IBAR (Italian Board Airline Representatives) contesta il progetto del governo di determinare le tariffe aeroportuali a Roma e a Milano al di fuori delle regole fissate per tutti gli scali nazionali. L’art. 34 bis del disegno di legge di conversione del decreto ”anticrisi” prevede infatti per gli aeroporti con più di 10 milioni di passeggeri annui una deroga alle norme e procedure vigenti per determinare le loro tariffe.
Le procedure vigenti, emanate dal CIPE nel 2007, prevedono un sistema di calcolo per incentivare l’efficienza, evitare sprechi e nel contempo dare un’adeguata remunerazione al capitale investito per consentire lo sviluppo degli scali, che sono, occorre ricordare, monopoli naturali.
Non ha senso derogare da regole così logiche per favorire un sistema più discrezionale, sostiene IBAR; la delibera CIPE, pur perfezionabile in alcuni dettagli ha avvicinato l’Italia all’Europa; ora si vuole tornare indietro.
IBAR si domanda come potrà l’ENAC regolamentare la materia senza applicare la delibera CIPE, senza cadere in trappole di discrezionalità che creerebbero confusione e incertezza per tutti.
Peraltro, la recente direttiva dell’Unione Europea impone che le tariffe aeroportuali debbano essere regolamentate in modo autonomo e trasparente, in consultazione con le compagnie aeree.
Il provvedimento per aumentare le tariffe dei più grandi aeroporti d’Italia arriva contestualmente con l’esortazione dell’AEA, l’associazione che raggruppa le principali compagnie aeree europee a non aumentare le tariffe aeroportuali proprio quando le compagnie aeree stanno affrontando uno dei periodi più difficili della storia del trasporto aereo.
“Le compagnie aeree non aumentavano le tariffe quando investivano; è evidente che la crescita delle attività deve sostenere gli investimenti. Se gli aeroporti hanno buoni piani, non dovrebbero avere difficoltà nell’attrarre investitori” ha detto Ulrich Schulte-Strathaus, Segretario Generale dell’AEA; “Un buon piano strategico dovrebbe portare ad un aumento del traffico che comporti tariffe più basse, non più alte”.
IBAR auspica che il parlamento respinga l’articolo 34bis e scelga di difendere l’interesse collettivo invece di cedere alle istanze di ADR e SEA.
IBAR
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