E’ incredibile solo a pensarci. Fino a qualche anno fa si poteva entrare nelle agenzie Alitalia delle principali città, dialogare con un individuo in carne ed ossa, acquistare un biglietto e non sentivi mai parlare di sovraprezzo, di optional o fee; pagavi la tua tariffa e basta.  Ora a agenzie chiuse, con dipendenti di biglietteria mandati a casa, (e possiamo immaginare solamente questi due tagli quante centinaia di milioni hanno fatto risparmiare), per il semplice fatto di telefonare e solo perché acquisti un biglietto, queste transazioni sono a pagamento e vanno ad aggiungersi al costo del biglietto.  

 

Già ci immaginiamo la prima delle critiche avanzata: se tutto ciò è digeribile da una aerolinea low cost che  fa pagare il biglietto pochi euro o giù di li, il tutto diventa inaccettabile quando il vettore non appartiene alla categoria delle LCC ed applica tariffe “regolari”.

E’ questo un primo tipo di appunto che si potrebbe avanzare ala notizia ufficiale diramata da Alitalia la quale dal 23 agosto ha mandato in soffitta il numero 06.2222 , un numero a tariffazione ordinaria con il quale si poteva prenotare o acquistare un biglietto al costo di una chiamata da rete fissa. A partire dal 23 agosto per qualsiasi operazione (eccettuata quella per le informazioni sulla operatività dei voli, numero verde 800-760055; voli in continuità territoriale 06-65640) bisognerà comporre il numero 89.20.10 a tariffa maggiorata. Ulteriori informazioni, con relativa tariffazione, sono reperibili sul sito Alitalia.

Ormai la moda di arrotondare i bilanci ricorrendo alle più astruse entrate aggiuntive dilaga ovunque, e la richiesta di voci supplementari non conosce sosta. Una volta le banche al 31 dicembre di ogni anno ti accreditavano gli interessi sulle somme in giacenza nel conto corrente, oggi gli interessi sono quasi sempre a debito, e inoltre ti ritrovi a dover pagare “le spese di tenuta conto”, ovvero è il cliente che deve pagare la banca per l’onore che quest’ultima gli fa di tenere i soldi sul conto.

Una volta quando davi la disdetta da un servizio non ti chiedevano di pagare le spese di uscita, ma magari ti vedevi rimborsare il deposito di apertura; oggi se vuoi uscire devi pagare le spese di recesso contratto.

Saranno pure pensieri di ieri, roba da soffitta antidiluviana; ma è un dato di fatto che tutte quelle operazioni per le quali nessuno mai si sarebbe sognato di farti pagare qualcosa, ora improvvisamente diventano costi aggiuntivi ed è normale prassi e consuetudine scaricarli sull’acquirente.

Tutto ciò viene spiegato ricorrendo a termini quali ad esempio “nuova economia” o “finanza innovativa” ma è indiscutibile che se la finanza la vogliono far  passare per cambiata, ciò che invece è rimasto invariato è il modo con cui gli individui si guadagnano da vivere: uno stipendio supertassato dopo un mese di fatiche giornaliere; aver lasciato invariata (o peggiorata) la fonte dei guadagni,  e aver applicato tutte queste novità sul fronte spese, di fatto ci ha tutti ridimensionati se non messi sul lastrico.

E’ vero la moda del low cost e la nascita delle spese accessorie è stata lanciata in prima battuta proprio nel mondo delle compagnie aeree, ma sia ben chiaro che quando le aerolinee low cost hanno lanciato la pratica delle “ancillary revenue” non  eravamo a questi livelli.  L’aerolinea regolare dava gratis la bevanda e il panino, la low cost ha iniziato a farli pagare; nella fase iniziale di lancio delle ancillary eravamo in presenza di una tipologia di spesa circa la quale bastava dire io il panino o la bevanda non li prendo per essere certi che la tua tariffa non subiva aumenti.

Avevamo a che fare cioè con spese aventi veramente il carattere del facoltativo e non a caso infatti queste aerolinee si appellavano pure “no-frills” ovvero senza fronzoli.  Questo era del tutto accettabile dal momento che dipendeva dalla scelta del cliente pagare gli extra aggiuntivi alla tariffa o farne a meno. Poi sappiamo benissimo come sono andate a finire le cose, e cioè che il cliente è chiamato a pagare anche per quei servizi che non sono affatto un optional, ma veri e propri passaggi obbligati per il completamento della transazione.

In pratica tutto è degenerato. Ora, vi immaginate questo deprecabilissimo modo di trattare il cliente  applicato alla generalità degli acquisti fatti nella nostra vita quotidiana? Nella vetrina di un negozio vediamo in bella mostra una camicia prezzata 30 euro, ci piace, entriamo per acquistarla e dopo aver concluso la nostra transazione alla fine per portare via quella camicia abbiamo speso non trenta bensì una quarantina di euro, perché per pagare ci siamo avvalsi della carta di credito, perché ci hanno dato una confezione per portarla via, perché era giorno festivo, eccetera…assurdità? Esagerazioni?

Ma questo è esattamente quello che accade oggigiorno nel mondo dei servizi, in particolare anche in quello di nostra competenza ovvero viaggi e turismo. E se siete giustamente scandalizzati per il nostro esempio della camicia, riflettete per favore sul fatto che questo è il trattamento che riceve il cliente di una compagnia aerea o il cliente che entra per effettuare un viaggio o acquistare un prodotto turistico. Per chi avesse la memoria corta ricordiamo un solo particolare che vale per tutti:  la grande trovata di far pagare in aggiunta alla tariffa,  il sovrapprezzo carburante.

Parliamoci chiaro, soltanto una industria bislacca come quella aerea poteva immettere sul mercato trovate così palesemente assurde. E per quanto riguarda il rapporto aerolinee-agenzie viaggi sappiamo benissimo come il fatto di aver azzerato la commissione ha costretto a sua volta il mondo agenziale all’applicazione dei diritti di emissione.

Ogni tanto poi apprendiamo che le autorità alla concorrenza multano questa o quella aerolinea per messaggi ingannevoli o per costi occulti indecenti, eppure, malgrado queste estemporanee prese di posizioni, è ormai chiaro che il conto presentato al consumatore per aver introdotto la concorrenza in sostituzione del cosiddetto monopolista, si sta rivelando ogni giorno sempre più caro.

Antonio Bordoni