“Credo che sia assolutamente un controsenso se in una industria, ad una burocrazia se ne sostituisce un’altra” così si esprimeva Peter Bouw, managing director di Klm, al tempo in cui in Europa avevano da poco preso il via i primi pacchetti sulla liberalizzazione del trasporto aereo.  I timori di Bouw su una burocrazia che si sostituiva all’altra si sono purtroppo rivelati esatti ed oggi tutti i cittadini della UE devono confrontarsi con questa nuova invadente realtà.

In un libro da poco uscito a firma del ministro Giulio Tremonti (“Rischi fatali”) è stata messa in evidenza la gran mole di provvedimenti giuridici emanati dalle autorità di Bruxelles in questi ultimi anni; in particolare appare una tabella dallo strano titolo “lunghezza in km della Gazzetta Ufficiale UE” la quale mostra che se nel 1995 i chilometri  di lunghezza erano 4.9  nel 2004 essi erano divenuti 7,4.

E rimanendo nel nostro settore dobbiamo purtroppo annotare come l’aviazione civile sia stata uno degli obiettivi preferiti di questa prolifica messe legislativa.  Le ultime notizie sul fronte della “tassa sul CO2” confermano questa tendenza.

Di questa ennesima grande trovata a carico dell’aviazione commerciale avevamo già dato una anticipazione a Marzo di quest’anno su Travelling Interline:  Ma il capolavoro sull’ecosostenibilità del trasporto aereo, viene, ancora una volta, da Bruxelles con la sua recentissima normativa (EU emissions trading scheme) abbreviata EU-ETS, la quale in pratica crea un mercato sulle emissioni di CO2 causate dai velivoli commerciali. Tanto per darvi un’idea di cosa bolle in pentola:  Ammettendo che per l’anno 2012 le Autorità fissino una quota di CO2 di un milione di tonnellate, se un’aerolinea emette nel 2012 “solo” 0.8 milioni di tonnellate, può vendere il valore di 0.2 tonnellate a un’altra aerolinea. Viceversa se quell’aerolinea emette, sempre nel 2012, 1,2 tonnellate, deve acquistare il diritto all’emissione delle 0,2 tonnellate in eccesso, da un’altra fonte (aerolinea, fabbrica ecc).  Solo dopo aver proceduto all’acquisto, potrà emettere l’extra 0.2 tonn di CO2.  A grosse linee il meccanismo insomma funziona sulla base di una quantità standard di CO2 annualmente determinata; se si è sotto, si dispone di un credito, se si supera, si va a debito. “

Come era facile immaginare la trovata non è piaciuta affatto soprattutto a quei Paesi che non fanno parte della UE.  E’ questo un vecchio vizio della Unione Europea la quale crea le regole in casa, e poi pretende che tutto il mondo si adegui ad esse: era già successo con la cosiddetta “clausola europea” per gli accordi aerei bilaterali ed ora il meccanismo si ripete per le ETS.

Le compagnie aeree cinesi, tramite la loro associazione CATA, hanno dichiarato illegale l’inclusione di paesi appartenenti ai “developing countries” ed hanno aspramente criticato l’Emissions Trading Scheme avvertendo che se l’Europa vuole avviare questa forma di tassazione chiederanno al loro governo di fare altrettanto allorchè le compagnie europee volano in Cina. Lufthansa da parte sua ha chiesto una proroga di 12 mesi perché ci sarebbero ancora troppi aspetti da chiarire, mentre le compagnie aeree statunitensi attraverso le loro autorità governative hanno espresso senza mezzi termini il loro completo disappunto per l’applicazione di questa nuova tassa.

Il Ceo di Lufthansa Wolfgang Maryhuber ha dichiarato che poichè nel 2010 si è verificata una lunga sospensione dei servizi a causa dell’eruzione del vulcano islandese, e tenendo conto che le compagnie del nord Europa sono quelle che più di altre hanno risentito del blocco dei voli, questo fatto creerebbe errori nel calcolo della CO2 autorizzata ad ogni vettore come base di partenza.  Maryhuber si riferiva in particolare al fatto che l’anno 2010 doveva essere quello preso come base di calcolo per stabilire la “dotazione” standard di CO2  da assegnare ad ogni vettore, questa dote sarebbe poi servita per  i futuri addebiti e/o crediti.

Altro punto di scontro è stato sollevato dall’AEA, l’associazione dei vettori europei:  “voler considerare l’allotment per le emissioni di carbonio garantito ad ogni aerolinea come una forma di revenue è completamente assurdo.”  E il segretario generale dell’associazione Ulrich Schulte-Strathaus ha ulteriormente precisato che  “non è corretto considerarli tali (cioè come una forma di revenue ndr)in quanto i certificati di emissione che verranno rilasciati dovranno essere  ceduti, quindi non si tratta di denaro che l’aerolinea può reinvestire”.

Da parte sua Mike Ambrose, direttore generale della ERA l’associazione delle aerolinee regionali europee ha dichiarato: “La Commissione è completamente fuori strada. Lungi dal trarne vantaggio una aerolinea media sarà costretta ad acquistare il 27 per cento dei suoi permessi sul mercato.”

Sull’argomento della introduzione della ETS Giovanni Bisignani, ancora direttore generale della Iata, ebbe a lamentarsi che in tempo di crisi non vi dovrebbe essere posto per altre forme di burocrazia, arrivando a stimare  un costo per le aerolinee di 3,5 miliardi di euro.

In realtà un altro punto andrebbe evidenziato e cioè che è profondamente sbagliato far pagare questa nuova forma di tassazione a tutti, sia che si disponga di una flotta (e relativa motoristica) completamente nuova, sia che si voli con velivoli “datati”. Ma il fattore più scottante è forse dato dal fattore della reciprocità. E’ ingenuo infatti ritenere che se vettori di altri continenti debbono pagare questa forma di tassazione per i loro collegamenti europei, i loro governi non si ritengano autorizzati a fare altrettanto per i collegamenti dei vettori UE verso l’estremo oriente.

Anche così, inventandosi assurde tasse,  si contribuisce a distruggere l’aviazione: grazie Europa. A proposito, a che chilometro sarà giunta la lunghezza della Gazzetta Ufficiale UE nel 2011?

Antonio Bordoni