Domenica 4 settembre si corre il Palio di Asti e la città torna indietro nel tempo di quasi 750 anni, fino al 1275, anno in cui si corse il primo Palio vicino alle mura della allora nemica città di Alba.
Oggi il Palio si tiene nella centralissima Piazza Alfieri, dove 21 cavalli si sfidano in una corsa “a pelo” (senza sella) in rappresentanza di altrettanti Borghi, Rioni e Comuni.
Una delle feste popolari più suggestive del territorio nazionale che ogni anno unisce la città e i borghi circostanti e raccoglie migliaia di turisti, appassionati e curiosi che arrivano ad Asti per vivere un weekend di storia e tradizione.
La giornata del Palio – tradizionalmente la prima domenica di settembre – è solo il culmine di un fine settimana di festa, colori, cultura e gastronomia.
Si inizia il giovedì 1 settembre con la presentazione pubblica dal balcone di Palazzo Civico dei 21 fantini che gareggeranno e con l’estrazione a sorte delle batterie.
Da giovedì a sabato, in Piazza San Secondo, si tiene il tradizionale mercatino del Palio in cui ogni comitato offre curiosi e originali oggetti rigorosamente confezionati con i colori di ogni Borgo, Rione e Comune partecipante: manufatti artigianali realizzati appositamente per l’occasione, cimeli storici e molto altro.
Il venerdì e sabato sera Asti è animata dalle famose cene propiziatrici: lunghissime tavolate collocate nelle vie e nelle piazze della città e dei dintorni, pronte ad accogliere centinaia tra astigiani, turisti, curiosi e amanti della buona cucina, con musica, piatti della tradizione piemontese e menù che ripropongono ricette e sapori medievali.
Il sabato è in programma il corteo dei bambini: 1000 piccoli figuranti, dai 5 ai 15 anni, in costume medievale che da Piazza Cairoli giungono in Piazza Alfieri per assistere alle prove in pista dei cavalli e fantini dei rispettivi Borghi, Rioni e Comuni
La domenica del Palio, il 4 settembre, inizia con la cerimonia della benedizione del cavallo e del fantino nelle chiese cittadine.
La mattinata termina con l’esibizione, in Piazza San Secondo, degli sbandieratori dell’A.S.T.A: il biglietto da visita del Palio di Asti in Italia e nel mondo. Il Gruppo, composto da circa 80 atleti tra tamburini e sbandieratori, offre una spettacolare varietà di esibizioni. I costumi sono fedeli riproduzioni medievali e le bandiere presentano i colori dei Borghi, Rioni e Comuni che corrono il Palio.
Alle 14 è in programma l’affascinante sfilata storica del Palio, la più grande d’Italia, con 1200 figuranti. Un imponente corteo che rievoca la storia medievale della città tra il XII e XV secolo.
I costumi, fedeli riproduzioni d’epoca, sono realizzati dalle sartorie teatrali e si ispirano a dipinti e affreschi di età medievale. La sfilata è il frutto di un lavoro minuzioso e certosino per trovare tessuti, fogge e accessori, acconciature e attrezzature storicamente coerenti.
Alle 16, in Piazza Alfieri, il Mossiere dà il via al Palio.
3 batterie da 7 cavalli e una finale composta da 9 cavalli che si correrà verso le 18. I fantini si sfideranno per aggiudicarsi la gloria e l’ambito “Drappo”.
Opera quest’anno del pittore astigiano Silvio Volpato, il grande drappo di velluto decorato con le insegne di Asti è il sogno cui aspirano i ventuno contendenti del Palio.
Un simbolo di appartenenza alla città dal valore inestimabile che lega presente, passato e futuro e che si aggiunge alla collezione di antichi Drappi custoditi al Museo del Palio di Palazzo Mazzola.
Il Palio di Asti è un evento atteso e sentito ora come nel XIII secolo, che negli anni evolve pur rimanendo sempre sé stesso, nella più profonda cura, rispetto e sicurezza dei suoi protagonisti: i cavalli, i fantini e gli spettatori.
Una tradizione lunga secoli che nonostante il passare del tempo conserva intatta la magia della storia e tramanda un senso di comunità unico, capace affascinare e tenere unita una città.
Per maggiori info consultare il sito https://visit.asti.it/
Biglietti in vendita da martedì 2 agosto 2022. Per la biglietteria – Telefono 0141 399.057 / 0141 399.040 | Fax 0141 399.250 [email protected]
I PROTAGONISTI DEL PALIO
1 mossiere, 7 comuni, 6 rioni, 8 borghi.
21 fantini in sella ad altrettanti cavalli si sfidano per aggiudicarsi l’ambitissimo drappo del Palio.
La corsa è regolata dal Mossiere che, da un podio, chiama i partecipanti alla batteria e quando giudica regolamentare l’allineamento, fa cadere il “canapo”, una grossa corda lunga circa 15 metri e pesante quasi un quintale.
I cavalli si sfidano in tre giri di corsa su una pista formata da circa settecento metri cubi di sabbie astiane e lunga 450 metri. Vince il cavallo che per primo “taglia il traguardo”.
i 21 partecipanti e i loro colori:
COMUNE DI BALDICHIERI – argento, azzurro e oro
COMUNE DI CASTELL’ALFERO – azzurro, bianco e oro
COMUNE DI SAN DAMIANO – rosso e blu
COMUNE DI MONTECHIARO – bianco e celeste
COMUNE DI CANELLI – bianco e azzurro
COMUNE DI NIZZA MONFERRATO – giallo e rosso
COMUNE DI MONCALVO – bianco e rosso
RIONE SAN SECONDO – bianco e rosso
BORGO SAN MARZANOTTO – oro e blu
BORGO SANTA MARIA NUOVA – rosa e azzurro
RIONE SAN PAOLO – oro e rosso
RIONE SAN SILVESTRO – oro e argento
RIONE SAN MARTINO SAN ROCCO – bianco e verde
BORGO TORRETTA – bianco, rosso e blu
BORGO VIATOSTO – bianco e azzurro
BORGO SAN PIETRO – rosso e verde
BORGO TANARO TRINCERE TORRAZZO – bianco e azzurro
BORGO SAN LAZZARO – giallo e verde
BORGO DON BOSCO – giallo e blu
RIONE SANTA CATERINA – rosso e celeste
RIONE CATTEDRALE – bianco e azzurro
Un po’ di storia del Palio
La vicenda storica di Asti è caratterizzata dalla peculiare vocazione economica della città, legata alla sua centralità sulle vie di comunicazione tra litorale ligure, pianura padana e valichi alpini e alla grande abilità dei suoi uomini d’affari.
Proprio questa storia fatta da uomini, siano essi nobili, banchieri, vescovi, prelati, oppure artigiani e popolani, rivive ogni anno nel Palio di Asti, una tradizione che si rinnova ormai da oltre sette secoli, riportando la città ai suoi fasti medievali.
Alla metà del Duecento, il cronista Ogerio Alfieri si compiace della grandezza di Asti di cui loda sia «i sapienti e nobili cittadini ricchi e potenti» sia «il popolo saggio e buono e pieno di ricchezze», che hanno, nel tempo, accresciuto «i beni e l’onore del Comune». Un’altra cronaca, quella di Guglielmo Ventura (1250 c.a.- 1326 c.a.), riferisce la più antica notizia della corsa del Palio, datandola al 1275, ma ricordando che si tratta di una consuetudine già affermata prima di quell’anno.
Nel Medioevo – così come nei secoli successivi fino al 1861 e di nuovo nel 1929 – il Palio si corre alla lunga, cioè su un percorso pressoché rettilineo.
Con il passaggio della Città ai Savoia (1531), la manifestazione mantiene la sua rilevanza e nel 1545 Emanuele Filiberto impegna la dinastia sabauda a fornire annualmente i due drappi per la corsa, all’epoca effettuata due volte all’anno in concomitanza con le fiere annuali. Durante la dominazione francese, il Palio commemora la vittoriosa battaglia di Marengo, mentre con la Restaurazione viene ripresa l’antica consuetudine.
Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, lo si corre per la prima volta in tondo, cioè a circuito. Due anni più tardi, a seguito del diffondersi del gusto inglese per i concorsi equestri, viene ridotto a gara ippica e fino al 1928 rimane appunto un evento inserito in un cartellone di manifestazioni ippiche.
Solo nel 1929, per volontà del podestà Vincenzo Buronzo, viene riportato allo “stile” originario: si corre nuovamente alla lunga, in salita da corso Alfieri f no all’attuale piazza Vittorio Veneto.
La popolarità del Palio cresce anche a livello nazionale, contribuendo a definire le basi storiche per la rinascita, nel 1935, della Provincia di Asti.
Nuovamente trasformato nel 1936 in concorso ippico, dopo più tentativi di ripresa del Dopoguerra, il Palio viene recuperato nella sua valenza storica nel 1967 grazie all’iniziativa di alcuni intellettuali, guidati dal sindaco Giovanni Giraudi.
Si ponevano così le basi dell’attuale manifestazione di settembre, caratterizzata dalla partecipazione di rioni cittadini e comuni della provincia e dalla presenza di un imponente corteo storico riferito al periodo medievale.
Il Corteo
Sontuoso e unico nel suo genere, il corteo storico, composto da oltre milleduecento figuranti in costume, è un grandioso affresco che illustra fatti e personaggi della città medievale, una storia spesso intrecciata con avvenimenti di respiro europeo a confermare l’importanza di Asti medievale.
É aperto dagli Sbandieratori dell’A.S.T.A., gruppo ufficiale del Palio, che con le bandiere ed il ritmo dei tamburi e delle chiarine annuncia l’inizio della “Festa”. Segue il Capitano con i Magistrati e i suoi cavalieri in rappresentanza dei colori civici, bianco e rosso. Il Capitano è la massima autorità della corsa, garante della regolarità del Palio. Avanzano poi tutti i rioni, borghi e comuni, secondo l’ordine di sfilata. Chiudono il corteo i messi comunali con i premi, il Carroccio e una schiera di armati, in rappresentanza dei ventuno partecipanti. Il carroccio, antico carro da guerra, trainato da tre coppie di candidi buoi, porta le insegne delle libertà comunali e reca in corteo il palio.
Il Regolamento del Palio fissa come epoca di riferimento per la rievocazione storica il periodo compreso tra il XII e il XV secolo, età di maggior splendore della Città.
Ogni Comitato Palio studia a lungo, con l’aiuto di storici ed esperti, il tema della propria sfilata da presentare a settembre. Dalle mani sapienti delle sarte nascono costumi da giureconsulto, da rappresentante dell’alto clero, paludamenti per le dame, le damigelle, i cavalieri, ma anche per i popolani, il basso clero, i nobili e gli armigeri che popolarono un tempo la Città.
Nulla è lasciato al caso: anche gli accessori, come i gioielli, le acconciature, le calzature e le armature sono oggetto di attente ricerche.
Una sfilata curata in ogni dettaglio che fa del Palio di Asti un unicum.
Maestosa ed irripetibile, si rinnova ogni anno con nuovi temi e nuove rappresentazioni.
Un po’ di storia di Asti medievale
La vicenda storica di Asti è caratterizzata dalla peculiare vocazione economica della città, legata alla sua centralità sulle vie di comunicazione tra litorale ligure, pianura padana e valichi alpini e alla grande abilità dei suoi uomini d’affari. Proprio questa storia fatta da uomini, siano essi nobili, banchieri, vescovi, prelati, oppure artigiani e popolani, rivive ogni anno nel Palio di Asti, una tradizione che si rinnova ormai da oltre sette secoli, riportando la città ai suoi fasti medievali.
Già nel 992, un diploma che l’imperatore Ottone III concede al vescovo di Asti Pietro I garantisce ai negociatores della città la facoltà di commerciare “dovunque vogliano”, a dimostrazione della dimensione sovraregionale dei rapporti commerciali degli uomini d’affari astesi e a conferma dell’antica vocazione di Asti. Pochi decenni più tardi, nel 1037, i mercanti astigiani ottengono dall’imperatore Corrado II il libero transito per la Valle di Susa, asse viario fondamentale per i commerci con l’area francese. Questa stessa èlite, nel 1095 esprime, precocemente rispetto al resto d’Italia, la magistratura comunale dei consoli, ai quali il vescovo – che ormai ha perso il suo ruolo di rappresentante della comunità e di intermediario tra i poteri locali e l’autorità imperiale – concede l’investitura di Castello di Annone, località poco distante da Asti.
Nel 1141 il diploma con il quale Corrado III conferisce ad Asti il diritto di battere moneta (tre anni dopo l’analoga concessione a Genova) ribadisce la centralità politico-economica della città e l’efficienza di una struttura amministrativa comunale ormai consolidata.
Nella seconda metà del XII secolo si definisce il controllo del Comune di Asti sia sul territorio extraurbano sia sul Piemonte meridionale. Il districtus (i villaggi prossimi alla città) concesso ad Asti da Federico Barbarossa nel 1159 conferma l’influenza della città sull’area circostante, progressivamente ampliata con una politica di riorganizzazione del contado basata sulla fondazione di nuovi insediamenti, le cosiddette villenove (1198-1202: Cuneo, Mondovì, Costigliole, Isola, Montegrosso, Montechiaro). Il Comune, in fase di ascesa progressiva, resiste alla contrastante politica espansiva dei marchesi di Monferrato, che sconfigge nel 1206.
Nel 1226, secondo la testimonianza del cronista Ogerio Alfieri, ha inizio l’attività creditizia delle famiglie dei “lombardi” astigiani, che operano in patria al governo di uno dei principali comuni dell’area padana ed esercitano, a livello europeo, una funzione di primo piano nel mercato internazionale del credito. In Europa infatti gli astesi si confermano in breve tempo tra gli operatori più numerosi e attivi, fornendo, alle corti di Borgogna e Champagne, il denaro necessario allo stile di vita cavalleresco che vi si conduce. Dalle corti francesi, gli Astigiani importano il modello che celebra il primato sociale del combattente a cavallo, ripreso nella corsa del Palio.
Grazie alle ingenti ricchezze così accumulate, in patria tra il XII e il XIII secolo gli ex-mercanti sostituiscono nel governo del territorio e nella stessa proprietà dei castelli la vecchia aristocrazia fondiaria che, non potendo competere con il dinamismo di questa nuova classe di uomini d’affari, è destinata a soccombere. La cultura cortese e cavalleresca – in cui confluiscono elementi di antico retaggio quali l’addestramento della gioventù all’uso delle armi e una mobilità sociale che rende possibile a tutti i cittadini divenire milites o equites, cioè cavalieri – affascina e seduce la nuova aristocrazia del denaro. Il momento in cui più di altri si coniugano amore per il combattimento, gusto per lo sfarzo, orgoglio aristocratico e senso del dramma è il torneo, il gioco equestre.
Nel quadro che Ogerio Alfieri tratteggia della società astigiana di questo periodo compaiono gli indicatori sociali che rivelano l’adesione allo stile di vita sfarzoso delle corti … «sono ornamento della città di Asti dame bellissime fregiate di monili d’oro e d’argento e di vesti sontuose: le loro collane d’oro e d’argento sono tempestate di perle e pietre preziose». Il cronista si compiace inoltre della grandezza di Asti di cui loda sia «i sapienti e nobili cittadini ricchi e potenti» sia «il popolo saggio e buono e pieno di ricchezze», che hanno, nel tempo, accresciuto «i beni e l’onore del Comune».
La divisione in fazioni e la conseguente situazione di conflittualità, nella seconda metà del Duecento, paiono minare l’autonomia del governo comunale, conducendo alla dedizione negoziata agli Angiò: una scelta lungimirante e mirata che consente alla classe dirigente urbana di mantenere il controllo politico e amministrativo sulla città e sul territorio.
In questi stessi anni, un’altra cronaca, quella di Guglielmo Ventura (1250 c.a.- 1326 c.a.), riferisce la più antica notizia del Palio – corso quell’anno presso le mura di Alba, dopo la vittoria astigiana contro gli Albesi nel corso del conflitto tra Asti e gli Angiò e i rispettivi alleati in ambito regionale – datandola al 1275, ma ricordando che si tratta di una consuetudine già affermata prima di quell’anno.
Guglielmo Ventura, amplificando il catalogo di indicatori sociali di ricchezza, collegandoli a uno stile di vita ormai esplicitamente cortese-cavalleresco, descrive lo stile di vita della famiglia Guttuari della quale esalta il lusso, l’eleganza femminile, la proprietà di case, torri e castelli e il possesso di armi e di cavalli.
Sempre nella seconda metà del XIII secolo si infittisce la relazione tra la città e la devozione per il suo Santo Patrono: già nell’attestazione del 1275, infatti, si legge che la corsa era usualmente effettuata «durante la festa del beato Secondo», riferimento all’assoluta centralità di San Secondo tra le devozioni urbane, e Ogerio Alfieri, prima del Ventura, definisce Secondo «martire, nobile e illustre cittadino di Asti». L’esaltazione del cavaliere si esprime al più alto livello simbolico proprio nell’iconografia cavalleresca del Santo protettore rappresentato come cavaliere o con i simboli dell’investitura cavalleresca: la spada, gli speroni, il cingulum militiae.
Asti in quegli anni risplende.
Tra la seconda metà del Duecento e il 1348 si realizza il riassetto edilizio della città e viene ristrutturata la Cattedrale, simbolo non solo religioso, ma anche del potere economico dell’èlite dominante: nel 1266 viene costruito il campanile; nel 1309 vengono realizzati gli interventi sul presbiterio e nel 1348 si concludono i lavori.
La città è collettrice di enormi ricchezze: i Lombardi astigiani divengono banchieri e monetieri del Pontefice (1342-1362), finanziano la corona inglese (1338-1356) e operano come banchieri dei sovrani aragonesi (1391); Simone di Mirabello, figlio di un banchiere astigiano tesoriere del duca di Brabante, tra il 1340 e il 1346 è reggente di Fiandra.
La sua grande ricchezza catalizza su Asti le mire espansionistiche delle emergenti signorie padane: dopo alcuni decenni di relazioni oscillanti della classe magnatizia urbana con i marchesi Monferrato e i Visconti, nel 1387 la città e il suo territorio vengono ceduti, come dote di Valentina, figlia di Gian Galeazzo Visconti, al suo sposo, Ludovico di Touraine (dal 1391 duca d’Orléans). A questa fase risale l’elaborazione del Codex Astensis, il liber iurium comunale, da intendersi come il “manifesto ideologico” di una solida classe dirigente urbana che rivendica il prestigio del proprio passato e il riconoscimento delle proprie prerogative da parte dei nuovi principi.
Pochi anni dopo, la coesione tra il patriziato locale e i duchi d’Orléans è all’origine di un’iniziativa imprenditoriale destinata a favorire lo sviluppo della città: nel 1397 viene costituita la Società del Moleggio (1397), che mediante lo scavo di un nuovo canale potenzia opifici e mulini. Nel corso della lunga dominazione degli Orléans (1387-1529) membri dell’élite astigiana assumono ruoli nodali nell’amministrazione ducale.
Il Palio rimane un elemento rilevante nella auto ed etero-rappresentazione della città: le consuetudini relative alla corsa compaiono, infatti, nell’investitura ai Visconti effettuata nel 1382 dal Consiglio cittadino e al 1401 risale l’offerta del drappo da parte di Carlo d’Orléans.
Lo specifico culturale degli astigiani negli ultimi secoli del medioevo, tra XII e XV secolo, rimanda a un orizzonte appunto cavalleresco, che fa del Palio non una semplice competizione a cavallo, ma la proiezione dell’immaginario collettivo di una società di grandi capacità economiche e di pari ambizioni politiche.