Vi è molta somiglianza fra ciò che accade nelle normali riunioni di condominio che tutti noi conosciamo e quanto è accaduto a Singapore all’ultima riunione della Iata. Allorchè il nostro condominio si riunisce i partecipanti approvano tutto con silenziosi mugugni, nessuno fiata e vi è un completo e incondizionato annuire alle varie voci del giorno che vengono sviscerate. Nella migliore delle ipotesi ciò significa che nessuno ha capito niente di cosa si sta parlando e non trova nulla di meglio che tacere e quindi approvare. Ma….ogni tanto accade che c’è qualcuno che sa, che ha le idee chiare sull’argomento in oggetto, solleva la mano, chiede la parola, ed è allora che inizia il bello della riunione.
Viene sollevata una obiezione, viene chiesto un chiarimento e improvvisamente accade che tutti i partecipanti sembrano svegliarsi dal sonno cui erano immersi e, senza alcun ritegno per il fatto che fino ad allora tutto era stato approvato, iniziano anche loro ad accodarsi alla richiesta fatta dal condomino “rompino”. E già perché altro particolare ricorrente è che se c’è qualcuno che vuol sapere e chiede un minimo di chiarezza, questo qualcuno passa per essere un pignolo o un polemico.
A Singapore il 6 giugno scorso si era aperta la 67esima AGM della Iata, durata 3 giorni, la quale proseguiva nei normalissimi binari della ovvietà con le solite notizie finanziarie del tipo “no single action will be a panacea for four decades of 0,1% average net profitability” ; Giovanni Bisignani dopo dieci anni di conduzione si accingeva a passare il testimone a Tony Tyler, ceo di Cathay Pacific, tutto insomma proseguiva secondo i consueti schemi quando nella sala si è alzata una mano. Si trattava del Chief Executive Officer di Qatar Airways Akbar Al-Baker.
A questo punto qualcuno ha parlato di situazione drammatica che si è venuta a creare nonché di “attacco verbale” , certo è che quello che è stato detto si può definire alquanto insolito per gli ovattati ambienti della Iata. E’ stato infatti come l’aprirsi di una diga.
Altri delegati sono intervenuti e l’associazione è stata accusata di “essere condotta per pochi, da pochi” e ad essa è stata imputata una “completa mancanza di trasparenza”.
Specificatamente Al Baker ha avanzato diversi dubbi circa l’auditing che ha accompagnato il financial statement della Iata relativo al 2010 puntando il dito verso le spese per i viaggi ammontanti a 18 milioni di dollari, nonché a 58 milioni di dollari per “data processing/IT” e ai 29 milioni di spesa per consulenze e contratti esterni. Sulla scia dell’intervento – in perfetta sintonia con quanto da noi fatto notare sulle riunioni di condominio – vi sono state poi diverse prese di posizione fra cui quella di Wasanta Kumasiri, ceo di Air Niugini, il quale ha avanzato la proposta che la Iata riconsideri l’appointment della società di auditing chiamata a certificare il bilancio dell’associazione, appello sottoscritto in pieno da Al Baker.
Lo stesso Kumasiri ha poi reclamato più attenzione da parte della Iata per i problemi delle aerolinee di modeste dimensioni. Ed è stato proprio da questo intervento che ha preso spunto il presidente di Emirates, Tim Clark, il quale ha dichiarato che “c’è una sensazione che questa è una associazione che è condotta per pochi da pochi” e questo deve finire, la Iata secondo Emirates deve intervenire e aprire dialoghi laddove vi ne sia bisogno.
Il dibattito ormai aveva preso una inedita svolta e altri argomenti si sono aperti. E’ stata infatti presa di mira anche la modalità di votazione per la quale sono stati avanzati dubbi di correttezza; Willie Walsh presidente di IAG, International Airlines Group (la nuova holding che riunisce Iberia-British Airways) ha chiesto più trasparenza nelle votazioni ed è così che si è passati allo scrutinio segreto con British Airways e Qatar Airways nominati come osservatori.
Quando poi ha preso la parola Samer Majali di Gulf Air, quest’ultimo indirizzando un tributo di commiato a Bisignani, ha detto “ sembra che il vento di cambiamenti che soffia nel Medio Oriente è arrivato fino a Singapore”. A tutte questi interventi Bisignani ha risposto avvertendo che la Iata è una associazione trasparente e che il mondo è cambiato e ciò significa, che anche l’associazione in un certo qual modo deve cambiare. Insomma una riunione piuttosto insolita con un passaggio alquanto “caldo” del testimone da parte dell’uscente Direttore Generale al suo successore.
Il “sollevamento” delle compagnie arabe in realtà va inquadrato nel più ampio scenario di quanto accaduto in questi ultimi mesi.
In Travelling Interline del 17 febbraio scorso nel nostro intervento dal titolo “E’ scontro fra Europa e compagnie del golfo” narravamo dell’incredibile alzata di scudi delle compagnie europee (tramite AEA) contro l’espandersi delle MEB3 (Middle East Big 3) ovvero Etihad, Qatar e Emirates.
Rimandiamo i lettori a quell’articolo per chi volesse approfondire l’argomento; qui ci limitiamo a dire che l’aviazione civile è passata attraverso tre distinti stadi.
Il primo era quello del dopoguerra che vedeva le compagnie aeree a stelle e strisce comandare nei cieli del mondo; al declino di queste il primato è temporaneamente passato a due-tre mega vettori europei.
Ora siamo giunti al terzo stadio con le compagnie del Medio Oriente che cercano di imporre la loro supremazia, ma questo passaggio evidentemente non è ben digerito dal mondo europeo e occidentale in particolare.
Sarà un caso, ma Usa e Europa le cui compagnie aeree sono in chiare difficoltà, si sono volute affidare alla deregulation e alle alleanze; nel Medio Oriente ogni vettore rimane ben ancorato alla sua identità nazionale e le cose sembrano andare meglio. Un puro caso ? Secondo noi non proprio.
Antonio Bordoni