Il Bsp (Bank Settlement Plan) è nato nei tempi delle compagnie aeree dalle ali dorate, quei tempi per intenderci descritti da Liliana Comandè in un suo recente editoriale; il Bsp è nato negli anni in cui il pubblico, forse con troppa ingenuità, credeva che se il vettore non era iscritto alla Iata, fosse meno sicuro. Il Bsp prese il via quando ancora la Iata cercava di mantenere l’obbligatorietà del suo cartello tariffario; quando il Bsp venne varato il termine low cost era sconosciuto; ancora, le vendite via Internet non si sapeva cosa fossero. In poche parole, per farla breve, tutta un’altra era rispetto all’attuale. Con queste premesse non sarebbe stato affatto fuori luogo attendersi che anche il Bsp, come tanti altri strumenti della Iata, fosse stato relegato in soffitta, eppure esso è vivo e vegeto e non vi è traccia di una sua rivisitazione o scomparsa. Peccato perché se proprio vogliamo dirla tutta sono cambiate anche le possibilità economiche a disposizione degli agenti e il Bsp, pur con i suoi indubbi lati positivi, è troppo costoso per l’attuale scenario in cui si muove il mondo dell’intermediazione e il mondo degli utenti del trasporto aereo. E forse quest’ultima osservazione riguardante l’aspetto economico è la più importante fra tutte quelle esposte perché è indubbio che il Bsp, così come strutturato, sia uno strumento eccessivamente costoso. Paradossalmente poi quei pochi cambiamenti che sono stati adottati hanno riguardato più le aerolinee che non gli agenti di viaggio, come ad esempio l’IBCS (Iata Bsp Consolidators System) quel discutibile sistema nato con l’intento di venire incontro a quei vettori che si affacciano sui mercati denominati marginali, ma che di fatto ha significato la monopolizzazione del mercato, una volta libero, riservato al mondo dei General Sales Agent (gsa).

Per gli agenti di viaggio invece tutto è andato peggiorando, basterebbe ricordare oltre ai corsi e ai bollini di certificazione, alla pari dei fumi delle caldaie, anche quella  mai risolta storia degli addebiti con ADM. Quest’ultimi se erano del tutto accettabili nei tempi in cui le aerolinee avevano un ufficio di rappresentanza locale con il quale dialogare, sono oggigiorno divenuti un strumento mal sopportato che poco manca per essere assimilabile, alle cartelle di Equitalia.

Recentemente Michel de Blust il segretario generale dell’Ectaa, l’organismo europeo che raccoglie oltre trenta associazioni nazionali del mondo industriale dei viaggi, è sceso in campo avvertendo che “l’unico modo per scuotere dall’immobilismo e dall’unilateralismo la Iata è portarla in tribunale come è stato fatto negli Stati Uniti, dove le è stata imposta una regola di mercato e dove è stata costretta ad affidare ad una società terza la gestione del Bsp”.

E in effetti risulta davvero incomprensibile il fatto che a Bruxelles gli euroburocrati sono intervenuti a raffica su aspetti a nostro parere assai discutibili come ad esempio quello che accompagna ogni merger fra aerolinee, o quello sul duty free, o per dire come dovevano essere strutturate le schermate dei CRS (Computer Reservation System), mentre per un sistema come il Bsp o l’IBCS nulla è stato fatto, con il risultato pratico che gli agenti di viaggio se non vogliono rimanere tagliati fuori dal circuito di vendita dei grandi vettori internazionali non hanno altra scelta che aderire a questo sistema.

I vettori low cost da parte loro, anche se non tutti, hanno puntato sui loro sistemi di distribuzione rimanendo fuori dal Bsp per il motivo  che in una struttura costi che punta all’essenziale, era meglio stare alla larga da questo costoso strumento. Ma essi hanno potuto attuare una tale scelta in quanto la tipologia dei collegamenti è punto-a-punto e il loro documento di trasporto non si interfaccia con quello di altri vettori.

Non vi è dubbio che il punto di forza della Iata sia attualmente costituito dalla Clearing House e se le aerolinee ancora aderiscono a questa associazione malgrado, come ben sappiamo, sono alla ricerca di qualsiasi tipo di risparmio è proprio per servirsi della stanza di compensazione (ICH) della Iata.

Per la verità un accenno di ribellione ai costi  della Iata cui sono chiamate le aerolinee si è avuto all’ultima conferenza dell’assciazione, ma senza  risultato pratico (vedi Travelling Interline del  5 luglio 2011 “ Le riunioni di condominio delle compagnie aeree).  Al dicembre del 2011 erano 475 le aerolinee e gli associati che si servivano di questo strumento. Nel 2010 i sistemi finanziari della Iata hanno lavorato 323 miliardi di dollari di cui 221 si riferiscono al BSP e 29 al CASS, l’analogo del Bsp riferentesi alle merci.

Il solo servizio di pareggio dei conti fra le diverse transazioni delle aerolinee, il vero e proprio core business della ICH, è ammontato nel 2010 a 43,7 miliardi di dollari; tanto per dare un’idea, nel 1990 era assommato a 18,5 : come si vede quindi siamo ben lontani dal poter parlare di scollamento o crisi per questo tipo di servizio.

Tuttavia se il lavoro finanziario svolto dalla Iata in termini di offset delle varie transazioni mondiali  è un qualcosa dal quale sarà difficile o impossibile fare a meno, tutt’altro discorso è quello riguardante  la vendita della biglietteria effettuata dagli agenti di viaggio tramite il sistema Bsp.

Se è pur corretto asserire che i vettori hanno conferito mandato alla Iata per intrattenere i loro rapporti con gli agenti di viaggio, non è però difficile intravedere nei regolamenti emessi dalla Iata e nel loro potere sanzionatorio una  inequivocabile posizione dominante nel mercato del  trasporto aereo,  quella posizione dominante sulla quale in altri settori commerciali  le autorità comunitarie sono intervenute.

Una considerazione quest’ultima che rende ancor più inspiegabile  il perché non vengano avviate indagini non verso la Iata la quale come associazione imprenditoriale ha tutto il diritto di esistere, ma verso l’ormai anacronistico strumento BSP della Iata e ciò che esso comporta per il mondo degli agenti di viaggio.

Antonio Bordoni