di Liliana Comandè.

C’è chi sta prendendo sottogamba la situazione reale in cui versa il turismo, ma deve aprire gli occhi molto in fretta…non c’è più molto tempo!

 

Siamo di nuovo ad un periodo tanto morto che più di così non si potrebbe. Le telefonate che ricevo mi danno un quadro veramente desolante sull’andamento del turismo in questo periodo, che avrebbe dovuto avere una ripresa per i ponti e per il Natale imminente. E invece le prenotazioni languono, sono molto meno del solito – e il solito degli ultimi anni è stato proprio poco. Chiunque avesse voglia di andare a guardare il fatturato di 20 anni fa, o anche di 15 anni fa, potrà rendersi conto che non solo il fatturato è diminuito molto, ma, soprattutto, l’utile. Quanti operatori e agenti di viaggio hanno dovuto ridimensionare il proprio personale? Quanti, dopo anni in cui rappresentavano delle belle realtà nelle città sono dovute diventare delle piccole aziende a conduzione familiare?
Mogli o mariti e figli sono diventati dirigenti, impiegati addetti al booking, contabili per poter sopravvivere dopo aver avuto una decina di impiegati?

Da tempo è arrivato il tempo di dedicarsi alla riflessione e alla riformulazione di ciò che era, e che dovrebbe ancora essere (e rappresentare), laimages figura dell’agente di viaggio. Bisognerebbe avere di nuovo il desiderio di ricondurre ad una dimensione più umana la “professione” dell’agente di viaggio, diventato oramai sempre più venditore di merce – al pari di un qualsiasi commerciante.

 

Sfortunatamente, infatti, il vecchio venditore e concretizzatore di sogni, in molti casi, ha dovuto lasciare il posto al negoziante che deve combattere ad armi “impari” con chi svilisce quotidianamente il settore.

Qualcuno dovrebbe farsi un esame di coscienza e tornare ai valori di cui sono pregni i termini “viaggio e turismo”.
Non ci sarebbe bisogno dell’esortazione a camminare nuovamente tutti insieme nella stessa carreggiata, eppure è una delle priorità per far essere questo settore una “categoria” e chi ci lavora un “professionista”.

 

Finché nel turismo non ci saranno persone che ancora credono nel recupero della professionalità e della componente umana nel settore, allora non si può sperare che qualcosa cambi in meglio, anche se le cose sono cambiate velocemente e oggi è molto più difficile rimanere a galla e amare come prima il lavoro che si svolge.

C’è una minoranza di professionisti – quelli che vivono nel settore da decenni – che vive con disagio quanto sta avvenendo e non riesce ad avere un “megafono” per far sentire, a chi è rimasto insensibile allo sfacelo che è sotto gli occhi di tutti, il proprio grido di “dolore”.
Noi eravamo “artigiani con l’anima”, che amavamo questo lavoro nel quale abbiamo riversato, e riversiamo ancora, tutto il nostro impegno e la nostra passione lavorativa e umana.

 

Io penso che il settore del turismo in Italia sia una sorta di cosa virtuale, tutti ne parlano (quante riviste, trasmissioni, siti ) anche se in maniera molto superficiale, e poi troppi hanno il timore (o il menefreghismo) di affrontarlo seriamente.

I problemi che, periodicamente, salvo i casi di carattere eccezionale, si presentano sono quelli che ricorrono da diversi anni a questa parte: previsioni che non rispettano la realtà, scarsissima considerazione a livello istituzionale, categorie che rappresentano migliaia di individui in passport_and_travel_tickets_CoolClips_vc010960carne ed ossa ma che, alla fine, contano come il due di coppe quando briscola è bastoni.

 

Il nocciolo della questione che spiega, anche se in parte, quanto detto, è da ricercare nella mancanza di carattere che il settore sconta in senso lato. Ed allora si diviene preda dell’improvvisazione, del contingente, si rincorrono le chimere di qualche cervellone che pensa di vedere, attraverso la sfera di cristallo, l’incremento dell’ X per cento della provincia di “pincopallo” rispetto all’anno precedente, e via dicendo.

Non auguro uno stile serioso e poco appropriato per un mondo che ha nella gioiosa informalità uno dei suoi tratti distintivi, né confido in una “industrializzazione” maggiore che ne ridurrebbe la componente umana ancora di più rispetto alla pochezza di oggi, visto che siamo oramai diventati tutti commercianti dello sconto.

 

Quello che è sperabile è che si possa (ri)scoprire una dimensione alta per inventiva, contenuti, stili e carattere simile al ricordo che tutti noi serbiamo del vecchio modo di fare turismo pur adeguandoci al nuovo che è avanzato velocemente e che ci sta schiacciando.

E’ sparito l’entusiasmo, ed è anche normale, ma se non siamo più capaci di sognare, come possiamo far sognare i nostri clienti? Il nostro mondo rende un po’ più degna la vita di essere vissuta con entusiasmo, e questa filosofia dovremmo trasmetterla a chi ci chiede consulenza, consigli. A chi si affida ancora a noi e non alle “macchine”.

 

Ma la nostra è diventata una società di muti, di “incomunicatori” a parole, e questo fa sì che la gente trovi gratificante interagire con un computer piuttosto che con un essere umano che non sa trasmettere nulla.

Basta andare a leggere i commenti di alcuni agenti di viaggio sui social network per capire quanta poca tolleranza ci sia nei confronti degli errori che commettono i clienti quando parlano con loro…e questo non è giusto. Ad ognuno il proprio lavoro, e noi abbiamo anche quello di capire che outside_travel_agentchi non sa nulla di turismo può commettere numerosi sbagli nelle richieste.

Noi del settore, dovremmo essere come degli studenti di un’Università capace di divulgare nel pianeta non solo le nozioni di tecnica turistica, ma anche elementi di filosofia, antropologia, cultura.

Il viaggio era, ed è ancora, come una metafora di vita, una scoperta continua ed un arricchimento che andava oltre gli aspetti meramente economici

 

Dall’inizio della crisi abbiamo fatto i funamboli, abbiamo fatto i salti mortali e le capriole.
Abbiamo perso la via maestra, e allora perché non tentiamo tutti assieme di ritrovarla per poi camminare mano nella mano non con la schiena piegata, ma con la schiena dritta e la consapevolezza che i clienti non si recuperano con lo scherno, ma con la professionalità e l’umanità?

Se ormai bisogna fare i conti con un turismo che cambia in continuazione, con previsioni che vengono smentite il mese successivo, con periodi di prenotazioni rigorosamente targate last minute e last second, con periodi di fermo totale, è necessario prenderne atto e ammettere che il turismo sta “correndo” verso un dirupo. L’intelligenza ci dice che dobbiamo fermarci prima di precipitare.

 

Qualcuno dovrà costruire un muro alto, ma chi?

 

Liliana Comandè