Ormai è una prassi ricorrente. Sempre più spesso su quotidiani e settimanali si possono leggere ampi servizi che richiamano l’attenzione dei lettori su trucchi e tranelli che si nasconderebbero dietro l’acquisto via Internet dei biglietti dei vettori low cost. Il messaggio che si vuol diffondere è che al di la della allettante tariffa-specchietto, in realtà poi il totale finale da pagare è assai differente. Così dopo aver lodato a più non posso il modello no-frills ora inizia una controtendenza, quella cioè di criticarlo in uno dei suoi aspetti fondamentali che è proprio il riuscire a far revenue non tanto sulla tariffa, quanto piuttosto su tutti gli ammennicoli che accompagnano l’acquisto.

Diciamo subito che il fenomeno è nato low cost ma è ormai diffuso su tutti i fronti prova ne sia che pochi giorni or sono la multa comminata dall’Autorità italiana alla concorrenza non era diretta né a Ryanair né a EasyJet cioè ai due vettori simbolo del low cost in Europa.

Allora forse bisognerebbe prendere atto che i cosiddetti “tranelli” non è che riguardino tanto il biglietto dei vettori low cost, quanto piuttosto il fatto di aver voluto chiudere tutte le agenzie passeggeri, non aver privilegiato le vendite tramite adv, per puntare in via primaria ed esclusiva al canale telematico.

Di certo se la stessa identica tariffa con tutti i suoi corollari venisse proposta da un impiegato della aerolinea seduto dietro ad un banco o da un agente di viaggio, nessuno di noi, né tanto meno le associazioni consumatori, avrebbero presentato esposti alle Autorità per la concorrenza.

E’ infatti il meccanismo di vendita via rete il vero imputato da mettere sotto accusa; è tramite esso che prende forma l’illusione di far credere al consumatore che egli sta acquistando la tariffa più conveniente, fatto questo tutto da dimostrare.

Tutti sappiamo bene come funziona Internet: la vetrina è costituita dalla tariffa base che appare sulla prima schermata, ma mentre quando si acquistava un biglietto avendo di fronte un impiegato si sapeva subito quale totale si sarebbe dovuto sborsare, via Internet ciò è possibile solo dopo diversi passaggi, fino ad arrivare alla fatidica commissione per il pagamento con carta di credito, vera e propria presa in giro per il consumatore.

Come sappiamo infatti quest’ultima spesa, che costituisce la ciliegina sulla torta dell’intera operazione, è ben lungi dall’essere un optional avendo un suo costo predeterminato noto al vettore.

Essa potrebbe pertanto senza alcuna difficoltà venir inclusa nel corpo della tariffa stessa;

sono i vettori, in base agli accordi con le banche che materialmente emettono le carte di credito,  che determinano i costi di commissione i quali, lo ripetiamo, sono un elemento dal valore predeterminato.

Di certo è paradossale che se si acquista qualunque prodotto in qualunque negozio pagando con la carta di credito, il prezzo della merce esposto in vetrina rimane invariato senza subire alcuna maggiorazione, mentre se l’acquisto viene fatto via Internet con il venditore cioè che non ha impiegati da remunerare e magari incassa pure importi di tutto rispetto per i banner pubblicitari che appaiono sul suo sito,  allora il prezzo del prodotto “in vetrina” debba venir maggiorato in quanto si è pagato con carta di credito.

 

Ora l’appunto fatto dall’Antitrust è che «è scorretto non includere nel prezzo dei biglietti aerei la commissione per il pagamento con carta di credito, applicando tale costo aggiuntivo – spesso di importo rilevante – al termine del processo di prenotazione» , ma dubitiamo che ciò possa portare ad una completa trasparenza del prezzo finale.

E nell’affermare ciò basterebbe ricordare la scandalosa, irrisolta questione delle YQ.

 

Soprattutto oggi che ha preso piede l’acquisto telematico è indispensabile che la tariffa del biglietto aereo sia ricondotta nell’ambito di un costrutto logico: tutte quelle voci che vanno in ogni caso pagate, debbono entrare nella tariffa che viene proposta in vetrina; possono invece essere lasciate fuori tutte le charges che veramente, sottolineiamo veramente, rappresentano una libera scelta facoltativa del passeggero.

E’ chiaro -tanto per fare un esempio- che il pagamento con carta di credito non è affatto un optional facoltativo, ma una necessità.

 

Come per la sanità si è creato il termine di mala-sanità, così per l’aviazione commerciale si potrebbe ben parlare di mala-aviazione in quanto l’intero comparto ha ormai  scarso rispetto verso il cliente, i suoi problemi e le sue esigenze.

E forse la prova più evidente di queste affermazioni, a parte le multe periodicamente comminate, è costituita dalla pubblicazione e dai continui aggiornamenti della cosiddetta “carta dei diritti”.

Ma qualcosa si sta muovendo a Bruxelles. Anche qui infatti sono arrivate le lamentele dei consumatori  e la Commissione sta valutando la proposta “One flight, one price” , si cercherà cioè di limitare al massimo l’applicazione da parte dei vettori di sovrapprezzi aggiuntivi che falsino il dato di partenza.

Il fatto tuttavia che per far rispettare quelli che sono elementari diritti si debba far ricorso alle autorità mentre nessun vettore ritiene opportuno autoregolarsi, è un sintomo decisamente eloquente di come l’intero comparto dell’aviazione commerciale sia sceso a bassi livelli di qualità.

Antonio Bordoni