C’erano una volta gli Stati e c’erano le compagnie aeree a cui gli Stati assegnavano in concessione le rotte da effettuare. Poi un bel giorno gli Stati dissero che non volevano più saperne delle loro compagnie aeree, che queste avrebbero dovuto fare tutto da sole. Era la fine di uno storico idillio salutato con soddisfazione da tutti i sostenitori della new economy. Poi ci si mise in mezzo anche Bruxelles la quale aggiunse che a nessuno Stato sarebbe stato più permesso concedere aiuti economici ai propri vettori.
Perfetto, il mondo cambia e bisogna adattarsi alle novità. Preso atto del nuovo clima le compagnie aeree fecero la cosa più ovvia possibile, ovvero dissero: caro Stato prendo atto delle tue nuove regole, ma sia ben chiaro che da domani io chiudo tutti quei collegamenti improduttivi che mantenevo aperti in quanto vettore “di bandiera” dello Stato che rappresento.
Fu così che in mezzo a non pochi collegamenti “politici” fatti cioè per mantenere attivi i legami fra due nazioni, le compagnie aeree iniziarono a tagliare anche molte rotte domestiche e fra queste numerose riguardavano i servizi con le isole.
Ohibo! A posteriori e a frittata fatta ci si rese conto di una semplice verità evidentemente dimenticata dai deregolatori che proibivano gli aiuti economici alle aerolinee, ovverosia che le compagnie aeree non servivano solo a collegare esotiche mete turistiche, ma fungevano anche da mezzo di trasporto per la mobilità dei cittadini della propria nazione, e una volta privatizzate era ovvio che avessero chiuso quelle rotte da loro ritenute unprofitable.
A questo punto ci si dovette inventare un qualche rimedio ed ecco che a Bruxelles -preso atto della “dimenticanza”- fu permesso agli stati membri di elargire fondi alle compagnie aeree per dar modo di mantenere i collegamenti laddove questi sono necessari per non isolare intere comunità o regioni. Detta così può sembrare una favoletta ma vi assicuriamo che la sostanza del contenuto è più che valida.
Ebbene se in questi giorni voi leggete sui giornali titoli del tenore: “Sardegna, volare costa caro, Enac darà 36 milioni ad AirOne” o se leggete che il presidente dell’Enac invita la regione Sicilia a non fare una loro compagnia aerea ma piuttosto a “mettersi d’accordo con le compagnie aeree”, è perché appunto si parla dei collegamenti aerei fra regioni/isole e il resto del nostro Paese, collegamenti che vengono richiesti, a ragione, dai responsabili regionali.
Ma sono anche quei collegamenti che le aerolinee “private” non vogliono svolgere perché perderebbero soldi nel gestirle. E se si è arrivati a pensare di mettere su una propria compagnia della regione pur di avere i servizi, vuol dire cha l’aver tolto il ruolo pubblico ai vettori di bandiera non è stata poi una brillante trovata.
Su questa moda che lo Stato si deve ritirare da ogni settore per far posto ai privati ci sarebbe in effetti molto da discutere.
In primo luogo perché, a fronte del distacco, sarebbe stato logico attendersi una riduzione della imposizione fiscale, specialmente indiretta: se lo Stato non deve più occuparsi di settori ove prima invece era coinvolto, le spese da esso sostenute dovrebbero diminuire e come conseguenza dovrebbe calare la imposizione fiscale. Invece su questo specifico aspetto sappiamo bene che le cose sono andate in modo diametralmente opposto.
In secondo luogo non sono pochi a ritenere che determinati settori di interesse collettivo dovrebbero venir assicurati dal gestore pubblico. A questo punto già sentiamo le solite critiche circa il monopolio e la concorrenza, ma il fatto è che da quando è entrato in vigore il nuovo credo i tanti vantaggi annunciati non è che siano poi stati così evidenti.
Le tariffe aeree saranno pure diminuite ma in compenso sono aumentate le tasse che accompagnano la tariffa e le compagnie ora fanno pagare anche l’impensabile; tanto per citare un solo esempio provate a fare un cambio nome e vedrete che malgrado non esiste più il biglietto carbonato vi chiederanno una sostanziosa sovrattassa, e questo –ripetiamo- solo per fare un esempio.
Tornando ai titoli di questi giorni e alle problematiche relazioni fra aeroporti, regioni e autorità centrali circa i collegamenti con la Penisola, abbiamo la Sicilia, ove gli aeroporti di certo non mancano, ma con le aerolinee eventualmente interessate che chiedono fondi per attivare i servizi, da cui appunto l’idea di lanciare un proprio vettore; sull’argomento Vito Riggio, presidente Enac, ha suggerito che sarebbe meglio trovare un accordo con le compagnie già esistenti invece di lanciarne nuove.
Ben differenti problemi riguardano invece il caso Sardegna, con Enac ed AirOne che hanno presentato le loro carte in Corte di Cassazione per un contenzioso riguardante la validità dell’aggiudicazione di AirOne ai servizi di trasporto aereo oggetto delle convenzioni. La Cassazione (sezioni unite) ha stabilito che l’Enac dovrà versare ad AirOne qualcosa come 36 milioni di euro in base alle convenzioni ottenute per esercitare nell’anno 2002 i servizi di trasporto aereo sulle rotte Cagliari-Milano, Alghero-Milano e Alghero-Roma. Come vedete le compagnie saranno pure diventate private, ma in un modo o nell’altro lo Stato alla fine rientra sempre in gioco.
Antonio Bordoni
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