C’era molta attesa per i risultati di Alitalia relativi al primo semestre dell’anno. Il 2011 rappresenta il terzo anno di attività della Alitalia ristrutturata. E come sempre accade con i numeri, c’è modo e modo di commentarli (il classico bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto) e infatti questa regola è puntualmente confermata dal tenore del titolo del comunicato stampa il quale annuncia fra l’altro una “perdita operativa ridotta a -69ml euro (+60ml verso 2010)” . Il che significa che la perdita operativa c’era lo scorso e c’è pure quest’anno. Certo ci si può consolare della sua diminuzione, ma il fatto è che gli azionisti normalmente si attendono un profitto e non un calo delle perdite, non è con questa prospettiva infatti che si può credere che le cose vanno per il meglio.
In effetti i risultati andrebbero sempre visti dall’ottica dell’aver raggiunto il positivo e non perché diminuisce il negativo. Questo principio, valido per tutti, lo è ancor di più nel caso di Alitalia ricordando come in data 27 gennaio 2009 nell’audizione alla Commissione Industria e Lavori Publlici, Attività Produttive e Trasporti, il Piano industriale presentato da Alitalia ipotizzava un ritorno al pareggio operativo in due anni, ovvero in chiusura del dicembre 2010, ma in quella data Alitalia aveva chiuso l’anno con un risultato operativo a meno 107 milioni di euro.
Gli appunti sulla interpretazione della riduzione delle perdite si accentuano ulteriormente allorchè poi si vanno a valutare i risultati conseguiti da altri vettori.
Ebbene, solo per rimanere in Europa, l’anno 2010 ha visto numerosi vettori del nostro continente chiudere l’anno con i seguenti profitti netti (espressi in dollari Usa):
Lufthansa 1.498.013.000
Air France/KLM 864.598.000
Ryanair 528.350.000
Swiss 351.753.000
British Airways 263.158.000
Aeroflot 253.200.000
Easyjet 191.627.000
Turkish Airlines 190.728.000
Iberia 117.881.000
Tap 82.517.000
Aer Lingus 61.589.000
Come si vede anche senza voler considerare le due regine del low cost, Easyjet e Ryanair, vi sono non pochi vettori, cosiddetti tradizionali, che sono riusciti a chiudere l’anno 2010 dichiarando profitti di tutto rispetto. Inoltre non si deve dimenticare il contesto internazionale; il 2010 infatti è stato il miglior anno della decade (2001:2010) dal punto di vista finanziario: l’industria aerea mondiale, ovvero le compagnie aeree prese nella loro totalità, hanno fatto segnare profitti complessivi per 18 miliardi di dollari Usa, i quali sono stati evidentemente ottenuti con un vulcano che ha bloccato i voli a tutti, con il prezzo del carburante aumentato che ha riguardato tutti…..
E’ alla luce di queste cifre che dovrebbe venir valutato l’andamento di Alitalia ed è proprio tenendo presente l’ottimo andamento del 2010 che ha contrassegnato l’industria in generale che i risultati non possono non definirsi deludenti.
Tornando ai primi sei mesi del 2011 l’Alitalia avverte che il numero passeggeri è salito a 11.200.000 (10.600.000 stesso periodo 2010) ma anche su questo fronte i risultati non sono affatto incoraggianti e non ci riferiamo alla sterile polemica avanzata da Ryanair sul presunto sorpasso, quanto piuttosto ripetendo quanto da noi già evidenziato in altre occasioni ovvero che prima dell’unione con Air One (anno 2008) le due compagnie avevano trasportato complessivamente 25.400.000 passeggeri e al 31 dicembre del 2010 il numero passeggeri era inferiore essendosi fermato a 23.400.000
In una intervista rilasciata lo scorso aprile (La Repubblica, Affari & finanza 18/4/11, “non vendo Alitalia ai francesi, ma non dovete lasciarci soli”) il presidente Roberto Colaninno ha dichiarato che “la concorrenza non la si fa con gli aerei ma con gli aeroporti” una ben strana dichiarazione tenendo conto che Alitalia ha ora una flotta ridotta a 150 aerei (dal comunicato della semestrale al 30/6) mentre negli anni passati con una flotta che arrivava quasi a toccare i 200 velivoli essa aveva trasportato cifre ben più elevate di passeggeri, valga per tutti il 2005 con 26 milioni di pax e una flotta di 188 velivoli (da sola, senza Air One). Non si capisce quindi come oggi che AZ ha meno aerei e trasporta meno passeggeri, gli stessi aeroporti possano costituire un problema al suo sviluppo.
Antonio Bordoni