Più che importare modelli altrui, in Italia ci sarebbe un estremo bisogno di avere il coraggio di eliminare una volta per tutti i nostri modelli di conduzione.
Correva l’anno di grazia 1955, ed esattamente il primo aprile di quell’anno la Deutsche Lufthansa Aktiengesellschaft riprendeva i voli di linea i quali erano stati interrotti durante gli anni della seconda guerra mondiale.
Da noi in Italia, subito dopo la cessazione delle ostilità, gli americani avevano formato la LAI, gli inglesi la compagnia Alitalia. Quando nel 1955 la Lufthansa riprendeva i servizi con una minuscola flotta aerea, LAI e Alitalia avevano in linea numerosi aeromobili e vantavano un esteso network che si espandeva su più continenti. Quando poi nell’ottobre del ’57 l’Alitalia accorpò la LAI, la nuova compagnia Alitalia Linee Aeree Italiane divenne una delle maggiori aerolinee europee dietro solo alle britanniche BEA/BOAC, all’Air France e alla Klm.
Ci scusiamo con i lettori se abbiamo rammentato i tempi che furono, ma ci tenevamo a ricordare a chi forse non sapeva, che l’Alitalia è nata prima della nuova Lufthansa, ed è rimasta sopra a Lufthansa per molti anni.
Oggi, di fronte alla crisi attraversata dalla nostra compagnia, si parla di copiare “il modello Lufthansa” quale soluzione per farla ritornare “in linea” e competitiva.
Lungi da noi l’idea di voler in alcun modo sostenere la tesi che gli anni di anzianità di una aerolinea possano costituire un fattore decisivo per assicurare stabilità o fortuna, l’esempio Pan American insegna per tutti, tuttavia nel caso Alitalia e Lufthansa ci troviamo di fronte ad aerolinee appartenenti a due nazioni europee entrambe uscite dalle macerie del dopoguerra in uguali condizioni disastrate, entrambe che si sono avvalse di un modello industriale occidentale e volendo trovare delle differenze dobbiamo forse dire che la più penalizzata fra le due era senz’altro la compagnia tedesca che operava in una nazione smembrata politicamente in due.
Partendo da questi dati di fatto, e ricordando che oggi gli italiani apprendono che l’Alitalia per rimanere in volo deve rifarsi al modello Lufthansa, crediamo sia doveroso per lo meno interrogarsi sul come, quando e perché la Lufthansa è divenuta migliore di Alitalia.
Come si può sperare in un futuro migliore, se non si ha il coraggio e l’onestà di mettere a nudo gli errori compiuti nel passato?
I motivi di una tale ricerca, siamo sicuri, sono noti a tutti ma di essi non riusciamo a trovare il minimo accenno sui mass media. Eppure l’utilità di una tale opera critica non può essere taciuta.
▪Innanzitutto è profondamente puerile attendere di stare con un piede nella fossa per prendere atto che c’è chi sta conducendo una compagnia meglio di noi e pertanto sarebbe il caso di copiare il suo modello. Un management maturo dovrebbe fare in modo che una tale monitorizzazione venga condotta in tempi utili per evitare la crisi.
▪In un settore poi altamente competitivo come è l’industria area commerciale, il fattore tempo è davvero determinante per rimanere a galla. L’Alitalia è riuscita a sopravvivere tutti questi anni solo grazie ai sussidi governativi. ” Se i soldi non arrivano, qui la situazione precipiterà e poi sarà impossibile risollevarsi” : questa frase stranamente familiare e attuale è tratta dal settimanale Panorama del 6 giugno 1974 in un servizio dal titolo “Alitalia fuori rotta” (non è un errore di stampa, confermiamo che l’anno era il 1974).
▪Last but not least, poiché in Italia vige la pessima abitudine di riciclare gli uomini al vertice, per cui chi perde un posto da una azienda pubblica il giorno dopo si trova già a dirigerne un’altra, non sarebbe male iniziare a non premiare coloro che non brillano nelle conduzioni.
Se c’è un particolare su cui non ci si può prendere in giro sono i luoghi comuni circa le ragioni della crisi: costo del carburante, deregulation, low cost, sono ognuno fattori “democratici”, nel senso che investono tutti in ugual modo. Pertanto, se in un tale scenario troviamo compagnie che riescono a “fare modello” vuol dire che la loro conduzione è più oculata e saggia, per cui non ci sarebbe necessità di stregoni che intervengono in sala di rianimazione quanto piuttosto di manager capaci di guidare aziende quando i tempi sono normali. Prendiamone atto una volta per tutte e riconosciamo che più che importare modelli altrui, in Italia ci sarebbe un estremo bisogno di avere il coraggio di eliminare una volta per tutti, i nostri modelli di conduzione.