Le dimore storiche sono al tempo stesso bellezza, identità e impresa
Di Stefano Modena
Le chiamiamo “dimore storiche” e spesso le immaginiamo come luoghi sospesi nel tempo. Sono palazzi nobiliari, ville padronali, castelli medievali. Ma il VI Rapporto dell’Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato, presentato alla Camera dei Deputati, invita a riconsiderare questa immagine statica. Si tratta di 46.000 beni culturali privati che custodiscono arte e memoria e sono sono attori economici, luoghi di coesione sociale e presidi identitari, soprattutto nei piccoli comuni e nelle aree interne. L’Italia, da questo punto di vista, è un unicum europeo con oltre due dimore storiche per ogni comune sotto i 5.000 abitanti. Una densità che non rappresenta solo un primato, ma anche una responsabilità condivisa — e, se ben valorizzata, una straordinaria leva di sviluppo.
UN COMPARTO CHE GENERA VALORE: TURISMO, CULTURA, AGRICOLTURA
I numeri raccolti dal Rapporto mostrano un settore tutt’altro che marginale. Nel 2024, le dimore storiche hanno accolto oltre 35 milioni di visitatori, di cui due milioni nelle aree interne. Un dato che contraddice l’idea che il turismo culturale sia concentrato solo nelle grandi città d’arte.
TURISMO ESPERIENZIALE IN CRESCITA
Il 60% delle dimore svolge attività economiche e tra queste, il turismo è la componente più visibile. Ben 3.700 strutture offrono ospitalità breve, con un incremento del 46% in un solo anno. È una crescita rapida, ma anche coerente con le preferenze dei viaggiatori contemporanei, sempre più interessati a esperienze autentiche e a luoghi capaci di raccontare una storia.
CULTURA E FORMAZIONE
Il 58% delle dimore accoglie studenti, trasformandosi in aule diffuse dove si impara attraverso i luoghi. Per un Paese che spesso fatica a connettere giovani e patrimonio culturale, questo dato non dovrebbe essere sottovalutato.
EVENTI COME MOTORE DI COMUNITÀ
Più di 20.000 dimore hanno organizzato almeno un evento nel 2024. Non si tratta solo di aperture al pubblico, ma di rassegne culturali, attività sociali e iniziative che, nell’80% dei casi, generano un impatto positivo sul territorio coinvolgendo reti con produttori locali, guide, artigiani, realtà outdoor. È il turismo culturale nella sua forma più compiuta, diffuso, sostenibile, partecipato.
LA SFIDA DELLA MANUTENZIONE: UNA RESPONSABILITÀ QUASI INTERAMENTE PRIVATA
Se da un lato le dimore generano valore, dall’altro sostengono costi elevati. L’85% degli interventi di restauro è autofinanziato, con una spesa media superiore ai 50.000 euro annui per proprietà.
La cifra complessiva è imponente: 1,9 miliardi di euro investiti nel 2024 tra interventi ordinari e straordinari — una spinta che vale oltre il 10% della crescita del PIL del 2023. Una dimostrazione di impegno, ma anche un nodo critico. Infatti, quanto virtuoso, un sistema che si sostiene quasi interamente da sé rischia di frenare investimenti futuri. Proposte come un’IVA unificata per i restauri o l’estensione dell’Art Bonus ai privati, citate durante la presentazione del Rapporto, vanno lette come strumenti per trasformare una buona volontà in una strategia strutturale.
OLTRE IL TURISMO: LA FORZA AGRICOLA DELLE DIMORE
Il Rapporto mostra anche un comparto agricolo vitale con il 17% delle dimore impegnato in attività rurali. Il 25% produce vino (36% includendo i viticoltori puri), il 21% coltiva cereali e il 21% olive. In quasi il 40% delle aziende agricole storiche, questa attività genera più del 75% del reddito. Il legame con il turismo è diretto con il 100% delle dimore vitivinicole che offre degustazioni e l’86% che ha visto aumentare le visite. L’export rappresenta fino al 30% della produzione e conferma il ruolo delle dimore non solo come custodi di storia, ma come protagoniste del made in Italy.
LE DIMORE COME PRESIDI IDENTITARI NELLE AREE INTERNE
Un aspetto spesso ignorato è il ruolo sociale di questi beni, posto che quasi il 30% delle dimore storiche si trova in piccoli comuni. Non sono “residui” del passato, ma presidi identitari che tengono insieme comunità fragili, attirando visitatori, sostenendo artigiani, offrendo opportunità educative. In aree che lottano contro spopolamento e perdita di servizi, una dimora attiva può diventare un catalizzatore di iniziative e coesione.
UN POTENZIALE ANCORA INESPRESSO
Il dato forse più interessante emerge in chiusura del Rapporto da cui emerge che oltre 10.000 dimore sono pronte a intraprendere nuove attività economiche, se solo il contesto burocratico e normativo fosse più favorevole. Un segnale di dinamismo, ma anche la prova che la prossima crescita passa inevitabilmente per una strategia condivisa tra pubblico e privato.
Come ha sottolineato l’A.D.S.I., l’Associazione Italiane Dimore Storiche, le dimore storiche sono al tempo stesso bellezza, identità e impresa. Per un Paese che vive di turismo e cultura, investire su di esse doveroso e lungimirante.
UN PATRIMONIO VIVO, NON UN MUSEO STATICO
L’Italia ha sempre fatto della propria storia un punto di forza. Ma questo patrimonio funziona davvero solo quando è vivo, quando ospita eventi, quando accoglie studenti, quando produce vino, quando genera posti di lavoro. Le dimore storiche, oggi più che mai, dimostrano di essere parte attiva di questa vitalità. Sostenere chi le gestisce significa sostenere il Paese — non solo nella sua memoria, ma nella sua capacità di guardare avanti.
