di Antonio Bordoni.

 

Ma almeno proviamo un poco di imbarazzo, di vergogna?  Guardiamoci intorno e qualcuno ci indichi un altro Paese europeo o extraeuropeo il quale non disponga di un vettore aereo “ex di bandiera” che rappresenti la nazione.  Non lo troveremmo, poichè tutte le nazioni lo hanno.  Lo ha la Grecia che pure ha avuto la sua compagnia nazionale Olympic Airlines,  fallita. Lo hanno Svizzera e Belgio che pure avevano visto le loro compagnie di bandiera Swissair e Sabena chiudere i battenti una a poca distanza dall’altra. Non esiste nazione che sia pur attraverso fallimenti, chiusure e rinascite oggi non abbia la sua compagnia aerea che vola in utile.

Nel nostro paese  Alitalia è da anni che continua ad operare solo grazie ai sussidi governativi, Air One è scomparsa all’interno di Alitalia, c’era una volta Meridiana poi divenuta Air Italy circa la quale proprio in queste ore apprendiamo che è stata posta sotto liquidazione in bonis.

La domanda sorge spontanea: ma perché gli altri volano e fanno utili e da noi invece i vettori aerei sono in perenne crisi? In Italia forse circola un virus che mette fuori combattimento le compagnie aeree, o le nostre compagnie sono come i dieci piccoli indiani di Agatha Christie?

Se le vicende di Alitalia entreranno nel Guiness dei primati come  il fallimento più lungo nella storia delle compagnie aeree,   per Air Italy non si può non osservare la coincidenza che anche lei, alla pari di Alitalia, avrebbe dovuto essere rilanciata dall’unione con un vettore arabo.  Entrambe hanno trovato il loro investitore medio-orientale, entrambe si sono ritrovate al punto di partenza dopo pochi mesi e tante speranze disattese.

Chi non ricorda le grandi aspettative che James Hogan, allora ceo di Etihad, annunciò nel 2014 al momento del connubio fra Etihad e Alitalia? E chi ha dimenticato le parole di  Akbar Al Baker ceo di Qatar Airways pronunciò al Farnborough Air Show a luglio del 2018?  “Faremo diventare Air Italy il principale vettore in Italia”.

Ad onor del vero dobbiamo dire che qualcuno aveva predetto ciò che si sta verificando.  Quando L’Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile) presentò nel giugno 2012 il suo rapporto annuale, il presidente Vito Riggio affermò  che le compagnie aeree made in Italy rischiavano l’estinzione.  Su quali basi esternava tale convincimento?

Semplice a dirsi: a fronte di un traffico aeroportuale in continua crescita, i numeri dei nostri vettori continuavano a rimanere stazionari se non addirittura a diminuire.

E questa previsione ha trovato puntuale conferma negli anni successivi. Se noi guardiamo gli ultimi dati disponibili (anno 2018) troveremo che a fronte di 185 milioni di passeggeri movimentati sugli scali italiani 95 milioni sono stati appannaggio delle compagnie low cost  e 90 milioni delle compagnie cosiddette tradizionali.

Comparando questi dati con quelli del 2012 si ha la conferma di come il trend pronosticato da Riggio sia venuto consolidandosi.

Compagnie low cost                      Compagnie tradizionali

2012                                      41,30%                                                58,70%

2018                                      51.30%                                                48.70%

Disastro aviazione Italia quindi?  Non è corretto affermare ciò. Se teniamo conto che anche le imprese aeroportuali  fanno parte del sistema aviazione possiamo affermare che per gli aeroporti non si conosce crisi, mentre quest’ultima riguarda solo le compagnie aeree nostrane. La tabella sottostante lo conferma.

 

Numero Passeggeri Air Italy & Alitalia vs. Numero passeggeri aeroporti italiani

                    Air Italy(*)         Alitalia                      passeggeri movimentati negli scali italiani

2016      2.627.654             23.106.354                                       164.368.000

2017      2.474.714              21.765.476                                        174.628.000

2018      1.942.766            21.987.408                                        184.811.000

(*) la denominazione Air Italy è stata adottata dal 1 marzo 2018

La Caporetto delle compagnie italiane è ben dimostrata anche dal sottostante prospetto ove si può osservare come tutte le compagne aeree italiane messe insieme nel 2018 hanno trasportato  dieci milioni di passeggeri in meno rispetto a quanti ne ha movimentati in Italia la sola Ryanair.

 

Anno 2018, passeggeri trasportati:

Alitalia                                     21.987.408

Air Italy                                     1.942.766

Blue Panorama                        1.552.317

Neos                                            1.246.178

Air Dolomiti                             1.077.408

Ernest                                            610.793

Mistral                                            92.866

 

Totale vettori italiani                      28.509.736

RYANAIR in Italia:                          37.882.633

 

 Quindi abbiamo passeggeri che usano il mezzo aereo da/per l’Italia in aumento, ma compagnie aeree nazionali che rischiano l’estinzione.  Dove e cosa si è sbagliato? Crediamo infatti possano sussistere pochi dubbi sul fatto che siamo in presenza di uno spontaneo harakiri ovvero di qualcosa di deleterio provocato da noi stessi. Ad altra conclusione non si può giungere ricordando che solitamente  quando un Paese dispone di un consistente bacino di traffico i primi che ne dovrebbero trarre vantaggio sono i vettori nazionali. 

Ma sarebbe errato dare tutta la colpa alle low cost. Quest’ultime sono presenti ormai in ogni paese, ma solo da noi il vettore nazionale si è fatto surclassare  e mettere al tappeto da esse. Piuttosto prendiamo atto che gli altri paesi -anche quelli i cui vettori sono entrati in crisi- hanno risolto in tempi rapidi i problemi dei loro vettori senza farli perpetuare in saecula saecolorum.

E’ questo un primo punto su cui riflettere.

Altro aspetto da noi denunciato in tempi non sospetti è quello delle asimmetrie fiscali vigenti nei Paesi della UE. Se in Irlanda Ryanair paga tasse sulla società, sul costo del lavoro e contributi sociali ridotti all’osso mentre da noi si arriva a toccare la percentuale del 50 per cento, è evidente che avremo compagnie che hanno il percorso facilitato nell’arrivare all’utile ed altre che invece si troveranno in difficoltà.

Tornando specificatamente su Air Italy dobbiamo annotare come, alla pari di Etihad, anche Qatar Airways ha avuto la sua crisi. I risultati dei due ultimi anni finanziari (31/3/2018 e 31/3/2019) hanno chiuso in rosso ed in aggiunta a ciò è dal giugno del 2017 che tutti gli aerei  della compagnia basata a Doha non possono sorvolare lo spazio aereo degli Emirati, dell’Arabia Saudita e dell’Egitto costringendo i voli della Qatar a più lunghi percorsi che incidono sui costi operativi della compagnia.

Se a questi fattori aggiungiamo anche il particolare che in quanto vettore extra-UE alla Qatar non è permesso andare oltre il 49 per cento del controllo di Air Italy, avremo un quadro completo del perchè la compagnia, ex Meridiana, si trovi oggi in liquidazione in bonis.

 

Tratto da www.aviation-industry-news.com