Antonio Bordoni.jpg piccolaL’anno 2009 si chiude con un pessimismo diffuso su tutta la filiera dell’industria trasporto aereo commerciale, dalle aerolinee agli aeroporti, dagli agenti di viaggio al passeggero a causa della perdurante crisi economica. Della tanto agognata uscita dal tunnel, più volte annunciata come imminente, non si vede traccia concreta e malgrado gli annunci dei risparmi fatti su più fronti, i conti delle aerolinee continuano a peggiorare. Vediamo in dettaglio i fatti salienti che hanno contrassegnato l’anno che ci stiamo lasciando alle spalle.

Per gli agenti di viaggio il 2009 è stato caratterizzato dalla disdetta del contratto, con cessazione di portafoglio e contestuale uscita dal mercato cauzioni, della società che aveva assicurato il rilascio e il mercato delle fideiussioni richieste dalla Iata. La notizia è stata diffusa a settembre e la copertura assicurativa verrà a scadere il 31 dicembre. Due i principali motivi del ritiro della compagnia assicurativa, il testo della fideiussione richiesto dalla Iata eccessivamente vincolante e il numero, anch’esso eccessivo, di casi di default.

L’alternativa immediata era quella di un ricorso alla copertura bancaria, ma il costo di una fideiussione è assolutamente inavvicinabile.

L’uscita di Mondial Assistance dalla scena è l’epilogo scontato di una vicenda dai molti aspetti trascinati negli anni e mai risolti.

Per quale motivo si è voluto lasciare il pagamento a cadenza mensile?  Si sa che più lungo è l’estendersi del periodo “scoperto” più aumenta il volume delle vendite, più alta è la richiesta di una copertura a garanzia. Siamo certi che molti agenti sarebbero disposti a pagare a frequenze più ravvicinate pur di non venir gravati da eccessivi oneri bancari o assicurativi per garantire eventuali scoperti.

Ricordiamo che quando venne presentato anni addietro un sistema alternativo al Bsp, che poi purtroppo non riuscì a decollare, fra i punti che lo caratterizzavano vi era quello che prevedeva l’incasso di una piccola cifra per ogni emissione la quale sarebbe servita a formare un fondo di garanzia per far fronte a eventuali casi di default. Un’idea niente affatto malvagia che nessuno ha mai approfondito.

Infine quello che proprio non si comprende è per quale motivo la Iata finge di ignorare la difficoltà nel trovare altre società disposte a farsi avanti,  e non si fa carico lei stessa di proporre una via alternativa, invece di inviare circolari nelle quali viene ricordato che nel caso la nuova garanzia non risulti pervenuta entro una certa data, si procederà alla sospensione del contratto con contestuale inibizione della ticketing authority.

Insomma un capitolo non edificante che giunge in un momento decisamente critico, ma di ciò la Iata non sembra troppo preoccuparsi; evidentemente a Ginevra credono che le aerolinee per riempire i loro aerei possono ormai fare a meno delle agenzie.

E volendo rimanere nel campo delle modalità di pagamento è da annotare come anche le compagnie aeree abbiano avuto la loro doccia fredda allorché a fine novembre si sono viste recapitare  una raccomandata nella quale un primario veicolo di vendita a credito avvertiva che nel giro di 30 giorni il contratto sarebbe cessato.

Nel momento in cui scriviamo sono in corso febbrili consultazioni per evitare che una delle modalità di pagamento più usate, e fra l’altro obbligate dal momento che molti acquisti di biglietti vengono fati direttamente sui siti web delle aerolinee, venga interdetta.

Motivo della decisione? Si dice – ma non si ha conferma – che il fallimento di alcuni vettori abbia comportato un doppio esborso, il primo allorché si è accreditata l’aerolinea, il secondo quando il passeggero, che aveva acquistato il biglietto senza poter volare, ne ha richiesto il riaccredito.

Indipendentemente da come questa storia si risolverà, anch’essa è un segno di quanto sia caduto in basso il settore delle compagnie aeree. Fallimenti e chiusure ci sono sempre stati, ma mai ci si era permessi di colpire non la singola aerolinea, ma l’intero comparto.

Di certo, se anche alle aerolinee venissero assegnati i rating  che si danno alle società quotate in borsa, alla maggioranza di esse verrebbe assegnata la tripla Z, tanto il loro prestigio è ormai ridotto a zero.

Facendo di recente il punto della situazione Giovanni Bisignani, presidente della Iata, ha ricordato che dal 2001 le aerolinee hanno perso 53 miliardi di dollari Usa, nel solo 2008 16,8 miliardi. Si prevede di chiudere il 2009 con 11 miliardi di dollari di perdite mentre per il 2010 le stime prevedono un rosso di 3,8 miliardi.

Il prezzo del barile del petrolio viene additato quale principale artefice di questi risultati, il comunicato dice testualmente che “questo costo è completamente fuori del nostro controllo” ma forse qualcuno dovrebbe ricordare alla Iata che quando le compagnie fanno pagare le fuel surcharges, con questo incasso aggiuntivo esse dicono di dover far fronte alle impennate delle quotazioni del greggio.

Comunque grazie all’aviazione, e soprattutto alle compagnie aeree che continuano però a perdere soldi, il numero passeggeri che nel 2001 era sceso a 1.6 miliardi, nel 2009 dovrebbe attestarsi sui 2.2  ciò significa che i passeggeri non mancano, ma evidentemente essi migrano con sempre maggior frequenza verso le low cost.  La Ryanair quest’anno supererà i 60 milioni di passeggeri  e si confermerà la numero uno in Europa per numero passeggeri internazionali sia pur ricordando che la tipologia di traffico coperta riguarda il solo medio-corto raggio. Sarebbe pertanto il caso che le compagnie tradizionali ormai prendessero atto che i collegamenti short-haul sono controllati dalle low cost e focalizzassero i loro sforzi sui servizi a lungo raggio. A Fiumicino di recente hanno fatto festa perché è stato inaugurato un volo diretto per l’India, peccato però che il collegamento in questione non era svolto né da un vettore italiano, né da un vettore indiano; si trattava della China Airlines, un vettore quindi che opera in quinta libertà. C’è da chiedersi per quale motivo i vettori italiani che dispongono di aerei per il lungo raggio se ne servono solo per collegare  le destinazioni delle vacanze e mai quelle d’affari. Recentemente l’amministratore delegato di Alitalia, Rocco Sabelli, ha riesumato la polemica dei sussidi dati alle low cost; certo anche questo è un argomento da analizzare, ma ormai, visto il consolidarsi di questa tipologia,  sarebbe prioritario innanzitutto dare una impronta aziendale ben definita alla propria aerolinea. Ciò perché nell’attuale scenario non c’è futuro per compagnie di ibride e modeste dimensioni, ovvero di vettori che pretenderebbero di coprire il corto e il lungo raggio come si faceva una volta. Ciò che serve è la specializzazione su un mercato definito, prendendo atto che sul corto raggio ormai il passeggero preferisce il volo low cost o l’alta velocità ferroviaria: in ogni caso il tempo delle rotte d’oro Roma-Milano o Madrid-Barcellona è alle nostre spalle.

Per quanto riguarda passeggeri e aeroporti, a parte i soliti disservizi  e ritardi, entrambi sono legati da qualcosa in comune: i primi pagheranno più tasse nell’acquisto dei biglietti aerei le quali tasse finiranno nelle casse degli aeroporti; quest’ultimi preso atto che non era il caso di chiedere aumenti alle compagnie aeree, hanno pensato bene di rivolgersi al passeggero che calpesta il loro suolo per imbarcarsi.

 

Antonio Bordoni