiani.
In questi giorni i Tour Operator ASTOI Confindustria Viaggi, l’associazione che riunisce il 90% del mercato del tour operating italiano, stanno inviando ed invieranno nelle destinazioni chiuse (ad esempio Mauritius, Israele, Giamaica, Repubblica Dominicana, Capo Verde, Oman) aeromobili vuoti per riportare in Italia i propri connazionali. Si tratta di migliaia di passeggeri. E’ già successo in Repubblica Dominicana, dove lo scorso fine settimana, i Tour Operator ASTOI hanno fatto partire dall’Italia aerei intercontinentali vuoti per riportare indietro migliaia di turisti italiani; lo stesso accadrà la prossima settimana per altre mete che stanno impedendo l’ingresso agli italiani.
Si tratta di operazioni dai costi molto elevati; ASTOI Confindustria Viaggi, chiede che tali costi vengano considerati nelle misure economiche straordinarie ed urgenti che il Governo sta adottando in questi giorni.
Solo a titolo di esempio, nel 2013 la crisi egiziana generò, per i Tour Operator ASTOI perdite pari a circa 20 milioni di euro, fra costi legati all’invio di aerei per rimpatriare gli italiani e gestione dell’emergenza.
Oggi, a fronte della chiusura di quasi tutte le principali destinazioni turistiche, i Tour Operator non sono in grado di proporre destinazioni alternative al fine di garantire la continuità aziendale, poiché di fatto nessuna meta è più fruibile, e si trovano a sopportare anche costi emergenziali che non dovrebbero ricadere sulle spalle di aziende private.
Tutti i professionisti del settore si stanno prodigando per risolvere gli enormi problemi in essere. Le aziende, oggi assorbite dalle questioni operative, hanno il timore di trovarsi nuovamente sole, come in passato, a fare il conto dei danni che l’emergenza ha generato; costi che saranno certamente pari a diverse decine di milioni di euro e che questa vota il sistema non sarà in grado di sostenere, se non verrà supportato da interventi strutturali.
Il rischio è quindi il collasso delle aziende del comparto del turismo organizzato che conta oltre 12.000 imprese e dà occupazione a oltre 50.000 addetti.
La crisi che l’emergenza coronavirus ha generato al sistema turistico italiano necessita di un vero e proprio piano Marshall.
ASTOI auspica quindi che il Governo raccolga tempestivamente questo appello adottando misure straordinarie e puntuali e che si riesca a bloccare il “virus” della comunicazione confusa e allarmistica, in modo che il nostro Paese possa essere riabilitato agli occhi del mondo intero.