di Antonio Bordoni.

 

In tempi in cui tutto è “light” dal formaggio al biscotto, dalla merenda alle patatine è del tutto coerente che nel nostro originale e impareggiabile Paese si lanci la compagnia aerea light.  Ma prima di parlare sulle ultime novità che riguardano  la neverending story di Alitalia, vorremmo fare un breve punto della situazione.

In questo periodo dell’anno  iniziano a giungere notizie sulla chiusura dei bilanci dell’esercizio precedente, anche perché non poche compagnie chiudono i loro bilanci al 31 marzo anziché al 31 dicembre.

Ebbene per quanto riguarda l’anno 2020 le notizie che giungono dal fronte dell’aviazione civile sono davvero funeste. Di certo parlare di un anno che ha visto le compagnie aeree tenere a terra i loro costosissimi velivoli ha ben poco senso, così come non ha senso fare paragoni con l’ultimo anno in cui si volava tranquillamente, ovvero il 2019.

Ryanair ha fatto sapere di aver registrato una perdita di 815 milioni di euro per l’anno terminato il 31 marzo 2021 rispetto al profitto di 1 miliardo euro l’anno precedente.  Easyjet da parte sua per la prima volta in 25 anni ha riportato una perdita pari a 1,3 miliardi di sterline.

Questo era il risultato del bilancio chiusosi il 30 settembre 2020, ma non meglio sono andati i primi sei mesi del corrente anno fiscale, ottobre-marzo, periodo  nel quale la compagnia inglese ha dichiarato una perdita di 701 milioni di sterline.

Inutile poi citare il crollo del numero passeggeri perché sono cifre da Caporetto per tutti i vettori,  non solo per i due da noi citati icone del traffico low cost e oggi veri e propri asso piglia-tutto dei cieli europei.

Se questa è la situazione in cui versano vettori che notoriamente presentavano risultati sempre in utile, quali sono le ultime notizie sul fronte interno per quanto cioè riguarda le nostre aerolinee?

Innanzitutto avvertiamo che proprio in questi giorni i due commissari che hanno in mano la patata bollente di Air Italy, Enrico Laghi e Franco Maurizio Lagro, hanno comunicato al Ministero del Lavoro che la consultazione fra azienda e sindacati  si è chiusa con esito negativo. 

In gioco vi era lo stop al licenziamento di 1.383 dipendenti.  Per quanto riguarda Neos  la compagnia a vocazione leisure  diretta da Lupo Rattazzi la stessa ha richiesto, insieme a Air Dolomiti e Blue Panorama, che nel sostegno bis ci fossero fondi destinati anche a loro e non solo per Alitalia.

Per Alitalia, o più correttamente dovremmo dire “ITA”,  le interminabili vicende  sono ora accentrate su diversi fronti: la cessione di slots su Linate, la vendita a terzi del marchio e la vendita tramite gara degli asset della vecchia compagnia.

Dietro a questi problemi sul tappeto vi è la presa d’atto che ormai Alitalia è agli sgoccioli e dicendo ciò non intendiamo riferirci alla cronica  mancanza di liquidità in cassa, bensì al fatto che è tempo di prendere atto che le dimensioni che si prospettano all’orizzonte la conducono sul piano dei vettori regionali. 

Ormai il numero passeggeri trasportati da Alitalia è da medio vettore quasi di nicchia e non certo da vettore primario di carattere internazionale.

Volenti o nolenti bisognerà rendersi conto che il vettore non è più strategico per il mercato turistico Italia. (1) Il suo ruolo è stato da tempo preso dai vettori stranieri  che sono in grado di portare gli italiani dove vogliono offrendo collegamenti non più solo da Roma e Milano bensì  anche da altri aeroporti nazionali. 

Proprio in questi giorni la multinazionale Wizz Air ha annunciato l’apertura della quinta base a Roma dopo quelle già attive di Malpensa, Palermo, Catania e Bari.

I vettori stranieri ampliano la loro presenza sul mercato italiano soprattutto perché il nostro Paese è l’unico, anche in tempi normali, ad avere la principale compagnia aerea in perenne crisi.   

Ora con le vaccinazioni di massa è indubbio che il mercato aereo si riprenderà e stessa cosa dicasi per gli aeroporti, ma quale ruolo potrà avere “ITA” in questo scenario “post-bellico”?

Avanzare critiche e logiche osservazioni  sulla nostra maggiore compagnia aerea è come parlare ai sordi.

Fra tutte, una domanda rimane senza risposta: se la compagnia non era in grado di produrre utili  e reggersi con le proprie forze in periodo pre-Covid,  cosa si pensa di fare, a quali obiettivi si vuole puntare continuando a destinare a lei centinaia di milioni di fondi pubblici ovvero soldi appartenenti a tutti noi contribuenti italiani?

E nel formulare questa domanda non dimentichiamo di precisare che così facendo l’Italia continua a stare sotto scacco di sanzioni e multe per aiuti che potrebbero venir considerati illegali.

Il tribunale dell’Unione Europea con sede nel Lussemburgo, di recente, ha annullato la decisione della Commissione europea di approvare gli aiuti di stato, da parte di Paesi Bassi e Portogallo, alle compagnie aeree KLM E TAP.

“Insufficienza di motivazione”, si legge nella sentenza.

KLM aveva ricevuto dal governo olandese 3,4 miliardi di euro, mentre TAP 1,2 miliardi dal governo portoghese, aiuti approvati dalla Commissione europea rispettivamente a maggio e luglio 2020, il tutto ovviamente accompagnato da motivazioni del Covid.

Con questi venti che spirano dal nord è più che probabile cha la nostra neo-compagnia light non riesca nemmeno  a prendere il volo, anche perché sarà facile appurare che gli odierni problemi di Alitalia non traggono la loro origine dal Covid. 

se per Klm e Tap che andavano bene prima dell’inizio della pandemia è stata presa la suddetta decisione, quali speranze avremo noi?

 

  • Vedi a tal proposito la nostra Newsletter “Alitalia, Turismo & PIL” edita il 25 marzo 2021

 

Tratto da www.aviation-industry-news.com