Di Cecilia Emiliozzi.

Andare al cinema, al supermercato, all’ufficio postale, a scuola o in vacanza. Oppure semplicemente uscire da casa e muoversi nel quartiere. Cose normali, ma soltanto quando è con la norma che si devono fare i conti. Quando invece una disabilità cambia le regole del vivere quotidiano ed esige qualche supporto, anche salire o scendere un solo gradino può diventare un’impresa straordinaria. E non è questione di leggi che mancano.

Come spesso accade nel nostro paese le leggi non mancano affatto: rispettarle è però un altro paio di maniche. Siamo un popolo che aderisce ai principi generali ma tende a considerare il proprio caso sempre “particolare”.

E allora se in linea di massima pensiamo sia giusto pagare le tasse, non ci tiriamo indietro di fronte alla possibilità di evadere le nostre, e se ci indignano le barriere architettoniche non consideriamo la fine del mondo parcheggiare la macchina in un posto riservato. Siamo fatti così.

Toprural, portale che fornisce informazioni sugli agriturismi italiani ed europei, si è posto il problema del rapporto fra strutture ricettive e disabilità, con una attenzione particolare al mondo che conosce. 

Con i dati che aveva a disposizione ha indagato le caratteristiche degli agriturismi per verificare il loro livello di accessibilità. E’ emersa una interessante analisi comparata che fa riferimento soprattutto alla diversa collocazione geografica. 

Le situazioni cambiano in relazione al luogo in cui ci si trova, è vero, ma mediamente il dato generico è allarmante: su un campione di quasi 11.000 strutture prese in esame (10.958, precisamente), pari al 51% circa della totalità delle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, solo il 17,8% dichiara di poter offrire ospitalità adeguata ai disabili.

Praticamente meno di un agriturismo su 5 in Italia è in grado di accogliere persone con handicap fisici.

Entrando nel particolare, Friuli e Basilicata vantano le percentuali più alte di agriturismi “a norma” su scala regionale, mentre Umbria e Toscana (rispettivamente con il 19,4% e con il 13% ) possiedono la percentuale più alta a livello nazionale.

Ci sono anche casi di sorprendente inadeguatezza: il rigoroso Trentino, ad esempio, ha in regola solo 65 strutture su 841, ovvero uno scarsissimo 7,7%, il peggior risultato nazionale. 

E’ seguito dalla Calabria con un altrettanto poco dignitoso 9% .Va precisato che la ricerca ha coinvolto tutte le regioni italiane tranne il Molise, per mancanza di dati. Insomma se l’ospitalità è regolamentata (legge quadro n°6 del 2006), le regole non sono applicate.

Costume diffuso e nazionale, che si riflette anche a livello regionale. A farne le spese, altro classicissimo di casa nostra, le categorie più deboli.

Per approfondire lo studio di Toprural, si può cliccare sul sito www.toprural.com.

Cecilia Emiliozzi