Il mese di agosto è stato caratterizzato da una serie ravvicinata di mortali incidenti aerei, che ha visto l’enfasi dei mass media focalizzata su falsi obiettivi, trascurandone uno che invece sarebbe stato corretto porre come primo elemento di indagine.
Termini come “carrette del cielo”, charter, lista nera, hanno imperato su tutti i giornali contribuendo a non far capire quali sono i veri nodi sulla safety che riguardano attualmente l’industria aerea commerciale, nodi che sarebbe invece opportuno ricondurre al fattore deregulation.
L’aviazione civile, a dispetto di quanto scritto sui giornali e udito dai telegiornali, i quali con estrema facilità emettono giudizi sommari quanto catastrofici, è un sistema sicuro. Se le cifre hanno un valore, se i numeri hanno più importanza delle chiacchiere non si può non concordare con una tale impostazione.

Nell’anno 2004 le cifre diramate dall’organizzazione ICAO, branca delle Nazioni Unite che si occupa dell’aviazione civile, dicono che i passeggeri che hanno volato nei cieli del mondo sono stati 1 miliardo 800 milioni; di questi 500 sono state le vittime di incidenti aerei. Nell’anno 2005 fino al 31 agosto le vittime di incidenti aerei sono state 658.

Questi sono i dati ufficiali; questa è la realtà con cui ci si deve confrontare prima di allarmare l’opinione pubblica con ipotesi tutte da appurare e con allarmismi che non reggono ad una analisi accurata.

Carrette del cielo, ad esempio, è un termine che potrebbe avere valenza solo se si analizzano compagnie e velivoli, in particolare del settore cargo, che volano nel continente africano e sud americano. Qui troviamo ancora voli effettuati con vecchi aerei di fabbricazione sovietica, o aerei a pistoni costruiti nella seconda guerra mondiale. Altrove, l’uso di tale termine è una voluta, gratuita provocazione.

Per quanto riguarda i servizi charter, va precisato che da quando è partito il fenomeno low cost essi sono venuti perdendo molto del loro appeal  originale in quanto la principale caratteristica di cui si avvalgono, quella del prezzo ridotto rispetto alla compagnia regolare, è un fattore decisamente superato dalle tariffe che vengono oggi applicate dalle low cost-no frills. Sui charter, sarà bene ribadire che non esiste statistica che dimostri una loro maggiore pericolosità rispetto alle consorelle scheduled. Purtroppo su questa categoria, su cui puntualmente si abbattono gli strali all’indomani di ogni incidente, gravano ancora ricordi riferenti ai vettori charter di primissima generazione, anni sessanta-settanta, quando queste aerolinee si avvalevano di aerei “surplus” lasciati dalle regolari che venivano immessi nelle flotte dei vettori a domanda. È da tempo però che il charter ha cambiato completamente identità e le compagnie a domanda che oggi operano in Europa volano con aerei direttamente acquistati dalle fabbriche, e comunque con anni di anzianità non certo superiori a quelli che volano con le livree delle aerolinee regolari.

La lista nera è infine l’apoteosi della stravaganza cui potevano giungere i mass media. Ingenuamente si è fatto credere che nei cassetti delle autorità aeronautiche giacevano, custodite gelosamente e destinate solo a pochi adepti, i nomi delle compagnie pericolose, di quei vettori cioè da bandire dai cieli.  Pura utopia, in quanto esistono liste dove temporaneamente vengono inclusi aerei e compagnie trovate non in regola con gli standard della safety a seguito dei controlli che ogni nazione fa agli aeromobili quando questi toccano gli scali di sua competenza.

Ed è per questo che ogni nazione ha una lista che differisce dalle altre. Chi è addentro al settore sa bene che vi sono stati non pochi eventi, talvolta anche mortali, che hanno coinvolto compagnie aeree di primaria importanza che nessun paese si sarebbe sognato di includere nella sua lista. Questo particolare da solo “smonta” tutto il caso e rende assai discutibile l’atteggiamento dei molti enti aeronautici che hanno voluto cavalcare la richiesta avanzata a furor di popolo di rendere pubblica la famosa lista, la quale comunque, laddove è stata divulgata, non poteva non lasciare tutti insoddisfatti.

Su questo argomento va precisato che anche qualora si arrivasse alla lista unificata europea, questa sarebbe di assai dubbia utilità per “saggiare” la pericolosità di una determinata aerolinea, volendo con ciò intendere la probabilità che ha un passeggero di rimanere vittima di un incidente.
Si è parlato anche di bogus parts , di quel commercio clandestino di parti di ricambio, più economiche (ma meno affidabili), che può costituire un pericolo alla sicurezza dell’aeromobile.

Dal dopoguerra ad oggi l’unico caso appurato di incidente mortale imputabile ad una tale causa è quello occorso l’8 settembre 1989 ad un Convair 580 della compagnia norvegese Partnair che durante la manutenzione aveva installato bulloni definiti  substandard.  Come ha peraltro precisato Peter Goeltz, che per anni ha guidato l’autorità nazionale dei trasporti USA, nell’ambito del servizio ove si è parlato di questo argomento “personalmente non ho mai trovato prove di incidenti causati da parti falsificate”

Questo problema tuttavia merita senz’altro l’attenzione delle autorità in quanto non è accettabile che vengano messe in libera vendita parti di ricambio non originali che potrebbero dare problemi all’aeromobile.
Precisato quanto sopra vorremmo invece passare alla deregulation ed ai problemi che essa ha innescato.

Quando nel passato le autorità aeronautiche, di qualsivoglia nazione, avevano da controllare vettori di linea il cui numero  raramente superava le dita di una mano, questi controlli lasciavano ben poche possibilità di deviazione dagli standard di sicurezza. Con la deregulation lo scenario è completamente cambiato. Un numero inusitato di compagnie vola nei cieli di tutto il mondo a seguito dell’avvio della deregulation la quale, sarà bene rammentarlo, ha significato la possibilità per i vettori comunitari di aprire nuove linee senza più il vincolo degli accordi bilaterali. In un tale scenario, e questo ha riguardato non solo l’Europa, un numero crescente di vettori è apparso sulle scene.

Nell’anno 1989, con deregulation già attivata negli USA e ancora da venire in Europa, il documento ICAO (8585) che elenca tutti i vettori operanti nel mondo comprendeva, su 40 pagine, un totale di circa 2300 vettori. Ebbene la corrente edizione riporta su 103 pagine, oltre 5500 aerolinee.
In queste condizioni il lavoro di controllo delle autorità aeronautiche si è fatto davvero improbo, fatto questo facilmente riscontrabile anche dal rateo di crescita del numero degli aeromobili in servizio riportati nella tabella allegata.

L’IMPRESSIONANTE AUMENTO DEGLI AEROMOBILI IN CIRCOLAZIONE

JET        Turbo-prop        Pistoni        Totale

1975        5.140        1.510            1.460        8.110
1980        6.240        1.450            1.010        8.700
1985        7.040        1.590            740        9.370
1990        9.410        2.290            540        12.240
1995        1.2450        3.270            370        16.090
2000        1.6045        3.267            157        19.469
2003        1.6668        4.056            153        20.877
2004        17.895        3.910            138        21.943

La deregulation quindi, avviata per dare più concorrenza in campo tariffario, ha trasformato lo scenario aeronautico internazionale in un vero e proprio caos dei cieli con un numero eccessivo di vettori circolanti. Il fenomeno ha trovato anche un sponda di appoggio dal ruolo crescente che riveste il vecchio “aerodromo” trasformatosi in impresa aeroportuale, la quale ha bisogno di vedere scendere sulle sue piste il più alto numero di aerei e di passeggeri.
Bisognerà quindi iniziare a chiedersi, anche tenendo conto della scarsità degli slots disponibili, quanto sia opportuno che le aerolinee si moltiplichino a dismisura prendendo il volo anche in presenza di scarso capitale iniziale (solidità finanziaria) e di flotte ridotte all’osso le quali immancabilmente significano disagi per l’utenza.
Ed è davvero paradossale che la richiesta più che legittima circa la necessità che il passeggero sappia con quale compagnia volerà, venga sempre puntualmente tirato in ballo all’indomani di un incidente aereo, mentre ancora oggi accade che a causa del fenomeno dei code sharing, chi acquista un biglietto aereo convinto di volare con una certa aerolinea,  trovi all’aeroporto aereo e equipaggio di tutt’altra compagnia!

Antonio Bordoni