Il progetto è diventanto realtà e il Piano Nazionale per il Turismo è on line con ambiziosi progetti apparsi su tutta la stampa :’ obiettivo dichiarato di  creare “500.000 nuovi posti di lavoro e incrementare il Pil di 30 miliardi entro il 2020”. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.governo.it/backoffice/allegati/70278-8390.pdf .Tutto il settore in attesa delle novità, ma già si sono messe in moto le critiche.

“Si è persa l’ennesima occasione per intervenire in modo utile a sostegno del turismo. Le grandi difficoltà che le imprese del settore stanno vivendo non permettono di prevedere improbabili scenari futuri proiettati addirittura al 2020″. Queste le parole di  Claudio Albonetti, presidente di Assoturismo-Confesercenti riguardo il piano strategico del turismo da parte del ministro Piero Gnudi. “Oggi serve un piano per affrontare l’unica vera emergenza: salvare le imprese turistiche del nostro Paese. Nessuno può ignorare – questo Governo oggi, il futuro Parlamento ed il futuro Governo domani – che stanno saltando le imprese sane, quelle ben gestite, che hanno una solida tradizione ed una prospettiva”.


Secondo Albonetti “le questioni di fondo sono ben note e sono queste sì strategiche: le imprese sane stanno soccombendo sotto il peso di una tassazione sempre più soffocante, sotto l’incalzare di un costo contributivo del lavoro che non ha eguali, con un’Iva superiore a quella dei nostri competitori, regalando loro vantaggi competitivi inaccettabili, una burocrazia pubblica disorganizzata e complicata che toglie tempo e risorse al lavoro degli imprenditori turistici. Se vogliamo che il turismo sia un volano dell’economia, come lascia intendere il piano governativo, occorre prendere decisioni coraggiose sui nodi più urgenti ed incentivare l’imprenditoria”.

Il Piano non piace neanche a Angelo Gentili, responsabile nazionale del settore Turismo di Legambiente: «Questo piano sembra fatto per un paese qualsiasi  ma l’Italia non è un paese qualsiasi. Il piano Gnudi non tiene infatti conto delle specificità e delle bellezze del nostro Paese, dell’intreccio tra agricoltura di qualità e territori tutelati e di pregio, o delle suggestive specificità dei nostri centri minori. Sembra non considerare affatto l’importanza di un turismo diffuso, capace di restituire  una sorta di modello unico italiano che conserva straordinarie capacità di ripresa nonostante il momento di grave crisi. L’obiettivo centrale del piano è infatti il rilancio delle grandi strutture con una logica datata e perdente, oltre che non adatta per il sistema Italia».

 

Legambiente: il piano propone formule di turismo obsolete

Secondo Gentili, «Occorre puntare su tutte le forme di turismo diffuse e sulla valorizzazione della bellezza declinata in molti modi diversi nel nostro territorio. Bisogna investire su quella parte dei nuovi turismi, che è oggi in crescita e che vede un viaggiatore attento alla sostenibilità ambientale, alle peculiarità storiche e paesaggistiche dei nostri territori. Ma di tutto questo non c’è traccia nel Piano del Turismo proposto dal ministro Gnudi, che ripropone formule ormai obsolete e prive di efficacia anche dal punto di vista economico, arrivando addirittura a ipotizzare la nascita di “nuove Costa Smeralda””. Oggi infatti assistiamo sempre più alla domanda di una vacanza breve e intensa che ha bisogno proprio di far leva su un rinnovato e capillare rapporto con il territorio.

Se è vero che si è passati dal turismo di massa alla massa di nuovi turismi (escursionismo, cicloturismo, agriturismo, ecc.), la prima cosa da fare sarebbe stimolare in questo senso una progettualità e soggettività dal basso che faccia tesoro di quanto già oggi esiste sul mercato, come riporta Greenreport.

“Invece che investire enormi risorse per un turismo che non si incrocia con le realtà storiche e culturali del nostro paese, occorre promuovere servizi specifici che diano maggiore forza alle iniziative portate avanti con difficoltà dai singoli operatori privati; bisogna cioè offrire un contesto all’interno del quale le nuove offerte turistiche possano trovare humus favorevole e fattori di crescita. Nonostante nel rapporto si riconosca, ad esempio, che il prodotto mare dell’Italia è in forte crisi, la proposta si limita in modo preoccupante a prevedere lo sviluppo di strutture di grandi dimensioni, per lo più concentrate in grandi catene alberghiere».

Infatti il Piano Gnudi riduce tutte le ragioni della crisi del turismo costiero e insulare all’offerta alternativa estremamente aggressiva, più moderna e meno costosa di Paesi come Spagna, Turchia e Croazia ed alla dimensione media degli alberghi italiani, per fare riferimento in modo preoccupante ad “Un trend mondiale che vede lo sviluppo di strutture di grandi dimensioni, per lo più concentrate in grandi catene alberghiere”. Non una parolasugli abusi edilizi che hanno sfigurato molte delle nostre coste e che rendono problematici i piani dei poli turistici al Sud.