Non può venir valutato positivamente il connubio dei “sistemi aeroportuali”, il fatto cioè che due o più scali, nell’ambito della stessa metropoli, operino congiuntamente sotto una unica gestione.
La fattispecie di “sistema aeroportuale” si verifica allorché due o più scali, aperti al traffico di linea, sono chiamati a servire lo stesso ambito metropolitano.
La concezione stessa di “sistema” può variare a secondo del punto di osservazione. Per un viaggiatore parigino il sistema aeroportuale della sua città consiste nel disporre dello scalo di Beauvais (BVA), del Le Bourget (LBG), del Charles de Gaulle (CDG) e di Orly (ORY). Visto dall’ottica del principale gestore, (ADP, Aéroports de Paris) il sistema aeroportuale di Parigi si baserà sugli ultimi tre scali escludendo il primo, in quanto controllato da ente differente. Per rimanere a casa nostra, il sistema aeroportuale romano è costituito dagli scali di Ciampino e di Fiumicino, entrambi controllati dalla società ADR, ma non vi rientra l’aeroporto dell’Urbe.
Il primo obiettivo di un sistema aeroportuale dovrebbe essere quello di soddisfare le molteplici esigenze di una grande metropoli.
Se tutto il traffico aereo che converge sulla metropoli di Londra dovesse accentrarsi su di un unico scalo, si avrebbe ancor più congestione di quanta se ne può riscontrare già oggi. Un sistema aeroportuale ha quindi il compito primario di ridistribuire, e conseguentemente alleviare, il volume di traffico aereo che grava in una determinata area.
Va detto che così come si sono venuti sviluppando, i sistemi aeroportuali sono nati più per caso che non dovuti a precisi piani di programmazione. Quando venne aperto al traffico il Leonardo da Vinci, non si pensava affatto a costruire il sistema aeroportuale romano. Molto più semplicemente, l’aeroporto di Ciampino aveva una sola pista operativa di lunghezza limitata, era impossibilitato ad ulteriori espansioni, ed essendo ormai entrati nell’era dei wide body, si rendeva necessario costruire un nuovo aeroporto.
Poi si assistette al fenomeno che alcune linee aeree tradizionali, nuove entranti, provarono ad operare su Ciampino (Noman, Itavia, Columbia) ma ebbero durata limitata, o ritornarono sui loro passi puntando su Fiumicino. Ciampino decollò alla grande invece, quando venne scoperto dalle low cost. Poiché quest’ultime aerolinee, al contrario delle prime, non hanno traffico che necessita di coincidenze, lo scalo della Via Appia si prestava egregiamente alla tipologia dei viaggiatori no-frills i quali, come è noto, sono caratterizzati dal traffico punto-a-punto.
Fu allora che, trovata una collocazione per entrambi gli scali, iniziò a prendere consistenza il concetto di “sistema aeroportuale romano”.
Ancora, un sistema aeroportuale può nascere per soddisfare le esigenze di un area abbastanza limitrofa, pur se appartenente a due diverse provincie. È tale il caso degli scali di Brescia-Montichiari e del Verona-Catullo che insieme formano gli “Aeroporti Sistema del Garda”; mentre recentemente si sono svolti dibattiti e incontri sulla possibilità di costruire un sistema integrato fra gli scali di Pisa e di Firenze.
Ma al di là delle disquisizioni illustrative, il motivo per il quale vogliamo parlare dei sistemi aeroportuali è di tutt’altro genere.
La scorsa caldissima estate è stata interessata dal punto di vista aeroportuale, dalla clamorosa notizia riguardante l’acquisizione della società BAA da parte della società spagnola Ferrovial.
In concomitanza con questo evento, vi è stato poi il caos che ha interessato gli scali londinesi il 10 agosto scorso, causato dall’emergenza attentati, con strascichi protrattisi anche nei giorni successivi.
Il susseguirsi dei due eventi a tempi ravvicinati, ha scatenato una reazione che, sinceramente, ci saremmo augurati di veder accadere molti anni addietro.
La British Airways, questa volta in compagnia di due importanti vettori low cost, quali Ryanair e Easyjet, ha puntato allo scontro diretto con la BAA – British Airport Authority – chiedendo che gli scali londinesi, stante la loro valenza, non debbono venir gestiti dalla stessa società di gestione, ossia in clima di monopolio.
Per la cronaca annotiamo che la BAA, ora acquisita dalla Ferrovial, controllava gli scali di Heathrow, Gatwick, Stansted, Southampton, Aberdeen, Edimburgo e Glasgow.
Chiaro che nell’affondo portato dai vettori nei confronti della BAA, ci si riferiva in particolare ai tre scali londinesi di Heathrow, Gatwick e Stansted.
Ebbene, questa salutare quanto tardiva presa di posizione, ci riconduce alle denuncie da noi già proposte da tempo immemore, allorché facevamo presente come, contemporaneamente alla deregulation dei cieli, avrebbe dovuto avviarsi la deregulation a terra.
Questo punto è stato sempre visto dai più, soltanto e riduttivamente nell’ottica delle operazioni a terra (handling aeroportuale), ma in effetti ben altre, e più incisive azioni, avrebbero potuto essere condotte dalle autorità preposte, se davvero si voleva scardinare il monopolio aeroportuale a favore delle aerolinee.
Premettiamo subito che la nostra teoria non è attuabile a tutti gli scali, ma è davvero inquietante che laddove si sarebbe potuta attuare una salutare concorrenza fra differenti aeroporti, in quanto era presente un “sistema aeroportuale”, nessuno ha ritenuto opportuno adottarla, né tanto meno proporla.
Ricordiamo a tal proposito, quanto accaduto sullo scalo di Orlando-Sanford.
Orlando Sanford Airport , Florida, è un “piccolo” aeroporto situato 50 km a nord del “fratello maggiore”, il ben più noto e famoso Orlando International Airport (OIA), e nella metà degli anni ’90 assurge agli onori delle cronache in quanto instaura una diretta concorrenza nei confronti del principale scalo cittadino. Le tasse a passeggero sono di 4-5 dollari più basse di quelle applicate all’OIA, e per quanto riguarda le landing fees, il Sanford costringe il suo diretto avversario ad abbassarle, pena il timore – per il principale scalo cittadin o- di perdere traffico.
Il terminal che accoglie il traffico internazionale è condotto dall’Orlando Sanford International, una sussidiaria della compagnia Britannica TBI, la quale riesce a portare sull’aeroporto numerosi voli charter, in particolare durante le stagioni estive.
Questa ipotesi di lavoro si verifica quando due aeroporti, situati nell’ambito della stessa zona metropolitana, sono gestiti da due differenti società e accade pertanto che fra i due scali viene a generarsi una salutare concorrenza che porta le tariffe aeroportuali ad abbassarsi. In teoria, così come in cielo le aerolinee sono costrette a farsi concorrenza e a contendersi il passeggero a suon di sconti, altrettanto dovrebbe avvenire in terra fra gestori degli scali e aerolinee.
In tal senso non può venir valutato positivamente il connubio dei “sistemi aeroportuali”, il fatto cioè che due o più scali, nell’ambito della stessa metropoli, operino congiuntamente sotto una unica gestione.
Forse se le aerolinee avessero trovato più aeroporti in queste condizioni operative, molte di esse sarebbero sopravvissute alle crisi che si erano succedute dall’avvio della deregulation. Non solo, ma spettava ai regulators considerare l’ipotesi di non ammettere – nell’ambito della stessa città – che i maggiori aeroporti fossero controllati da una unica società. (1).
I responsabili del Sanford da noi recentemente contattati, hanno confermato che a tutt’oggi ancora sussiste una politica di “non accordo” sulle tariffe aeroportuali applicate ai rispettivi clienti dai due scali.
Il concetto, crediamo, sia alquanto esplicito. Perché non si è valutata l’ipotesi di differenziare le proprietà delle gestioni aeroportuali, allorché nell’ambito della stessa metropoli operano più scali?
Se si è ritenuto necessario aprire le rotte alla presenza di più vettori, anziché lasciare il monopolio delle stesse ad una unica aerolinea, in quanto facendo ciò si puntava all’abbassamento delle tariffe a carico della utenza, per quale motivo non si reputa altrettanto possibile mettere in concorrenza fra loro due o più aeroporti situati nell’ambito della stessa metropoli, anziché concedere il traffico aereo che converge su quella città in monopolio ad un unico gestore?
La proposta in realtà sarebbe dovuta venire dalla IATA, dall’ICAO, dalle stesse compagnie aeree; non ce la saremmo di certo aspettata da fonte aeroportuale. Non solo, ma dobbiamo criticare anche il fattore tempo, in quanto il fatto che una simile denuncia venga avanzata solo oggi che una società spagnola acquista il controllo della britannica BAA, non fa davvero onore a tutti i responsabili dell’industria aerea, i quali avrebbero dovuto chiederla allorché ad essi venne imposto di deregolare le loro tariffe.
A nostro sommesso parere, ben differente sarebbe oggi la situazione economica dei vettori se essi avessero potuto disporre della facoltà di scegliere fra due o più fornitori di scali in concorrenza fra loro, perché sicuramente le tariffe e i prezzi sarebbero stati trattabili, trasparenti e meno onerosi.
(1) Tratto dal volume “Dagli imperi dei cieli, agli imperi degli scali”, di prossima pubblicazione a firma di Antonio Bordoni.
Antonio Bordoni