di Antonio Bordoni.

 

…a non avere una compagnia di bandiera con la C maiuscola. O per meglio precisare, diciamo che l’ha avuta, ma ormai non più.

Il Gruppo dei Sette (G7) è un forum politico intergovernativo composto da Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti; inoltre, l’Unione Europea (UE) ne fa parte quale “membro non enumerato”.

Il Gruppo è nato da una decisione dei ministri delle Finanze nel 1973, divenendo da allora una sede formale e di alto profilo per discutere e coordinare le soluzioni alle principali questioni globali, in particolare nelle aree del commercio, della sicurezza, dell’economia e del cambiamento climatico. con quegli Stati che costituiscono le più grandi economie avanzate e democrazie liberali del mondo.

A partire dal 2020, i membri del G7 rappresentano oltre la metà della ricchezza netta globale (oltre 200 trilioni di dollari), dal 32 al 46% del prodotto interno lordo globale.

 

Superfluo crediamo, elencare le compagnie aeree di Usa, Regno Unito, Giappone, Germania, Canada, Francia, in quanto a tutti note. Di fatto quello che è certo è che all’interno di questo gruppo elitario l’Italia è l’unico paese fra le grandi potenze economiche ed essere riuscita a far fuori una eccellente compagnia aerea di bandiera che la ha rappresentata in tutto il mondo fino agli anni settanta.

 

Sono tanti coloro che ancora non si capacitano su come possa essere accaduto che una compagnia quale l’Alitalia sia scomparsa dalla scena mondiale. Se provate a rivolgere questa domanda la risposta più gettonata che otterrete sarà quella di chi punta il dito verso le compagnie low cost, e una in particolare che risponde al nome di Ryanair.

Ma non siamo d’accordo che sia questo il reale motivo, e a supporto della nostra convinzione ricordiamo il particolare che il fenomeno low cost non ha interessato solo il nostro paese, bensì tutte le nazioni in ogni continente, nessuna esclusa, compresi gli altri sei paesi che compongono il G7.

Altro fatto acclarato è che non è stata mai istituita una commissione di inchiesta che indagasse e spiegasse il perché dei ripetuti fallimenti che sono seguiti all’alternarsi di vari personaggi ai vertici della compagnia.

Va ricordato che ad ogni nuova nomina seguiva l’annuncio di un imminente roseo futuro per la compagnia, promesse però che si sono rivelate tutte infruttuose e fallimentari.

A questo punto buon senso avrebbe voluto che da parte governativa prima di nominare un nuovo esecutivo si fosse fatto un minimo di chiarezza sulle ragioni delle mancate riprese, perché è evidente che solo comprendendo i motivi che stavano alla base dei fallimenti si sarebbe potuto evitare il loro ripetersi. E invece niente di tutto questo è stato fatto.

Si è continuato a istituire nuovi vertici ma mai approfondendo le ragioni per cui il precedente management non era riuscito a far decollare la compagnia. In questo perseverare nell’applicazione di una strategia insensata  appaiono evidenti le responsabilità dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese.

Certo una compagnia aerea se mal condotta non potrà ottenere risultati positivi, ma quali azioni concrete ha adottato la nostra classe politica, responsabile delle nomine, per essere certa che la compagnia veniva data in buone mani a personaggi esperti e conoscitori  del non facile settore dell’aviazione civile?

 

A ben vedere quindi il primo responsabile della debacle avuta dalla nostra ex compagnia di bandiera più che essere il singolo individuo messo al timone, è la classe politica.  E dicendo ciò in effetti non scopriamo nulla di nuovo perché in molti nel corso degli anni avevano avvertito che le ali degli aerei Alitalia erano troppo appesantite dalla zavorra politica. Appelli mai presi in considerazione da una classe politica completamente sorda.

 

Ed ora dopo aver fatto fuori Alitalia ecco il Paese alle prese con una “mini-compagnia” ben distante  dai numeri dell’Alitalia golden age. Oggi abbiamo, fortemente voluta dalla nostra classe politica, Ita Airways la quale è una compagnia pubblica e tale aggettivo dopo ciò che abbiamo sopra scritto è già un pesante peccato originale. Prova ne sia che subito all’indomani dell’insediamento del nuovo governo Meloni quest’ultimo si è sentito in dovere di intervenire sul dossier.

Essendo la compagnia pubblica, l’intervento è del tutto legittimo ma c’è da chiedersi se con i non pochi gravi problemi che pesano sugli italiani quali bollette luce e gas in aumento, guerra alle porte di casa, inflazione in crescita, disoccupazione, immigrazione… il dossier di Ita Airways rappresentasse davvero una questione di priorità nazionale.

Come è noto  una delle primissime decisioni del governo Meloni è stata quella di togliere  l’esclusiva alla cordata Air France-KLM/Delta  per riaprire i giochi con la seconda cordata  che tutti credevano fosse ormai messa all’angolo e dimenticata, quella di Lufthansa/Aponte.

Che il neo vettore italiano fosse stato “confezionato” per venir messo in vendita ad una compagnia  della UE non vi è dubbio alcuno. Dicendo ciò ricordiamo come ad un eventuale acquirente extracomunitario non sarebbe  permesso andare oltre il 49 per cento di controllo azionario.

Ma la questione è un’altra. Al posto di una controllata da un soggetto straniero, meglio non sarebbe stato attendere che qualche privato investitore o una cordata di privati investitori si fosse fatta avanti?  Se i governi che si sono succeduti fino ad oggi sono i responsabili dello sfascio di Alitalia, quali garanzie può dare una nuova compagnia ancora una volta controllata dal soggetto pubblico italiano? 

Risposta: Zero garanzie. E non è un caso allora che da anni Lufthansa va ripetendo  che la compagnia italiana la interessa (o meglio sarebbe dire il mercato italiano) ma non è interessata ad acquisire un vettore dove il governo ha ancora voce in capitolo.

Avere una compagnia svincolata dal governo condotta da soggetti privati avrebbe l’innegabile vantaggio che i suoi vertici sarebbero scelti non dalla classe politica di turno bensì da chi ha l’interesse primario che la compagnia non sia un gravame per la comunità bensì produca utile.

In Grecia all’indomani della scomparsa della storica compagnia Olympic Airlines ha preso il via nel maggio del 1999 la Aegean Airlines, interamente controllata da investitori privati ellenici la quale dal 2013 al 2019 ha generato oltre 400 milioni di euro di utile. Ecco cosa intendiamo dire quando avvertiamo che la soluzione ideale per lanciare una nuova aerolinea italiana non consisteva di certo nel riproporre una compagnia pubblica.

 

    Tratto da      www.Aviation-Industry-News.com