Chi l’avrebbe mai detto che le già tanto risicate commissioni che le aerolinee concedono agli agenti di viaggio, oltre ai problemi di YQ sempre più pesanti che esulano dalla percentuale, oltre ai problemi del loro incessante calare, oltre ai problemi della volubilità che le fa essere oggetto di probabili ADM, si sarebbero pure dovute confrontare con il principio della “scientia decoctionis”, termine assolutamente insolito nella finanza delle aerolinee e delle agenzie? In realtà il termine completo sarebbe “la prova della scientia decoctionis” la quale ci introduce nel campo dell’azione revocatoria fallimentare. Quest’ultima è uno strumento attraverso il quale il curatore di una azienda fallita può rendere inefficaci i pagamenti e le garanzie attuate dal fallito nell’anno o nei sei mesi antecedenti al fallimento, imponendo ai soggetti-terzi che hanno ottenuto beni o denaro di restituire quanto ricevuto. Tuttavia condizione indispensabile per accettare la revocatoria è che colui che ha ricevuto la somma fosse a conoscenza dell’insolvenza della sua controparte.
Vi sono termini ben precisi entro i quali esercitare la revocatoria: entro tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dal compimento dell’atto.
Inoltre non tutti gli atti compiuti da soggetti insolventi, possono però venire colpiti dalla revocatoria, sono esenti ad esempio, i pagamenti effettuati nell’esercizio normale dell’impresa, o i pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate dai dipendenti.
L’azione revocatoria fallimentare è quindi una sorta di reclamo a posteriori di quanto pagato da una società che viene dichiarata fallita allo scopo di cercare di ricostruirne il patrimonio e ciò al fine di soddisfare i creditori della società, il tutto in base a quanto previsto dall’articolo 67 della Legge Fallimentare.
Come e perché le agenzie di viaggio si sono dovute confrontare con questo istituto giuridico? La risposta è nella “bad company” creata in concomitanza con la nascita della nuova Alitalia-Cai, in quanto – incredibile ma vero – alcune agenzie hanno ricevuto la richiesta di restituzione delle commissioni per un certo periodo che si pone a cavallo degli anni 2007/2008.
Ora a prescindere da tutti i cavilli giuridici che gli avvocati degli agenti potranno avanzare per rigettare la richiesta, da parte nostra ci limitiamo a commentare l’argomento da un punto di vista commerciale, ricordando che la corresponsione di una commissione elargita a favore di un agente di viaggio non è un qualcosa “a sé stante” derivante da un datato accordo che in un certo momento di crisi Alitalia avrebbe potuto non corrispondere in quanto agli agenti era ben nota la crisi attraversata dal vettore aereo (“scientia decoctionis”).
Una tale impostazione forse la si potrebbe far valere per altre tipologie di accordi marketing ma non certo per la fattispecie in esame la quale, fra l’altro, rientra perfettamente in quell’esercizio normale dell’impresa che è uno dei casi in cui non si può richiedere la restituzione di quanto pagato. Ciò in quanto il legame giuridico che lega le vendite agenziali ai vettori aerei rientra appunto nel normale esercizio fra imprese interessate.
Qui a ben guardare, proprio partendo dallo stato di crisi del vettore aereo, i termini dell’impostazione della discussione potrebbero venir agevolmente ribaltati.
La commissione ad un agente non piove dal cielo, non è qualcosa retaggio di un obsoleto accordo in un certo momento non più applicabile: veder riconosciuta una commissione vuol dire aver venduto un posto su un volo Alitalia a un passeggero; ciò significa che Alitalia proprio in un momento cruciale ha avuto in ogni caso l’appoggio del mondo agenziale, ed oggi è troppo facile dopo aver accettato la transazione, trasportato il passeggero e dopo averne incassato il relativo revenue inviare una richiesta all’agente dicendo che questo, ben conoscendo lo stato di crisi, avrebbe dovuto rifiutare l’accredito della commissione.
Andando fino in fondo al ragionamento proposto dalla bad company, alla domanda perché tu agente ti sei preso la commissione, andrebbe a sua volta fatto seguire il conseguente interrogativo, e cioè ma tu Alitalia per quale motivo hai accettato la mia vendita? Avresti potuto rifiutarla e in tal caso avresti evitato di dover pagare una commissione.
Non sarà difficile ricercare sui motori di ricerca e sulle testate di settore i ringraziamenti e gli apprezzamenti che proprio nell’anno 2008 il direttore vendite di Alitalia, Maurizio Pace, indirizzò agli agenti di viaggio precisando che proprio loro nei momenti più delicati non avevano abbandonato il vettore continuando a sostenerlo con le vendite, e ciò anche se in quel periodo molti agenti si chiedevano quanto fosse opportuno vendere voli la cui regolarità, a causa delle agitazioni, lasciava a desiderare.
E proprio a proposito di questi apprezzamenti provenienti specificatamente da fonte Alitalia sarebbe interessante sapere come essi si possano conciliare con l’odierna richiesta di restituzione delle commissioni.
Ovviamente noi ci auguriamo che la richiesta venga respinta dal Tribunale che presto sarà chiamato a decidere in merito, tuttavia il solo fatto di averla avanzata non può non far sorgere fra gli addetti ai lavori un sentimento di rabbia e delusione anche tenendo presente che -sia pur con l’aggiunta di un “CAI”- il marchio Alitalia continua a volare e continua ad aver bisogno più che mai del supporto degli adv.
Antonio Bordoni
EGREGIO BORDONI IL SUO COMMENTO E’ IMPECCABILE. PURTROPPO LA VICENDA PROCESSUALE AVVIATA DAGLI AMM.TORI STRAORDINARI DELLA ALITALIA LAI HA UN FONDAMENTO GIURIDICO SOLIDO. DOVREMMO SPERARE CHE IL TRIBUNALE DI ROMA “CAPISCA” LA REALTA’ COMMERCIALE DELLA COMMISSIONE MA, SOPRATUTTO, E’ IMPORTANTE CHE QUESTA REALTA’ VENGA CAPITA DAGLI AGENTI E DALLE LORO ASS.NI DI CATEGORIA CHE AL MOMENTO DELLA “TRATTATIVA” (si fa’ per dire) HANNO PRESTATO IL FIANCO (il riferimento esattoè altra parte del loro lì vicina).