di Antonio Bordoni.

Riassunto delle puntate precedenti. Dopo essere stata un’azienda pubblica, Alitalia è divenuta semi-pubblica, poi semi-privata, poi privata.  Ora il tormentone che ci viene proposto è se vogliamo farla ridiventare pubblica, ovvero tornare alle origini.

Di certo se osservassimo che quando era pubblica (IRI) Alitalia produceva utili, qualche scettico ci farebbe subito notare che quelli erano tempi di cartello IATA ed era ben difficile non riuscire a fare utili con le “esose” tariffe con cui un posto in aereo veniva venduto.

Tuttavia il dilemma “pubblica o privata” è solo l’ultima variante sul futuro di Alitalia che da decenni ci viene proposto, ma di fatto della nuova Alitalia risanata che tutti attendono ancora non vi è  traccia.  Quello che sembra quasi certo è che è tramontata l’idea di venderla a un soggetto straniero e a sostegno di tale tesi da qualche fonte  viene ricordato che un po’ ovunque sono in atto rinazionalizzazioni, sia pur parziali, di settori ritenuti strategici; in tal senso  il supporto che il settore del turismo potrebbe dare al PIL italiano è tale che non sarebbe più eresia proporre (meglio sarebbe dire riproporre) per la nostra compagnia il controllo pubblico.

Sposata questa tesi che al momento è la più gettonata, l’attenzione dei commentatori si è spostata su quanto sia fattibile un connubio ferrovie-aerolinee e a tal proposito è stato sottolineato che questa possibilità sarebbe cosa buona e giusta tenendo conto che, ad esempio, anche in Germania vi è sinergia fra collegamenti aerei e rete ferroviaria, eccetera. Il tutto accompagnato dalla onnipresente critica che Alitalia è già costata ai contribuenti tanti soldi e insistere con il controllo pubblico vorrebbe dire continuare  a buttar soldi dalla finestra.

Ma a nostro parere tutte queste discussioni preliminari  dovranno alla fine fare i conti con quello che da sempre è stato l’unico e vero problema di Alitalia:

 

chi la dirigerà, chi deve prendere le decisioni operative di quali aerei acquistare, di quali rotte e destinazioni  servire, di quanta capacità immettere su determinate direttrici ovvero,  per farla breve, a quale modello di aerolinea puntare, questo qualcuno dovrà essere un esperto dell’airline business.  (1)

 

Possiamo discutere in saecula saeculorum se Alitalia dovrà essere pubblica o privata, italiana o controllata straniera, il succo della questione rimane quello da noi indicato.

Alitalia si è ridotta allo stato a tutti ben noto  non perché era privata o pubblica, non perché non c’erano compagnie straniere ad essa interessata, nulla a che vedere quindi con la sua struttura societaria ma semplicemente perché chi ha preso le decisioni verso quale modello di aerolinea puntare nell’ambito della geografia dei collegamenti aerei ha sbagliato indirizzo.

Detto ciò e augurandoci che  qualunque sia la scelta che si adotterà si tenga conto di tale importante particolare, uno sguardo in giro per il mondo mostra una situazione assai variegata e niente affatto consolidata per quanto riguarda il dilemma pubblico o privato.

 

In molte regioni, la proprietà pubblica (parziale o totale) rimane ancora il modello predefinito per le compagnie aeree nazionali.

In Nord America,  il modello dominante rimane quello privato. Non è un mistero che le grandi a stelle e strisce non sono mai state di proprietà statale.

A loro volta le tre grandi del Golfo nel Medio Oriente, (Emirates, Qatar Airways, Etihad) sono cresciute rapidamente rimanendo pubbliche.  In Turchia il governo di Ankara mantiene ancora il 49 per cento della Turkish Airlines.

 

Con ogni probabilità  la regione che ha condotto il maggior numero di privatizzazioni di compagnie aeree è stata l’Europa. Ricordiamo che nel 1987 il governo di Margaret Tatcher per primo volle privatizzare la British Airways.  In Europa occidentale comunque,   le privatizzazioni non sono state complete e molti governi mantengono quote, vedi Air France-KLM (17,6%),  Finnair (55,%), TAP Portugal (50%), SAS (42,8% suddiviso tra Svezia, Danimarca e Norvegia) .

Ben differente la situazione nei paesi dell’est Europa dove tuttavia qualcosa sta cambiando. E’ proprio di questi giorni la notizia che il governo di Chisinau ha venduto a privati la compagnia di bandiera Air Moldova (2).  Nell’Europa centro-orientale, la maggior parte delle compagnie aeree nazionali rimane controllata dallo stato, anche se non sono pochi coloro che cercano investitori del settore privato. Questi includono Air Malta, Croatia Airlines e LOT Polish Airlines. Nel 2013, Air Serbia è stata parzialmente privatizzata attraverso la vendita di una partecipazione del 49% a Etihad. In Russia il 51 per cento di Aeroflot è in mano governativa. In Cina sebbene le tre grandi Air China, China Eastern e China Southern siano quotate in borsa esse sono ancora sotto controllo statale.

In Argentina la privatizzazione di Aerolineas Argentinas avvenuta negli anni novanta ha portato alla formazione di un consorzio guidato da Iberia la quale a sua volta è ancora controllata dallo Stato tramite la holding SEPI.

 

Insomma ovunque ci si guardi in giro la situazione non è da bianco o nero, bensì vede prevalere un ampio ventaglio di situazioni.  Esemplare a tal proposito quando accaduto in Canada. Anche qui negli anni ottanta venne avviata la deregolamentazione e la compagnia Air Canada nel 1988 venne privatizzata. Nel 2001 riuscì ad acquistare anche la sua rivale Canadian Airlines, ma appena due anni dopo finì sotto la bankruptcy protection.   L’anno successivo la compagnia riemerse sotto la nuova egida della  ACE Aviation Holdings Inc.  una public company  (3) e negli ultimi 6 bilanci ha dichiarato sempre profitto. In questa fattispecie troviamo i seguenti passaggi: pubblico, privato,fallimento, pubblico.

 

Quale privatizzazione di aerolinea  ha avuto più successo?

 

Una degli esempi più riusciti da ricordare  è la vendita avvenuta nel 1995 in Australia della compagnia aerea nazionale Qantas. Da quell’anno la sua flotta è  raddoppiata e il  numero di passeggeri  si è triplicato. Tutto ciò le ha permesso di poter far fronte ad agguerriti concorrenti come la Virgin Australia e si è anche cimentata con successo nel lancio di una propria sussidiaria low cost, la Jetstar.

Nell’anno finanziario 2017 (4) la Qantas ha dichiarato oltre 12 miliardi di dollari di revenue e un profitto di 693 milioni.

Da quanto sopra esposto appare evidente che nel mondo delle compagnie aeree non vi è una stella polare da prendere come riferimento. Ogni Paese ha adottato la formula che a lui pareva più consona a portare la compagnia nazionale in utile. Ciò conferma la tesi da noi esposta che non è la struttura societaria a determinare le fortune di una aerolinea bensì una sua oculata gestione.

 

1) In merito vedi “Alitalia in perenne circuito di attesa” Newsletter datata 19 aprile 2018

(2) In apertura di ottobre 2018 La compagnia aerea rumena Blue Air con una operazione da 60 milioni di euro ha acquisito la compagnia di bandiera moldava Air Moldova.  Il governo moldavo aveva lanciato una gara per la vendita della società. Nella cifra è anche ricompreso il ripianamento dei debiti accumulati dal vettore moldavo.

(3)  ACE non era solo una soluzione per la bancarotta di Air Canada, ma anche una mossa strategica di Robert Milton per creare un portafoglio di società indipendenti per servizi corollari al trasporto aereo.

(4) La Qantas chiude i suoi bilanci al 30 giugno di ogni anno.

Tratto da www.aviation-industry-news.com