L’argomento prescelto interesserà molto probabilmente gli aeroportuali e assai poco gli addetti di città; ma i tanti cambiamenti introdotti in merito dalla normativa europea suggeriscono un aggiornamento della situazione.
Inoltre prima di addentrarci sulla specificità del tema, dovremo trattare in via complessiva la disciplina legale e contrattuale dell’orario di lavoro che in pratica interessa tutti i lavoratori nella loro generalità.
La distribuzione dell’orario di lavoro riguarda le concrete modalità con cui l’orario di servizio viene distribuito nell’arco temporale prescelto (giornaliero,settimanale, quindicinale, mensile) e rientra tra le prerogative concesse al datore di lavoro. Nel fissarlo tuttavia l’imprenditore dovrà comunque sempre far riferimento alla normativa specifica sul riposo settimanale, sul lavoro notturno e sulla nuova disciplina comunitaria (93/104/CE).
Il nuovo punto di riferimento normativo, che ha recepito le norme comunitarie, è il D.Lgs 8 aprile 2003 n. 66, al quale più recentemente si è poi aggiunto DL 213/2004, cui ha fatto ulteriore seguito Circolare esplicativa del Ministero Lavoro.
Sono molte quindi le norme recentemente varate in questa materia, anche se poi andando all’atto pratico, i lavoratori poco si accorgeranno delle differenze con la precedente normativa. Lavoro notturno e lavoro a turno sono solitamente collegati fra loro, ma non obbligatoriamente. Mentre infatti chi viene chiamato a svolgere lavori di notte, quando i comuni mortali sono nelle braccia di Morfeo, gode sempre di turni onde dargli la possibilità di recuperare il sonno perduto, non è detto che il turnista debba in ogni caso lavorare di notte. In prima battuta dunque è opportuno esaminare i requisiti del normale turnista. Rientra sotto questa nozione colui il quale svolge la sua attività lavorativa in giorni differenti e ad orari differenti; nella nozione di lavoro a turni si ricomprendono metodi di organizzazione del lavoro “a squadre” in base ai quali il lavoro assume l’aspetto caratteristico della rotazione. Ne consegue che i lavoratori sono chiamati a svolgere lavori ad orari differenti nell’ambito del periodo di tempo considerato. Non può non sfuggire l’onerosità di tale organizzazione della prestazione lavorativa rispetto agli orari “normali”.
Rimanendo nel campo delle compagnie aeree è noto che mentre il personale di città osserva solitamente l’orario lunedì-venerdì 09.00/17.00, ben differente è la situazione per il personale dello scalo.
Se per ipotesi il volo arriva alle 12.00 e riparte alle 13.00 con frequenza giornaliera, sarà necessario assicurare la copertura su 7 giorni e pertanto si farà ricorso ai “roster” e ciò comporterà inevitabilmente che qualcuno è chiamato a lavorare anche il sabato, la domenica nonché i festivi.
Analogo problema si presenta nel campo del turismo per i lavoratori degli alberghi.
Il contratto FAIRO prevede una indennità di turno di 0,52 € a giornata di presenza per compensare il disagio dei turni (art. 11/8). Inoltre l’articolo 11.5 prevede che “a compenso dei disagi derivanti ai lavoratori turnisti che svolgono la loro attività lavorativa nella giornata domenicale, viene riconosciuta una maggiorazione del 10% sul lavoro ordinario prestato”.
Quest’ultima previsione contrattuale è stata inserita a partire dal 1996 cioè da quando la giurisprudenza con ripetute sentenze aveva riconosciuto la maggiore onerosità del lavoro domenicale. Fino ad allora si riteneva che il fatto che il lavoratore disponesse in ogni caso di due giorni di riposo settimanali, di cui il primo dei due veniva equiparato al sabato, il secondo alla domenica, potesse essere motivo sufficiente per evitare di riconoscere una maggiore onerosità al lavoro domenicale e quindi gratificare quest’ultimo con indennità supplementari.
Ora invece la tendenza generale è quella di riconoscere un supplemento a chi è chiamato a svolgere lavoro domenicale.
Cassazione 10 dicembre 2001, n. 15589: il diritto del lavoratore ad una maggiore retribuzione per il lavoro domenicale non può ritenersi soddisfatto con il riconoscimento del solo riposo compensativo, che è correlato al mancato riposo domenicale. Ciò dal momento che pur in presenza del riposo in altro giorno, il lavoro prestato di Domenica presenta di per sè una maggior penosità che qualifica oggettivamente la prestazione lavorativa e che deve essere adeguatamente retribuita.
Non va fatta confusione tra il lavoratore mobile e il lavoratore a turni. Sotto la prima fattispecie rientra il lavoratore impiegato in qualità di personale viaggiante, o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario; per quanto riguarda invece il lavoratore a turni, esso invece è stato già sopra definito.
Durata massima dell’orario di lavoro
Sempre secondo quanto previsto dal Decreto legislativo n. 66/2003, la durata massima settimanale dell’orario di lavoro è quella fissata dai contratti di lavoro.
La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, nell’ambito del lasso temporale dei 7 giorni, le 48 ore nelle quali vanno ricompresi anche eventuali tempi dello straordinario.
Su quali basi si determina la durata media? Si può far riferimento a qualsiasi periodo, purchè non superiore ai 4 mesi, escludendo da tale computo ferie e assenze per malattia.
Ricordiamo che dirigenti e personale direttivo delle aziende non rientrano in questi limiti, ma quest’ultima precisazione ripropone l’annoso e mai risolto problema circa la remuneratività, o meno, dello straordinario di coloro ai quali sono stati assegnati gradi elevati (F1S nel comparto aereo, livello A o B nel settore turismo).
A complicare il tutto ecco scendere in campo due articoli del decreto in questione, il 16 e il 17, i quali forniscono la possibilità di deroghe, sia in tema di durata settimanale dell’orario di lavoro, sia di riposo giornaliero, come pure delle pause del riposo settimanale e della durata del lavoro notturno.
In pratica quindi le regole sono state fissate e sono valide per tutti, ma se l’attività dell’azienda è tale che esse possono creare problemi alla “catena di produzione” allora è possibile derogarle. E poiché l’attività di traffico aereo non può fermarsi di fronte a un ritardo o ad una disruption, è prassi pressoché normale che le regole sui turni vengano messe a dura prova pur di assicurare la regolarità dell’operativo. Per pura curiosità ricordiamo che l’articolo 16 elenca ben 12 categorie che risultano escluse dall’ambito di applicazione della disciplina sulla durata settimanale dell’orario, fra cui troviamo il personale dipendente da imprese concessionarie dei servizi aeroportuali, e il personale delle società che gestiscono servizi pubblici di trasporto.
Altra anomalia della nuova regolamentazione è che nel suo ambito non è in effetti previsto alcun limite giornaliero all’orario di lavoro; l’unica limitazione che si può riscontrare è indiretta in quanto all’articolo 7 è previsto che tutti i lavoratori hanno diritto ad almeno 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore.
Le pause di lavoro
Sono regolamentate dall’articolo 8 del decreto. Questo articolo dispone che in caso l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite delle 6 ore, il dipendente deve beneficiare di un intervallo di pausa, le cui modalità sono regolate dai contratti di lavoro. Se il contratto non prevedesse questa ipotesi, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro il dipendente deve poter usufruire di soste dal lavoro di durata non inferiore ai 10 minuti, tenendo ovviamente conto delle necessità produttive dell’azienda.
Essendo nel frattempo intervenuta la legge che vieta il fumo nei luoghi di lavoro è assai verosimile che questa pausa che prima magari veniva ignorata, ora di fatto sia divenuta quasi un obbligo, almeno per i fumatori incalliti.
I riposi giornalieri e settimanali
Sono regolamentati dagli articoli 7 e 9. Come detto l’articolo 7 prevede che il dipendente abbia diritto ad un periodo di riposo consecutivo di 11 ore ogni ventiquattro ore. Il riposo deve essere fruito in modo continuativo. Per quanto riguarda il riposo settimanale, l’articolo 9 precisa che il dipendente ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica. Circa quest’ultima possibilità, l’articolo 9 avverte che il riposo consecutivo delle 24 ore può essere anche fissato i un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale che sia interessato da particolari caratteristiche fra cui citiamo “i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità”.
Ribadiamo che, trattando di riposo giornaliero, troviamo anche qui deroghe che riguardano i dirigenti, il personale direttivo delle aziende e altre persone aventi potere di decisione autonomo.
Le 24 ore consecutive di riposo settimanale vanno cumulate con le ore di riposo giornaliero portando pertanto a un totale di 35 ore consecutive il riposo complessivo settimanale (24+11).
Il lavoro notturno
Il lavoro notturno è quello svolto tra le ore 24.00 e le ore 07.00, tra le 23.00 e le 06.00 o tra le 22.00 e le 05.00
Rientra nella nozione di lavoratore notturno colui il quale svolge durante tali periodi, almeno tre ore del suo orario giornaliero di lavoro.
Se per ipotesi mancassero dettagli nel Contratto di Lavoro, si considera lavoratore notturno chi, per un minimo di 80 giorni all’anno, è chiamato a svolgere lavori negli orari surriportati.
Il lavoratore notturno va sottoposto ad una visita medica preventiva, mente ogni 24 mesi è necessario il controllo.
Non possono essere adibite a lavoro notturno, nella fascia compresa tra le 24.00 e 06.00, le dipendenti in maternità, dall’accertamento della gravidanza fino ad un anno di età del bambino.
DEFINIZIONE DI LAVORO A TURNI (SHIFTWORK)
A complemento dell’articolo, riteniamo opportuno pubblicare la definizione di lavoro a turni, così come prevista dalla European Foundation for the improvement of Living and Working Conditions
Pattern of work organization in which different workers succeed each other in the same jobs, in order to permit uninterrupted or intensive operation of production plant or intensive working. Shiftwork is continuous if workers succeed each other throughout the week without interruption: normally three eight-hour shifts, seven days a week; semi-continuous if the week includes a rest day; and discontinuous if the daily 24-hour span is not fully covered, usually two eight-hour shifts. In order to ensure a fair distribution of duty periods at night and on public holidays, shifts are rotated. Since shiftwork imposes greater burdens on workers, collective bargaining provides for enhanced rates of pay for shiftworkers.
Antonio Bordoni