Non solo siamo stati capaci di affossare la compagnia di bandiera, ma contemporaneamente – con il nostro indecisionismo – siamo riusciti a non dotare il nostro paese di  un hub nazionale come tutti gli altri paesi invece hanno saputo fare.
La nuova Malpensa è stata inaugurata nell’anno 1998. Siamo sul chiudersi dell’anno 2006 e tutti i dubbi e gli interrogativi che sorsero al suo nascere circa il ruolo di questo scalo, rimangono tuttora ancora aperti. Tutto ciò è a dir poco sconcertante; ben otto anni sono trascorsi e ci ritroviamo al punto di partenza.

Possiamo sperare che i nostri nipoti quando saranno cresciuti, non dovranno più leggere sullo scontro fra Malpensa e Fiumicino? Detto in parole più chiare, quanto durerà ancora questa sceneggiata, ma soprattutto quando ci si renderà conto che non è con la politica dello struzzo e del continuo rinvio che si può pensare di governare (più esatto sarebbe dire “non governare”) i problemi del Paese? Si vedano a tal proposito l’altalena di notizie diffuse dalla stampa nel solo periodo che va dal 15 al 25 settembre e che abbiamo riportato nel riquadro: tutti dicono la loro tranne la diretta interessata, cioè Alitalia.

Entrambi gli aeroporti in questione reclamano che i voli a lungo raggio dell’Alitalia facciano capolinea sulla loro base. Sarà un caso se in questi otto anni di indecisionismo, durante i quali qualche collegamento è stato attestato su Malpensa, qualche altro è rimasto a Roma, la situazione dell’Alitalia, da tutti i punti di vista è peggiorata?

Di certo oggi, né Fiumicino, né Malpensa rappresentano la reale, genuina base di armamento di Alitalia, né il vettore può quindi vantare di avere un unico, principale hub di interscambio.
Ed è indubbio che lo scivolone fatto dal sistema-Italia in tutte le graduatorie economiche mondiali, non contribuisce a supportare la tesi che un Paese la cui economia arranca in modo palese, possa permettersi il lusso di avere due aeroporti intercontinentali operativi.

Ma chiariamo un punto decisamente importante. Oggi vi sono numerose importanti destinazioni intercontinentali, per raggiungere le quali i passeggeri originanti dall’Italia debbono recarsi a prendere il rispettivo volo a lungo raggio ad Amsterdam, a Francoforte o in altri hub europei; questo instradamento viene accettato come del tutto normale e senza che avvengano “rivolte” di piazza o questioni di campanilismo.

Ebbene, se questa è la situazione che viene vissuta quotidianamente dai nostri passeggeri, qualcuno ci dovrebbe spiegare per quale motivo questi stessi passeggeri non possano recarsi da Milano a prendere il volo su Roma (nel caso Alitalia decidesse di operare il lungo raggio da Fiumicino), o viceversa non possano andare da Roma a Milano (se Alitalia decidesse di spostare i voli su Malpensa).

La verità è che i passeggeri accetterebbero sia l’uno come l’altro instradamento con la stessa tranquillità con la quale oggi accettano di recarsi all’estero, e ciò vuol dire anche che tutta la incredibile bagarre che si è voluta artificiosamente montare, più che  tener conto dei problemi degli utenti del trasporto aereo, è provocata da tutte quelle entità che gravitano intorno agli aeroporti (Regione, Provincia, Comuni ecc.) le quali hanno vari interessi nella conduzione degli scali.

Ma un tal modo di fare, significa travisare la realtà, perché da quando i fratelli Wright hanno inventato l’aeroplano, dovrebbero essere gli aeroporti al servizio dei passeggeri, e non viceversa.
La prova del nove su questo assurdo modo di procedere la si può avere, osservando il pilatesco e prolungato indecisionismo del nostro vettore di bandiera il quale sembra essere intimorito dall’ annunciare lo spostamento definitivo e totale sull’uno o sull’altro scalo: un tale modo di fare non può trovare che una sola giustificazione, ossia le pressioni provenienti non certo dal mondo dei passeggeri, quanto piuttosto dalle sfere politiche e limitrofe.

Se tutto ciò è potuto accadere, due sono i fattori che vanno apertamente criticati.  In primo luogo gli aeroporti non dipendono più da autorità centrali governative, e come tali “neutrali”, bensì sono passati sotto concessionari controllati da entità semi-pubbliche. Ne deriva che ogni città vorrebbe un aeroporto attivo, e che ogni aeroporto vorrebbe avere più collegamenti possibili, con il potenziale rischio di avere una rete infinita di collegamenti irrazionali, svincolati cioè da un piano sovra-nazionale.

Su questo specifico punto varrà la pena ribadire una nostra convinzione. Se il fatto che gli aeroporti, in quanto controllati da Regioni, Province e Comuni, chiarisce perché scendono in campo tanti galli a cantare al di fuori di Alitalia, non è accettabile però che vengano esercitate pressioni per far propendere l’aerolinea verso l’uno o l’altro. Quest’ultima scelta deve essere il frutto di una autonoma, tecnica decisione spettante solo ed esclusivamente al vettore di bandiera. Pertanto troviamo del tutto logico che queste autorità spingano per accelerare la eventuale scelta definitiva, ma si dovrebbero evitare dichiarazioni del tenore “deve venire da noi” o similari.

L’altro motivo, in parte già accennato, risiede nel fatto che se Alitalia non ha avuto finora il polso di decidere dove spostarsi, per non scontentare alcuno dei due contendenti, bisogna prendere atto che così vanno le cose quando i vertici di una compagnia aerea vengono nominati dal mondo politico anziché essere indipendenti, e purché non si finga poi di cascare dalle nuvole quando ci si chiede come ha potuto l’Alitalia ridursi in queste condizioni.

A parziale consolazione dei due contendenti in campo va detto che mentre questi litigavano il network Alitalia a lungo raggio è stato oggetto di una notevole cura dimagrante, ed anche questo era un motivo in più per sperare che la polemica lentamente scemasse.

DATI ALITALIA SUL LONG HAUL

Pax carried    ASK offerto
Anno 2000 :    2.925.474    30.167.703.000
Anno 2004:    2.425.811    23.059.511.000

Fonte: AEA
N.B. i dati 2005 non risultano ancora diffusi

In questo modo alitaliana di non fare, un dato di fatto risalta comunque in tutta evidenza; l’Italia non ha un hub così come lo hanno saputo invece costruire gli olandesi su Schiphol, la Air France su Parigi, la Lufthansa su Francoforte, la British Airways su Londra, l’Iberia su Madrid. Eppure, una volta un hub italiano c’era ed era costituito da Roma-Fiumicino. Noi, quindi, non solo siamo stati capaci di affossare la compagnia di bandiera ma, contemporaneamente -con il nostro indecisionismo- siamo riusciti a non dotare il nostro paese di un hub nazionale come tutti gli altri paesi invece hanno fatto. È un primato questo davvero unico al mondo, del quale però c’è ben poco di cui essere fieri.

Alcuni “assaggi” di  ciò che abbiamo potuto leggere sulla stampa

* “Rutelli: alleanze in Asia”       (Il Sole 24 ore ; 15/9/2006)

* “Alitalia senza soldi, Roma senza voli; rischia di saltare l’accordo con il Comune per le nuove rotte”
(Il Corriere della Sera : 18/9/2006)

* Giuseppe Bencini, presidente di SEA: Alitalia deve sapere che i passeggeri per le tratte pregiate sono qui e non a Roma”                (Il Corriere della Sera ; 20/9/2006)

* “Apprendiamo dell’esistenza di un piano per affossare l’aeroporto di Malpensa trasferendo gran parte dei suoi voli internazionali su Fiumicino”    (Maurizio Lupi, Forza Italia e a.d. di Fiera Milano Congressi ;  21 settembre 2006)

*”Rivendichiamo per Roma l’hub nazionale”
(Andrea Mondello, presidente CCIAA; 22 settembre 2006)

* “Formigoni annuncia la compagnia aerea del nord”
(Guida Viaggi ; 25/9/2006)

Antonio Bordoni