di Antonio Bordoni

 

Osservate il sottostante titolo.  (1)

Esso è del tutto corretto, ma non vi pare che ci sia qualcosa di stonato? “L’amministratore delegato di Air Dolomiti di Lufthansa comunica che la flotta aumenterà dal 2025”.

Ora se il CEO di Lufthansa avesse annunciato che la flotta di Eurowings subirà variazioni a partire dal 2025 non avremmo trovato nulla da eccepire: entrambe le compagnie oltre che appartenere allo stesso gruppo (Gruppo Lufthansa) sono tedesche; ma tornando al nostro titolo, è normale che il Ceo di una compagnia tedesca annunci imminenti variazioni riguardanti la flotta di una compagnia italiana?  

Ebbene dobbiamo purtroppo riconoscere che in base alle alchimie adottate dalla moderna aviazione commerciale, tutto rientra nella più assoluta normalità.

Un argomento dell’aviazione civile divenuto di difficile decifrazione anche per gli addetti ai lavori è senza dubbio quello relativo alla ownership dell’aerolinea: ovverosia cercare di individuare chi è il proprietario dell’aerolinea specialmente considerando che gli accordi di traffico che venivano una volta siglati tenevano presente la nazionalità dell’aerolinea.

Infatti parlando di diritti di traffico non si può non ricordare che questi derivano da agreement bilaterali firmati tra Stati; l’aviazione civile è nata e si è sviluppata grazie a cinque semplici libertà dell’aria (freedom rights) oggi diventate nove.

Sono esse che hanno contrassegnato la storia dell’aviazione commerciale, ma per quanto siano state basilari per regolare i traffici internazionali, ai nostri giorni l’attenzione degli euroburocrati si è spostata sull’ownership-and-control dell’aerolinea.

Di fatto gli eventuali punti critici delle trattative non vertono più sulla concessione delle cinque libertà, ma su ben altri fattori.

Ricordando come Austrian, Swissair e Sabena fossero un tempo vettori di bandiera indipendenti di tre Stati europei di tutto rispetto, ed oggi sono controllati tutti da un unico vettore, Lufthansa, non crediamo affatto esagerato affermare che siamo in presenza di una colonizzazione delle aerolinee.

La strada seguita è stata quella di acquisizione della totalità del capitale sociale ed è ovvio che ciò è stato permesso dal fatto che l’Europa è stata la prima regione ad aver abolito la restrizione sul controllo azionario delle aerolinee nell’ambito UE, ma solo in questo ambito e non estendendolo alle aerolinee di altre regioni.

Ciò significa che un vettore comunitario può acquisire  il 100 per cento di un altro vettore comunitario, ma stessa cosa se la volesse fare una Emirates o una Qatar Airways sempre nei confronti di un vettore UE, l’acquisizione si deve fermare al 49 per cento.

Non si fa peccato a pensar male, e sono in molti a ritenere che una tale regola sia stata voluta da Bruxelles  per “togliere di mezzo” i vettorucoli permettendo ai giganti del settore  di acquisire la maggior parte dei mercati continentali.

Tuttavia la domanda rimane sul tappeto: una Swiss controllata al 100% da Lufthansa si deve considerare una compagnia svizzera o tedesca?

Se si dovesse tener conto della nazionalità di chi possiede l’azionariato la risposta è presto detta con la conseguenza che un qualsiasi Paese extra-UE (ad esempio Singapore o l’India) potrebbe negare i diritti di traffico alla Swiss in quanto non più compagnia elvetica bensì tedesca.

Bisognava trovare una via di uscita dall’impasse causato dalla miopia degli euroburocrati di Bruxelles i quali avevano voluto creare “il vettore europeo” in sostituzione dei singoli vettori, incuranti però dei problemi che si andavano a creare con i Paesi extra-UE.

In questa surreale vicenda non bisogna mai perdere di vista un punto fondamentale: l’Europa pur avendo creato la moneta comune, non ha unificato gli Stati che rimangono singoli; nelle trattative di carattere internazionale è questo un particolare destinato a pesare e che tuttavia si finge di ignorare.

DAL CONTROLLO DELL’AZIONARIATO AL “PREVALENTE” LUOGO DI AFFARI

Per il momento la soluzione adottata è di sostituire la “obsoleta” clausola della nazionalità, con quella del “Principal Place of Business”. In quale città, in quale nazione una Swiss svolge in prevalenza la sua attività? In quale nazione una Air Dolomiti ha la sua principale base di attività? Nel primo caso la risposta è la Svizzera, nel secondo la risposta è l’Italia, ed ecco risolto il nodo.

Nei testi dei bilaterali si provvederà a sostituire la clausola limitativa di ownership-and-control” con il criterio aggiornato basato sulla sede principale della compagnia, ovvero il principio del “Principal Place of Business”.

Molti studiosi della materia definiscono “paradossale” il fatto che un’industria la quale collega Paesi nel mondo, facilitando gli scambi commerciali, risulti ancora così ingessata nelle acquisizioni di azionariato cross-borders, ma la verità è che il concetto di nazione e di bandiera è ancora fortemente radicato (e probabilmente lo sarà sempre più), e ciò non può non vanificare i tanto decantati propositi di abbattimento delle frontiere; ad altra conclusione non si può giungere ricordando che in Paesi europei ove le compagnie avrebbero potuto realmente unificarsi, ciò non è avvenuto.

Il massimo che si è ottenuto sono due modelli ben distinti. Abbiamo il modello “A” (Iberia- British Airways; Air France-Klm) e il modello “B” (es. Air Dolomiti controllata al 100% da Lufthansa che tuttavia – da quel che dicono – rimane italiana in quanto il principal place of business è in Italia).

Sono esempi che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che le reali fusioni, se e quando avvengono, potranno riguardare vettori entrambi appartenenti alla stessa bandiera, ma non si spingono oltre frontiera. AirOne scomparsa nel tritatutto di Alitalia è un classico esempio di quanto stiamo dicendo.

In altri nostri interventi abbiamo trattato del campo non livellato che sussiste nell’ambito UE.  In realtà in questi nostri interventi ci riferivamo ai differenti regimi fiscali in atto nei varo Paesi della UE.     Ma in questo nostro ulteriore intervento ci riferiamo invece a quanto può arrivare il cntrollo di un vettore comunitario su un altro, fatto questo non possibile al di fururi della UE.

Per dare ai lettori una idea dei problemi che una tale politica ha generato vogliamo riportare quanto contenuto nella scheda informativa diramata dall’Ufficio federale dell’aviazione civile della confederazione svizzera UFAC: (4)

 

184 APPENDICE 5

Sono pertanto necessarie negoziazioni con le autorità degli Stati in questione per poter modificare gli accordi in modo tale da permettere a Swiss, in futuro in mano tedesca, di continuare a usufruire dei diritti di traffico stipulati tra la Svizzera e gli altri Paesi.

Da diversi anni, nel quadro delle negoziazioni per la stipula di accordi bilaterali sul traffico aereo, le autorità svizzere cercano di sostituire la clausola «Ownership-and-Control» con il criterio della sede principale («Principal Place of Business»), prassi sempre più diffusa a livello internazionale. In futuro, non dovrà infatti più essere determinante chi è il proprietario di una compagnia, bensì il luogo in cui si svolgono le attività principali dell’azienda. In circa 30 casi la Svizzera è già riuscita a ottenere una formulazione più liberale degli accordi per quanto concerne la clausola «Ownership-and-Control».

 

  • Tratto da “Aerotime Hub” del 28.12.2023
  • “Il mercato aereo della UE non è livellato”,  nostra newsletter datata 29/10/2022
  • UFAC = Ufficio Federale Aviazione Civile della Svizzera

 

 

Tratto da www.Aviation-Industry-News.com