23 maggio – 12 novembre 2009. Rivivono le passioni di un collezionista colto e raffinato: opere di pittori di prima grandezza riportano ai fasti seicenteschi un’antica dimora. Il sogno di bellezza del Cardinale Giambattista Pallotta, fine politico della Roma barocca e Legato Pontificio in Emilia, fa splendere Caldarola, autentico gioiello di architettura e urbanistica, con la ritrovata luce della pittura di Caravaggio, Guido Reni, Guercino, Mattia Preti, Giovanni Lanfranco, Carlo Maratta, Domenichino, Annibale e Ludovico Carracci. Ridare dopo quattrocento anni un volto, una forma e un cuore a una “scomparsa” collezione di mirabili dipinti, resa preziosa dalla presenza di grandi nomi della pittura barocca e ammirata al tempo dalla regina Cristina di Svezia e dal principe Casimiro di Polonia. Una collezione dispersa e smembrata dagli eredi per sanare la grave situazione debitoria che premeva alla morte del suo creatore, il Cardinale Giambattista Pallotta, avvenuta nel 1668. Non è una storia come tante, quella presentata al pubblico da una nuova prestigiosa mostra curata da Vittorio Sgarbi a Caldarola (Mc), che si annuncia come un evento espositivo di prima grandezza nell’ambito dell’offerta di una regione, le Marche, sempre più attenta alla valorizzazione del suo patrimonio artistico, storico e culturale.
La mostra “Le stanze del Cardinale. Caravaggio, Guido Reni, Guercino e Mattia Preti per il Cardinale Pallotta”, il cui Comitato Scientifico è presieduto da Denis Mahon e vede presenti tra gli altri Lorenza Mochi Onori, Livia Carloni, Stefano Papetti, con il coordinamento di Liana Lippi, è promossa dal Comune di Caldarola in collaborazione con la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle Marche e il contributo di Regione Marche, Provincia di Macerata e Fondazione Carima. La mostra si tiene inoltre sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’evento è destinato a fare di Caldarola un nuovo un nuovo, intrigante “caso” artistico, dopo il successo, nel 2007, dell’esposizione dedicata a Simone De Magistris.
“Dal punto di vista della curiosità, dell’originalità e dell’importanza, questa mostra sarà un evento travolgente, di portata internazionale straordinaria – dichiara Vittorio Sgarbi -. Per la levatura dei pittori e per il sentimento di risarcimento che la muove, questa iniziativa è una delle più importanti mai fatte nelle Marche. Enorme è la soddisfazione di vedere tornare capolavori di maestri come Caravaggio nel luogo dove sono stati ospitati per la capacità formidabile del gusto collezionistico della famiglia Pallotta. Tutta l’Italia potrà vedere nelle Marche e in Caldarola un luogo dell’anima, dove ritrovare alcune tra cose straordinarie che l’arte italiana ha prodotto”.
Non è una quadreria come tante, quella che ha allietato le giornate del Cardinale Giambattista Pallotta nella sua superba dimora caldarolana, che fa ora da preziosa cornice all’esposizione così come era nell’antichità scrigno di tesori pittorici. A fare la differenza rispetto alle normali vicende dell’evoluzione delle collezioni d’arte storiche è il calibro dei pittori amati dal porporato, i maggiori artisti del Seicento, che vengono riuniti grazie a un attento lavoro di ricerca documentaria effettuata a Roma, Bologna e Caldarola e fatti rivivere grazie a importanti interventi di restauro, per restituire al pubblico di oggi il fasto di una stagione artistica di eccellenza.
A fare da collante fra le varie figure ed esperienze pittoriche che si ritrovano ad abitare le stanze di una memoria collezionistica finalmente ricomposta, si intravede il sogno di grandezza di un Cardinale, fine politico della Roma barocca e Legato Pontificio in Emilia. Raffinato e colto collezionista di opere d’arte, che amava il bello, il fine mecenate creò una piccola Roma in provincia di Macerata, tra antichi castelli e dolci colline verdeggianti, facendo di Caldarola un centro nevralgico della cultura manierista marchigiana. I dipinti commissionati dal mecenate ai più apprezzati artisti del suo tempo erano amorevolmente riuniti in una quadreria che impreziosiva il palazzo di Caldarola, simile a una vera e propria corte principesca, facendone uno dei pochi edifici marchigiani in grado di rivaleggiare, per il fasto e la ricchezza degli arredi, con i palazzi principeschi dell’Urbe. Grazie alla prodigalità del Pallotta, il palazzo di Caldarola ha ospitato illustri personaggi che percorrevano la strada fra Roma e Loreto, meta nel Seicento di pellegrinaggio: a sostare nelle stanze del Cardinale e ad ammirare la sua splendida collezione sono stati, tra gli altri, la regina Cristina di Svezia, il principe Casimiro di Polonia e i cardinali Barberini.
L’assetto originale della collezione contava più di cinquanta dipinti che la mostra riporta a Caldarola nella seducente cornice del Palazzo dei Cardinali Pallotta. Laddove non è stato possibile individuare con certezza le opere effettivamente appartenute al prelato marchigiano, si è scelto di esporre tele del medesimo autore e dello stesso soggetto di quelle elencate negli inventari, al fine di restituire al visitatore la suggestione dell’intera raccolta.
Sono oltre sessanta le opere in esposizione, prestate da vari musei e collezioni private italiane e straniere. Fra tutti si distinguono i pennelli di Caravaggio, Carlo Maratta, Giovanni Lanfranco, Mattia Preti. Di Caravaggio la raccolta Pallotta vantava due dipinti da stanza, un san Francesco e una Maddalena, lascito arrivato probabilmente al nipote dal Cardinale Evangelista, che ebbe dei rapporti con Caravaggio per la realizzazione della “Madonna della serpe” per la Basilica di San Pietro.
La raccolta Pallotta illustra, inoltre, in modo esauriente gli sviluppi della scuola seicentesca bolognese, con la quale il colto e brillante protettore di artisti intratteneva uno stretto rapporto in virtù della sua attività di diplomatico papale a Ferrara. Tornano ad animare le stanze del Cardinale pittori come Guido Reni, Annibale e Ludovico Carracci, Guercino, Domenichino, Elisabett Sirani.
A permeare la collezione è anche un gusto raffaellesco, di cui sono testimonianze importanti alcune copie del Maestro urbinate e la presenza di straordinarie pitture di Benvenuto Garofalo. Oltre a una figura di spicco della pittura marchigiana come Giovan Francesco Guerrieri, degne di menzione sono anche tele di Giovan Battista Salvi detto Sassoferrato, Gaspar Dughet, Girolamo Muziano, Girolamo Buratti, Jan Gerritsz Van Bronckhorst, Simone Cantarini detto Il Pesarese, Alessandro Tiarini, Pietro Paolo Bonzi, Francesco Bassano, Denis Calvaert.
Un’impegnativa campagna di restauri ha restituito alle tele una migliore condizione di leggibilità. Fiorisce di nuova freschezza, per esempio, la “Madonna in gloria” di Carlo Maratta, opera conservata nelle Marche, della chiesa dei Caracciolini di San Ginesio. Si fa ammirare, inoltre, con occhi nuovi in virtù di un completo restauro anche la grande tela di Guercino raffigurante la “Cacciata dei mercanti dal tempio”, in prestito dalle raccolte comunali genovesi di Palazzo Rosso, dove è confluito un nucleo consistente dei dipinti Pallotta, passati già nel Seicento presso la collezione dei conti Grassi di Bologna e successivamente in quella dei marchesi Brignole Sale di Genova. In quest’opera di Guercino, nel flagello con cui Gesù allontana i profanatori del luogo sacro, può cogliersi un riferimento diretto allo stemma del cardinale. Giunge sempre da Genova anche il dipinto di Mattia Preti scelto come immagine simbolo della mostra, la “Liberazione di Olindo e Sofronia”; il tema è tratto dal canto 11 della Gerusalemme Liberata, che rivela l’interesse del dotto Pallotta per i soggetti letterari nei quali si esprime il compiacimento per la bellezza muliebre.
Non una sede qualsiasi quella della mostra, come si diceva, bensì un eccezionale gioiello architettonico di Caldarola, un Palazzo in cui attraverso il linguaggio pittorico e architettonico si esprime lo spirito della Controriforma. Uno spazio di straordinario fascino nel cui impianto architettonico è disegnata la stessa piazza antistante in un’ideale composizione, armonica ed unitaria, un complesso di eccezionale rilievo ulteriormente esaltato dalla mostra stessa. Splendida la Stanza del Paradiso, la cui frescatura continua ad animare dibattiti e querelle sull’attribuzione. Un piccolo gioiello quasi nascosto e remoto, luogo di meditazione del Cardinale, dove la realtà si sublima nella favola: un paesaggio altamente lirico con una flora e una fauna esotiche e scene di caccia animate da cavalli impennati, levrieri, volatili, cacciatori. Colori vivi, festoni e puttini animano una narrazione vivace e piena di slancio, per molti versi ispirata alla decorazione di Palazzo Farnese a Caprarola e che lascia intravedere non poche citazioni dal Cavalier D’Arpino.