di Antonio Bordoni.
Alitalia in quanto si trova a lavorare più vicina al Paradiso, deve avere qualche santo che l’assiste. A maggio di quest’anno nel bel mezzo della crisi epidemiologica il governo italiano è riuscito a stanziare tre miliardi di euro per la nuova Alitalia (newco) nazionalizzata, ovvero interamente controllata dal Tesoro o da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta.
Il decreto rilancio prevede un intervento dello Stato di tale portata per costituire e capitalizzare una nuova compagnia aerea che potrà così acquistare e prendere in affitto le attività della “vecchia” Alitalia.
In pratica per l’ennesimo salvataggio di questa compagnia si è stanziata una somma pari a quella che il decreto ha assegnato agli ospedali, che è di 3 miliardi e 250 milioni, o il doppio dei soldi destinati alla scuola.
La newco, si legge nel testo, potrà «acquistare e prendere in affitto rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo, anche in amministrazione straordinaria», e dovrà redigere quanto prima “un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta, che include strategie strutturali di prodotto”.
Uno stanziamento davvero incredibile almeno sotto due punti di vista: in primo luogo tenuto conto della crisi economica che sta attraversando il paese con il PIL in picchiata, fatto questo che dovrebbe far propendere il governo verso spese realmente prioritarie; in secondo luogo per la scommessa su un settore – quello dell’aviazione civile – il quale può tranquillamente procedere, almeno in tempi normali e dal punto di vista della mobilità, anche senza la presenza di un vettore con la bandiera italiana impressa sulla carlinga.
L’importo stanziato corrisponde in pratica all’intero fatturato 2019 di Alitalia. Un investimento che solleva non poche perplessità, se si pensa che il gruppo Air France-Klm, che ha una flotta di 554 aerei e dipendenti per 83.000 unità, dispone di un patrimonio netto consolidato (total equity) di 2,3 miliardi di euro.
Ricordiamo che attualmente l’Alitalia dispone di una flotta di 112 aerei e 11.132 dipendenti.
Questi appunti letti oggi in piena emergenza Covid potrebbero sembrare esagerati: dopotutto ovunque le principali compagnie aeree attraversano gravissime crisi e non sono mancate operazioni di salvataggio da parte dei rispettivi governi.
Se per Alitalia in crisi Covid sono stati stanziati 3 miliardi, Lufthansa ne ha chiesti nove, mentre Air France ha già incassato aiuti per 7 miliardi, e Klm ne ha presi 4. Il momento quindi sembrerebbe favorevole agli aiuti di stato e alle nazionalizzazioni.
Tuttavia non si può fingere di ignorare che per Alitalia gli aiuti, alla pari degli esami di Eduardo De Filippo, non finiscono mai.
Dal 1974 al 2014 : 7,4 miliardi (studio Mediobanca)
2014: 75 milioni ( operazione Poste per investimento in Etihad)
2017: 900 milioni (prestito “Gentiloni”)
Dicembre 2019: 400 milioni (nuovo prestito fatto da M5S e Pd)
2020: 3 miliardi+ 350 milioni (decreto rilancio)
Totale 12 miliardi 125 milioni + un centinaio di altri milioni per gli oneri CIGS nei tre anni di commissariamento.
Inserire queste ininterrotte iniezioni di capitale nell’ampio contesto storico in cui esse sono avvenute e volendo commentare l’ultima fantasmagorica cifra di tre miliardi, non possiamo non giungere a porre la domanda fondamentale: tre miliardi ad Alitalia per fare cosa?
Come si può accettare un simile stanziamento in completa assenza di un piano industriale che illustri gli obiettivi del rilancio?
Ma soprattutto come si può puntare su una compagnia che malgrado i ripetuti interventi strutturali non è stata mai in grado di riprendersi e produrre un sia pur modesto utile?
Estendendo lo sguardo all’intero comparto dell’aviazione civile è ovvio che la ripresa ci sarà e che le compagnie aeree riprenderanno a volare quanto prima e più di prima, l’annuncio dell’imminente immissione sul mercato dei vaccini ne è la prova più evidente.
Ma la nuova Alitalia con 110 aerei e 11mila dipendenti dove andrà?
Alitalia non è entrata in crisi (come le altre compagnie) a causa del Covid.
Alitalia era già in crisi, non fingiamo di dimenticarlo, da decenni prima del Covid.
Nel 2019 le perdite si sono aggirate sui 600 milioni, che significa 100 milioni in più del 2018.
La recente storia di Alitalia è tutta in rosso shocking: dopo alcuni risultati negativi nel triennio 1974-1977, la redditività della compagnia è rimasta positiva e stabile per quasi tutti gli anni ‘80 anche se dietro questi risultati positivi non sono mai cessati gli interventi dello Stato.
Dal 1988 i risultati hanno cominciato a deteriorarsi, prima nel 1989, poi nel 1993-1994, arrivando al primo vero crollo nel 1996.
Da quel momento, salvo alcuni esercizi anni 1997-1999 e nel 2002 in cui i risultati positivi sono comunque stati accompagnati da importanti interventi statali, la redditività della compagnia è sempre stata negativa.
Passando a parlare di un vettore che invece il coraggio di chiudere i battenti lo ha avuto, nell’ultimo anno delle sue operazioni, il 2000, la Swissair chiuse con una perdita di circa 100 milioni di euro (1).
Nei tre anni precedenti il 1999,1998,1997 aveva chiuso in nero.
Malgrado questi risultati non certo drammatici, almeno se li compariamo con le perdite Alitalia, il 2 ottobre 2001 l’intera flotta venne messa a terra; la compagnia era stata dichiarata fallita.
Il contribuente elvetico non è stato chiamato a esborsare alcuna cifra di sostentamento ed oggi la Svizzera dispone di una compagnia di tutto rispetto che nel 2019 ha prodotto un revenue di 5.144.000.000 di euro e ha trasportato 21.591.000 passeggeri.
La compagnia serve 162 destinazioni in 58 paesi con una flotta di 107 aeromobili che partono dagli scali di Zurigo e Ginevra i quali, sarà bene ricordare questo particolare agli italiani con la memoria corta, non si sono messi a litigare fra loro così come avvenne da noi in anni non troppo lontani (2) fra milanesi e romani.
Ed oggi (anno 2019) i conti mostrano una situazione di assoluta normalità:
Operating Income (euro): 5.356.000.000
Operating expenses (euro): 4.798.000.000
Quindi annotando le esperienze storiche abbiamo un’Alitalia che continua a non decollare malgrado i sussidi che le vengono generosamente offerti, mentre una compagnia nostra vicina di casa la quale un bel giorno ha chiuso i battenti si è ripresa alla grande senza pesare sui conti della collettività.
Chi chiude gli occhi e non sa trarre insegnamenti dalla storia non si può definire un buon governante.
Non possiamo tuttavia nascondere un risvolto negativo di cui abbiamo già parlato nelle nostre precedenti newsletter ed è il particolare, non certo di poco conto, che la compagnia svizzera insieme a quella austriaca (ex Austrian Airlines) e insieme a quella Belga (ex Sabena) fanno tutte parte del Gruppo Lufthansa il quale quindi ad oggi si trova a controllare gli ex vettori di bandiera di Svizzera, Belgio e Austria e relativi mercati.
Inutile nascondere che Alitalia, la nuova Alitalia, potrebbe essere la quarta ex compagnia di bandiera a entrare nella galassia tedesca.
Un’ultima precisazione va evidenziata: le cifre da noi riportate circa i risultati della Swiss sono stati ottenuti con una forza lavoro di 10.531 unità. Essendo il numero aeromobili equivalente a quello di Alitalia, abbiamo la dimostrazione che lo staff di cui dispone Alitalia non sarebbe affatto eccessivo se lo stesso fosse guidato da un management capace però di far fruttare ore di volo, destinazioni e frequenze.
- La compagnia venne dichiarata fallita nell’ottobre 2001 tuttavia fu mantenuta operativa fino al 31 marzo 2002 quando le operazioni passarono alla compagnia regionale Crossair, ribattezzata per l’occasione Swiss International Airline. Questi i risultati degli ultimi 5 anni di attività espressi in dollari Usa: 2000: -111.213.000 ; 1999: 181.600.000 ; 1998: 247.600.00 ; 1997: 222.300.000 ; 1996: -347.600.000 ; vogliamo anche evidenziare che nell’esercizio finanziario dell’anno 2000 i conti Alitalia erano in rosso per una cifra che era oltre il doppio della perdita Swissair, circa 281 milioni di euro.
- La querelle fra Malpensa e Fiumicino su chi avrebbe dovuto ospitare le linee intercontinentali di Alitalia esplose nell’anno 2007 e si protrasse per tutto l’anno 2008.
tratto da: