Dopo ben 66 anni di attività, la Malev, compagnia di bandiera ungherese, ha chiuso la sua attività lasciando a spasso 2.600 dipendenti. Continua la morìa di vettori, oltre a quella dei T.O. e delle agenzie di viaggio. I passeggeri, chiaramente non ne sapevano niente sono rimasti a terra. La comunicazione è stata data società solo sul suo sito web da parte dell’amministratore delegato del vettore, Limburger Lorant, che ha dichiarato di aver fatto tutto il possibile per evitare la chiusura ma le richieste di pagamento anticipato da parte dei fornitori aveva prosciugato le casse – (probabilmente già abbastanza vuote ndr) – della Malev. Il vettore aveva tentato di evitare questa chiusura attraverso un amministratore straordinario. Ma già la Commissione Europea aveva intimato alla compagnia di restituire i soldi avuti dallo Stato, circa 130 milioni di euro – contravvenendo alle regole che impongono di non ricevere aiuti di stato perché in conflitto con la concorrenza .“Le aziende in difficoltà” – ha affermato la Commissione – “possono ricevere aiuti di stato solo se rispettano determinati criteri, nessuno dei quali è stato osservato nel caso di Malev”. Questo perché Male ha incassare l’aiuto pubblico ma non ha presentato alcun piano di ristrutturazione tale da ipotizzare un  risanamento finanziario. Non potendo restituire questa somma piuttosto consistente, Malev – privatizzata nel 2007 e poi rinazionalizzata nel 2010 – ha dovuto chiudere i battenti e mettere la parola “fine” alla sua attività. E così, un altro pezzo di storia dell’aviazione civile, se ne va lasciando tanta gente senza lavoro e privando uno Stato di una sua compagnia di bandiera.