di Antonio Bordoni.

CONTINUA IL MISTERO DEL VOLO MH370

Martedì 25 settembre 2018.  Il canale tv di  National Geographic dedica una puntata della sua serie “Drain the Oceans” che descrive i segreti più intriganti riguardanti gli oceani del mondo, specificatamente al mistero del volo scomparso MH370.  La trasmissione è stata molto interessante anche perché Drain The Oceans  “utilizza una gamma di dati – dalle scansioni batimetriche  sonar alle riprese video e fotogrammetria – con sofisticate grafiche generate dal computer per creare modelli tridimensionali altamente accurati del fondo degli oceani, laghi e fiumi. Questo processo consente ai registi di ricreare meraviglie naturali, finanche naufragi, antiche rovine e altri manufatti umani che si possono trovare sul fondo del mare  rivelandoli con dettagli senza precedenti, come se fossero sulla terraferma”. (1)

Nell’episodio su MH370  ci si sofferma soprattutto sul come abbia fatto l’aereo a non lasciare tracce e perché la tecnologia moderna non è riuscita a rintracciare il relitto.

Sebbene perso il contatto radar, l’aereo ha continuato a scambiare segnali con un satellite sopra l’Oceano Indiano. I segnali si sono mantenuti a cadenza regolare una volta all’ora e gli esperti sono stati in grado di utilizzare queste informazioni  per calcolare la direzione del viaggio.

E’ stato stabilito che dopo la sua traccia iniziale a nord-ovest, l’MH370 virò verso sud e volò per altre sei ore.

Utilizzando il carico di carburante e la velocità di crociera, gli investigatori hanno ricreato una serie di possibili percorsi di volo utilizzando gli “archi” dei segnali. (2)

Nella trasmissione compare Peter Foley, l’investigatore  di ATSB (Australian Transport Safety Bureau) che si è occupato del caso il quale dichiara: “I dati sono stati straordinari … abbiamo cercato di stabilire la posizione di un aeromobile sulla base di informazioni che non sono mai state utilizzate per quello scopo. Questo, lo ripeto, è qualcosa di fuori dell’ordinario resa possibile grazie alla rete satellitare di Inmarsat.  Di certo   pochissime persone erano a conoscenza di tale possibilità, assolutamente fondamentale per la ricerca.”

 

Ma aldila delle cose già note di cui il servizio doveva far menzione per ricostruire la storia, forse la vera novità ha riguardato quanto dichiarato dagli studiosi della Curtin University, in Australia occidentale. Questa università, utilizza idrofoni – microfoni subacquei sensibili – posizionati in tutta la costa australiana per monitorare una gamma di suoni tra cui terremoti e fauna selvatica.

Ebbene 1 ora e 14 minuti dopo l’ultimo contatto di MH370 con il satellite di Inmarsat un idrofono ha rilevato un rumore insolito.

L’idrofono, di cui mostriamo un esemplare,  altro non è che un microfono progettato per essere usato sott’acqua per intercettare suoni provenienti dalle profondità marine.

 

Il dott. Alec Duncan, un acustico subacqueo della Curtin University, è rimasto molto incuriosito: “Quando abbiamo osservato i dati di quell’idrofono abbiamo trovato un segnale che sembrava avere caratteristiche interessanti”. (3)

Poteva trattarsi del suono prodotto dall’aereo che colpiva l’acqua?

Poiché la direzione del suono non può essere determinata dall’idrofono, i ricercatori hanno cercato altri indizi audio. È emerso che lo stesso rumore  è stato rilevato anche al largo della costa di Cape Leeuwin, nell’Australia occidentale, da un’altra postazione di ascolto istituita dall’Organizzazione che monitora i fondi marini al fine di individuare e localizzare test nucleari illegali.

È stato possibile effettuare una specie di triangolazione utilizzando  tre idrofoni e in tal modo si è riusciti a determinare la direzione del suono con una approssimazione di mezzo grado, oltre a calcolare la distanza dalla sorgente.

E’ stato così accertato che il rumore proveniva dal settore nord-ovest, quindi in pratica la zona oceanica a sinistra dell’Australia, quell’area a sud della penisola indiana ove per anni si sono concentrate la maggior parte delle  ricerche, tuttavia questo “allettante indizio” risulta essere  in una località estremamente lontana  e ben oltre l’area ove si sono svolte le ricerche, e per tale motivo non è stato ritenuto opportuno prenderlo in considerazione.

“La nostra conclusione è stata che il segnale era più probabile che fosse di origine geologica, come un piccolo terremoto sottomarino”, ha detto il dott. Duncan. “Ma non possiamo escludere completamente la possibilità che provenga da qualcosa che abbia a che fare con l’aereo.”

 

Quindi in pratica l’unico spunto interessante dell’intera trasmissione si è smontato da solo ed è rimasta una remota possibilità non presa però in considerazione.

Drain The Oceans si è conclusa ricordando che nella zona del ben noto “settimo arco” rimangono inesplorati 620.000 km quadrati di fondale marino:  ciò che rimane di MH370 potrebbe trovarsi qui?

 

Aldilà degli effetti visivi senz’altro spettacolari che la trasmissione ha riservato, nulla di nuovo che giustificasse i titoli altisonanti dei giornali di mezzo mondo che parlavano di nuovi indizi se non addirittura l’individuazione del luogo di impatto del volo del mistero.

 

(1) Così Andrew Ogilvie CEO della Electric Pictures che ha lavorato in stretto contatto con la ATSB nella produzione del documentario.

(2) In merito vedi quanto scritto nelle nostre numerose Newsletter diffuse in precedenza.

(3) https://www.news.com.au/travel/travel-updates/incidents/mh370-clues-final-moments-detailed-in-new-documentary/news-story/e2d386707c310257c33734cf720b42c4

 

 

 

 

 

 

Safety Newsletter 40/2018 del 27 Settembre 2018