Nel mondo della finanza, degli affari, dell’economia l’oggi non esiste più. Ormai esiste solo il domani e le previsioni per ciò che avverrà, e guarda caso quest’ultime sono generalmente improntate all’ottimismo. Se ciò avviene è perché, andando l’oggi sempre puntualmente male, raccontando che il domani sarà meglio, ci consoliamo e soprattutto riassicuriamo i mercati.

Questo modus operandi è ormai adottato da tutti, dai governi allorché si accorgono che il bilancio  non ha rispettato le aspettative, ma in compenso si prevede per l’anno futuro di…, e ovviamente dalle aziende le quali in presenza di conti in rosso, avvertono che il prossimo bilancio andrà meglio.

Insomma è un po’ come il famoso cartello di Paperon de Paperoni “oggi non si fa credito, domani si.”

L’Alitalia, le sue previsioni, e i suoi conti rispettano in pieno questa procedura.

La nuova Alitalia nasceva nel gennaio del 2009 dopo un travagliato parto con una novità di tutto rilievo costituita dall’accorpamento di AirOne.

Contrariamente alle aspettative della deregulation che voleva più vettori porsi in concorrenza, anche da noi così come d’altra parte già era avvenuto in Francia e nel Regno Unito, alla fine il principale vettore di bandiera ha finito per fagocitare il maggior concorrente. Un giorno qualcuno  dovrà pure occuparsi di tirare le somme del fallimento di quella rivoluzione dei cieli chiamata deregulation.

Già il particolare di essersi sbarazzato di un concorrente, era un punto di vantaggio per la nuova compagnia che comunque aveva avuto quali regali di nozze ben altri sostanziosi aiuti, come ad esempio la sospensione della normativa antitrust e il prestito ponte di 300 milioni di euro.

Ma crediamo davvero che uno dei punti principali da ricordare sul decollo facilitato sia quello riguardante la valutazione di Air One da parte dell’acquirente, che a quel tempo si faceva chiamare Cai.

AirOne venne valutata 790 milioni, contro i 1052 pagati per Alitalia, al netto dei debiti di quest’ultima rimasti in capo alla “bad company”.  Ma la compagnia del Gruppo Toto aveva un fatturato che si aggirava intorno al 20% di quello di Alitalia, e dei 790 milioni di valutazione, 300 milioni erano in contanti, ma 490 si riferivano ai debiti; tenendo conto di ciò si fece presente da più parti che i casi erano due: o Alitalia era stata sottostimata , o AirOne era stata sopravvalutata.

Questi particolari sono ben noti agli italiani, ma oggi essi vanno ricordati e sottolineati, perché

una cosa è nascere dalle ceneri, e tutt’altra cosa è invece partire da condizioni agevolate, per poi apprendere che il ritorno all’utile è stato prorogato di un anno ed ora è previsto per il 2012, anziché il 2011. Tutto ciò, se confermato, non contribuisce certo a fornire un quadro rassicurante della situazione Alitalia.

La notizia del rinvio è stata data dal quotidiano “Il Messaggero” in data 14 maggio scorso. Alitalia rivede il piano Fenice dell’estate 2008. E rinvia di un anno, al 2012, il ritorno all’utile. Due giorni fa durante il consiglio che ha approvato la trimestrale, secondo quanto risulta a Il Messaggero, Rocco Sabelli avrebbe spiegato che senza incidere sui pilastri del progetto Cai che ha consentito il rilancio della compagnia di bandiera, l’imprevista e pesante congiuntura macroeconomica e di settore costringe a fare alcuni aggiustamenti di carattere strategico (posizionamento di mercato, network, piano flotta) influendo sul profilo economico-finanziario del piano.”

Ricordiamo che il cosiddetto “Piano Fenice” prevedeva un lock-up di cinque anni, nel senso che gli azionisti prima del 2013 non potranno vendere le loro azioni e uscire dalla compagnia.  Prima di questa data i soci della cordata tricolore pensavano però di cominciare a fare profitti, infatti se il Progetto Fenice, così come era stato definito dall’advisor del Governo Intesa Sanpaolo, andava in porto  centrando gli obiettivi prefissati, la nuova Alitalia, ripulita di debiti ed esuberi, sarebbe dovuta tornare all’utile appunto nel 2011.  Il piano prevedeva anche  il raggiungimento di un Ebit di circa 250 milioni su un fatturato di 5 miliardi di euro nel 2013.

Nel corso di una intervista rilasciata il 20 aprile 2010 al quotidiano “La Repubblica” Rocco Sabelli, amministratore delegato di Alitalia, aveva dichiarato  che la compagnia aerea italiana ha resistito meglio alla crisi che ha colpito il settore negli ultimi giorni a causa dell’eruzione del vulcano in Islanda, precisando che l’attività operativa era in linea con i target fissati, che prevedevano per l’appunto il pareggio operativo nel 2011.

Se la notizia de Il Messaggero trovasse conferma, ciò significa che in  meno di un mese le previsioni sull’atteso pareggio sono già cambiate. Lo ripetiamo: accettando tutte le attenuanti di congiunture macroeconomiche che dir si voglia, da un vettore che è partito  da posizione definite non a caso “blindate” sarebbe stato lecito aspettarsi per lo meno il rispetto dei tempi e obiettivi previsti dal piano di lancio.

Antonio Bordoni