Lo slot è una sorta di “semaforo” regolatore che tende in primo luogo ad evitare eccessi di congestionamento sugli scali e come tale risulta assumere i connotati di una necessità dettata dai limiti operativi (numero piste, capacità aerostazione, ecc) dell’aeroporto, ma non di certo da una valenza congenita che abbiamo visto essere inesistente su scali non affollati.

L’Alitalia in un momento economico assai delicato per la sua sopravvivenza, ha presentato in busta chiusa al Tribunale fallimentare di Parma una offerta di 7,1 milioni di euro, di cui 1.267.000 euro rappresentava il valore assegnato agli slots di cui la Gandalf era entrata in possesso nel corso della sua attività. Essendosi l’Alitalia aggiudicata l’offerta, gli slots ora appartengono al vettore di bandiera. Non entriamo nel merito economico della cifra, la quale ha fra l’altro sollevato più di un dubbio poichè da alcuni ritenuta eccessiva, quanto piuttosto in questa sede vorremmo trattare dell’argomento degli slots, di questa componente dell’attività aeronautica della quale con sempre maggiore insistenza si è iniziato a discutere sul suo reale significato economico. D’altra parte sugli slots si è da tempo aperto, anche in sede internazionale, un ampio dibattito che vede confrontarsi divergenti tesi. Su cosa siano gli slots crediamo ci sia ben poco da dire; la fascia oraria in cui un aeromobile “occupa” il suolo aeroportuale, l’intervallo di tempo che intercorre fra il suo arrivo e la partenza, è di fatto uno slot. Perché gli slots sono divenuti “merce di scambio” ? Per l’ovvio motivo che su aeroporti congestionati le autorità aeroportuali non concedono ulteriori autorizzazioni se in una determinata fascia se si è già raggiunto un livello di saturazione eccessivo, e nel momento in cui fra compagnie aeree si è tentato di scambiare gli slots, talora anche ricorrendo a incassi di corrispettivi, il caso “è scoppiato”. L’argomento ha poi trovato terreno estremamente fertile a Bruxelles, poichè le Autorità Comunitarie si sono dovute interessare agli slots per la semplice ragione che si doveva creare spazio ai nuovi vettori entranti.  Circa i soggetti che reclamano la proprietà degli slots possiamo individuarne tre: lo Stato, i gestori aeroportuali, le aerolinee. Ad onor della cronaca vi sarebbe anche un quarto soggetto, cui apparterrebbero gli slots: la collettività. Questa teoria la si può imputare a John Prescott, primo ministro inglese, che allorché si dovette occupare del caso degli slots che la British Airways doveva lasciare su Gatwick e Heathrow se voleva ottenere l’immunità antitrust nell’accordo con AA, disse senza mezzi termini:  “the slots belong, I believe, to the community”. Come si vede l’argomento è alquanto complesso e, come in seguito vedremo,  proprio recentemente Bruxelles ha diramato un suo regolamento in merito. Onde avere un quadro completo dello scenario andrebbe precisato che allorché un vettore opera una determinata rotta, il diritto ad esercitare il servizio deriva da una autorizzazione (accordo bilaterale) tramite la quale la aerolinea designata dallo Stato viene autorizzata a svolgere servizi, ad esempio, con Londra. In aggiunta a questo permesso, viene anche specificato di quale “libertà dell’aria” il vettore potrà avvalersi nell’esercitare la rotta in questione. Fino ad un determinato momento storico, questa autorizzazione è stata sempre più che sufficiente per permettere all’aerolinea in questione di scendere sullo scalo; ricorrendo nuovamente al nostro esempio di Londra, l’aerolinea in teoria era libera di scegliere se scendere su Gatwick, Heathrow, Stansted, City Airport, eccetera. Ma da quando taluni aeroporti non permettevano più di accogliere traffico addizionale, le cose sono decisamente cambiate ed è pertanto nato il mercato degli slots il quale, come si può facilmente intuire, ha riguardato in prima battuta il mercato Usa e quello londinese, mercati dove si trovano gli scali più congestionati del mondo.
E una prima teoria che si potrebbe ipotizzare trae la sua origine proprio dagli accordi bilaterali e dalla constatazione che il vettore designato dallo stato “A”, per poter operare su una determinata città dello Stato “B”, automaticamente deve poter disporre di uno slot. Le cose invece stanno in maniera differente perché se la nostra teoria è perfettamente applicabile in uno scalo che ha “spazio” e fasce orarie libere, altrettanto non può dirsi per l’aeroporto che invece risultasse saturo. Ma già questa apparente contraddizione potrebbe aiutare a capire dove sta la verità fra le tante teorie a disposizione, in quanto dimostra che il termine slot nasce e svolge i suoi effetti solo per gli scali congestionati, ma non ha significato pratico laddove la saturazione non sussiste. Questa considerazione trova puntuale sostegno da decenni di operazioni avvenute su tutti gli aeroporti del mondo, senza che si fosse ravvisata la necessità di far uso di un tale termine. Proseguendo ancora più oltre in questa impostazione, ne discende che il concetto di slot andrebbe più correttamente inquadrato come una sorta di “semaforo” regolatore che tende in primo luogo ad evitare eccessi di congestionamento sugli scali e come tale risulta assumere i connotati di una necessità dettata dai limiti operativi (numero piste, capacità aerostazione, ecc) dell’aeroporto, ma non di certo da una valenza congenita che abbiamo visto essere inesistente su scali non affollati. Lo slot pertanto nasce e si afferma laddove  vi è scarsezza di disponibilità per ospitare nuovi ospiti e chi già opera, conoscendo questa situazione, si fa pagare da un altro vettore per lasciare libero il “suo” slot.  Una sorta di buonuscita, insomma, come tante che oggi vanno di moda in altri settori: dal mercato immobiliare a quello del lavoro; e sul fatto che questa prassi ormai consolidata abbia attecchito anche in campo aeronautico non troviamo nulla di scandaloso, in quanto è il vettore che già dispone di quello slot che decide di abbandonarlo.
Di questo parere era un convinto assertore anche Bob Ayling, uno dei passati chief executive della British Airways che fu uno dei primi a sollevare il caso quando nelle trattative per ottenere l’immunità antitrust all’accordo con American Airlines, alla British Airways fu richiesto di rilasciare un certo numero di slots sugli scali londinesi ove operava.
A supporto di questa tesi si possono avanzare ulteriori considerazioni. Così come si sono venuti delineando fino ad oggi i rapporti commerciali fra vettori e società di gestione, l’aerolinea oltre a pagare le tariffe per tutti i servizi aeroportuali di cui il suo aeromobile necessita (handling) , è chiamata a pagare al gestore i diritti di approdo e partenza e anche il parcheggio temporale dell’aeromobile secondo tariffe che negli aeroporti congestionati sono più care per le bande orarie  critiche e meno care per le altre bande. In questo scenario chiunque può comprendere come il vettore, tramite i suoi ripetuti pagamenti avvenuti nel corso degli anni, si sia già pagato quello che poi in seguito verrà individuato come slot.
Va pure ricordato che la Commissione Europea da parte sua, quando si è occupata del caso (Direttiva 95/93), non lo ha fatto in base a presunte pratiche di illegalità o aspetti similari, ma solo nell’ambito di permettere, ai vettori che si sarebbero affacciati nell’arena competitiva a seguito della deregulation, libertà di operazioni in particolare sui grandi scali caratterizzati dai cosiddetti grandfather rights. Altra considerazione che rende poco condivisibile la tesi che lo slot apparterrebbe al gestore aeroportuale, è fornita da una analisi di quanto avviene in ambito ATC.
Il problema della congestione, infatti, non riguarda solo gli scali ma si riflette anche, come noto, nei cieli e in particolare nelle aerovie. Anche gli ATC (Air Traffic Control) hanno i loro affollamenti e devono assicurare la ripartizione del traffico rifiutando troppi voli su una medesima direttrice nello stesso arco temporale. Ebbene, volendo prendere per valida la teoria che lo slot aeroportuale appartiene al gestore, si dovrebbe per analogia ammettere che vi è anche uno slot  nei cieli appartenente all’ente che gestisce il traffico aereo. In realtà chiunque può comprendere che si sta parlando di un lasso spazio-temporale che qualora inutilizzato, ad esempio perché quel giorno l’aeromobile previsto non parte, gli enti coordinatori assegneranno immediatamente ad altro operatore nell’ambito di un flusso regolare del traffico.
La tesi che intendiamo sostenere è che stiamo trattando di una “occupazione” di spazio e di tempo che quando usata dall’utilizzatore viene pagata, e non a lui ceduta gratuitamente. Ora, diritto e pratica commerciale sono abbastanza concordi nel ritenere che l’uso ripetuto nel tempo di un bene a fronte di un corrispettivo faccia sorgere, a favore di colui che paga, un certo “diritto” che poi nella consuetudine si è venuto trasformando nella cosiddetta “buonuscita”.
È da sottolineare che nei differenti settori ove la buonuscita è divenuta prassi usuale, questa non spetta al proprietario del bene ma all’utilizzatore dello stesso; ebbene poiché nella fattispecie è addirittura dubbio che vi sia un proprietario, non crediamo possa ritenersi errata la teoria sostenuta da Bob Ayling la quale pertanto ci sentiamo di condividere.

Tabella

I 20 AEROPORTI PIU’ AFFOLLATI
(ANNO 2004- N° Passeggeri)
ATLANTA            83.578.906
CHICAGO (ORD)        75.373.888
LONDRA (LHR)        67.343.960
TOKYO (HND)            62.320.968
LOS ANGELES            60.710.830
DALLAS (DFW)        59.412.217
FRANCOFORTE        51.098.271
PARIGI (CDG)            50.860.561
AMSTERDAM            42.541.180
DENVER            42.393.693
LAS VEGAS            41.436.571
PHOENIX            39.493.519
MADRID            38.525.899
BANGKOK            37.960.169
NEW YORK (JFK)        37.362.010
MINNEAPOLIS            36.748.577
HONG KONG            36.713.000
HOUSTON            36.490.828
DETROIT            35.199.307
BEIJING            34.883.190

Fonte: ACI, dati “preliminari”

UNA SELEZIONE DEI PUNTI SIGNIFICATIVI DEL NUOVO REGOLAMENTO (CE) N° 793/2004
CHE MODIFICA IL PRECEDENTE REGOLAMENTO 95/93

√ È auspicabile seguire la terminologia internazionale e quindi utilizzare i termini “aeroporto ad orari facilitati” e “aeroporto coordinato” invece di “aeroporto coordinato” e “aeroporto pienamente coordinato” rispettivamente.
Gli aeroporti contraddistinti da serie carenze di capacità dovrebbero essere designati come aeroporti coordinati sulla base di criteri obiettivi, dopo che sia stata svolta un’analisi di capacità…

√ Negli aeroporti ad orari facilitati il facilitatore degli orari dovrebbe agire in modo indipendente. Negli aeroporti coordinati il coordinatore svolge un ruolo fondamentale nel processo di coordinamento. Pertanto, i coordinatori dovrebbero essere in una posizione pienamente indipendente…

√ È parimenti necessario chiarire che l’assegnazione delle bande orarie dovrebbe essere considerata come un permesso accordato ai vettori aerei di accedere alle installazioni aeroportuali atterrando e decollando a date ed orari specifici per la durata del periodo per il quale tale permesso è stato concesso. Si dovrebbe valutare l’esigenza di elaborare norme e procedure destinate al coordinamento delle bande orarie aeroportuali e quelle delle aerovie.

√ Tuttavia ai fini della continuità delle operazioni, l’attuale sistema prevede la riassegnazione di slot che dispongano di priorità storica ai vettori aerei già presenti…dovrebbe essere chiarita la situazione dei diritti di anteriorità acquisiti nel caso di esercizio in comune di rotte, di accordi di condivisione di codici (“code sharing”) o di franchising.

√ In un aeroporto coordinato l’accesso per un vettore aereo è possibile soltanto se ha ottenuto l’assegnazione di una banda oraria…
Antonio Bordoni