
Di Liliana Comandé
Come eravamo…Tutto cambia, tutto si evolve, non sempre in meglio.
A volte capita che vengano in ufficio alcuni “vecchi” colleghi, dipendenti del turismo e del trasporto aereo. Inevitabilmente il discorso cade sempre sui tempi d’oro di quello che era considerato uno dei più bei mestieri del mondo.
l turismo e il trasporto aereo dei periodi in cui ancora esistevano le “gloriose compagnie aeree” come Pan American, TWA, Alitalia (quando era il nostro vanto e una “signora compagnia”) e degli agenti di viaggio quando erano considerati indispensabili sia per gli operatori che per i vettori ma, soprattutto, per la clientela che si affidava completamente all’esperienza di chi sapeva consigliare una destinazione, un tour o un hotel piuttosto che un altro.
Gli agenti di viaggio erano il web dell’epoca con in più l’umanità, l’affabilità e la cortesia che il cliente desiderava trovare quando varcava la soglia dell’agenzia e sfogliava, assieme a quel professionista, i coloratissimi cataloghi degli operatori.
Sì, quelli erano veramente bei tempi. Era una grande famiglia nella quale ci si trovava bene.
Ci si conosceva un po’ tutti ed esisteva quel senso di amicizia anche al di fuori del lavoro. Ci s’incontrava per delle grandi grigliate nelle seconde case di chi le possedeva.
Si amava l’azienda per la quale si lavorava come se fosse stata di nostra proprietà.
Tutti contribuivano al benessere della società con grande impegno e passione.
Certo, i lavativi sono sempre esistiti e c’erano anche allora, ma si potevano contare veramente sulle dita delle mani.
Era un altro modo di concepire il lavoro e le amicizie.
Si era più semplici, più ingenui, forse, ma si era orgogliosi di far parte di un mondo che era considerato privilegiato perché si poteva viaggiare e si parlava con sicurezza di destinazioni che neppure si conoscevano realmente.
Solo a Roma c’erano tante di quelle compagnie aeree (credo fossero una sessantina), tutte situate fra via Bissolati e via Barberini che, durante l’intervallo del pranzo, riconoscevi le persone dalle divise che portavano con estrema eleganza.
Oggi di compagnie ne sono rimaste ben poche, molte hanno i GSA e i rapporti che si avevano con quelle che venivano considerate delle “grandi famiglie”, non esistono quasi più.
Sono cambiati i tempi, è vero, ma a cambiare siamo stati anche noi.
Così, di getto, mi è venuto in mente di riprendere un vecchi articolo, che avevo scritto proprio su richiesta di chi lavorava nel settore, e che li aveva fatti tornare indietro nel tempo…quello bello che non tornerà più.
Questo editoriale è dedicato a quei giovani che, purtroppo per loro, non hanno potuto conoscere quei periodi, ma anche a chi ancora ne fa parte rammaricandosi non poterli rivivere più!
Come eravamo…
Tutto cambia, tutto si evolve.
Eppure…qualche volta viene voglia di tornare indietro nel tempo, non tanto perché si rimpiange la giovinezza ma perché si ha nostalgia per qualcosa che oggi non c’è quasi più: il rispetto per gli altri e l’entusiasmo per ciò che si fa.
Chi appartiene alla mia generazione avverte un senso di malessere nel constatare quanto siano modificati i costumi e, purtroppo, in peggio.
La maleducazione e l’intolleranza sono imperanti e, naturalmente, anche il settore turistico è pieno di persone poco educate, poco cortesi e…che lavorano solo per ritirare lo stipendio a fine mese.
Ricordo che alla fine degli anni sessanta e ai primi dei settanta c’era il mito degli assistenti di volo: i ragazzi e le ragazze sognavano di indossare quella mitica divisa e girare il mondo gratis.
Sfortunatamente il viaggio in aereo non era ancora appannaggio di molti e, quindi, c’erano meno aeromobili e meno bisogno di steward e hostess.
C’era una selezione molto spietata e le/i fortunati prescelti erano sempre molto belli, molto motivati e, talvolta, molto raccomandati.
Però c’è da ammettere che quando si entrava in un aeromobile, di qualsiasi compagnia aerea, si veniva accolti da personale elegante, curato, cortese e molto sorridente.
Durante il volo ci si sentiva coccolati e si ammirava il volto sempre sorridente degli assistenti (alcune volte definiti “gli angeli dei cieli”) che si prendevano cura dei passeggeri.
Si aveva il massimo rispetto per la loro professione e si invidiavano per la fortuna che era capitata loro.
A quel tempo ci sembrava fosse giusto che il personale dovesse essere bello e quanto mai rappresentativo dei paesi di provenienza.
Ma d’un tratto ci si è accorti che la massa incominciava a prendere l’aereo per i suoi spostamenti sia di lavoro che di piacere, così le flotte dei vettori incominciarono a crescere e ci fu sempre più bisogno di assumere personale di volo.
Ma pian piano qualcosa è cambiato a bordo degli aerei. Non sempre si è accolti con un sorriso, anzi, capita più spesso di non essere neppure salutati.
Ci si imbatte in assistenti di volo che sembrano aver appena lasciato il grembiule di casa per infilare quello della compagnia per la quale lavorano.
Alcuni hanno qualche chilo di troppo e l’aspetto sciatto e poco curato. La bellezza, poi, sembra diventata un optional, così come la professionalità.
Dai corsi che frequentano non sempre esce personale all’altezza del ruolo che riveste. Eppure non dovrebbe essere tanto difficile o faticoso sorridere e tranquillizzare con la propria aria sicura e serena i viaggiatori che si imbarcano.
In fondo i passeggeri sono gli ospiti momentanei di una “casa volante” e gli assistenti i padroni che offrono una buona accoglienza.
Per qualcuno di loro, però, questo è un concetto difficile da comprendere. Peccato, perché chi non ne esce bene è sempre la compagnia aerea che viene identificata con il suo personale.
Perciò se si riceve un buon servizio e una buona accoglienza se ne avvantaggia, in termini di pubblicità positiva, sia il vettore che il personale stesso, altrimenti le negatività si ripercuotono contro entrambi. Infatti spesso la scelta di una compagnia piuttosto che un’altra viene decisa proprio in base al servizio offerto a bordo (assistenza, accoglienza, calore umano) e le compagnie orientali, in quanto a questo, hanno molto da insegnare alle alte.
Forse, come dicevo all’inizio, è una questione di educazione, di dignità e senso di responsabilità per la professione che si svolge.
Bisognerebbe pensare più spesso oltre che ai propri diritti anche ai propri doveri nei confronti degli altri.
Quanti ricordi, quanta nostalgia hanno suscitato le mie parole in chi è “vecchio” del settore. Alcuni hanno confidato, però, che in realtà alla fine degli anni ’60 – inizi ’70 non esisteva solo il mito dell’assistente di volo ma anche quello del semplice impiegato di compagnia aerea, sia che operasse in aeroporto o in città.
E’ vero, a quei tempi chi lavorava in una compagnia aerea, soprattutto se straniera, aveva uno stipendio elevato rispetto alle altre categorie di lavoratori.
Erano dei privilegiati quanto coloro che lavoravano in banca, anzi di più. Infatti, oltre a guadagnare bene avevano l’opportunità di viaggiare spendendo pochi soldi.
Un privilegio, questo, riservato ancora a pochissimi. Gli amici dei “fortunati” rimanevano a bocca aperta davanti a foto, diapositive o a filmati, che ritraevano paesi soltanto immaginati.
E quanto orgoglio nei genitori quando raccontavano ai parenti dei viaggi dei figli.
In quel periodo, infatti, ci si concedevano quasi sempre vacanze estive in Italia o, quando c’era una certa disponibilità, week end in Europa.
Durante le cene con gli amici, con finta nonchalance e con falsa umiltà i “fortunati” narravano episodi lieti o disavventure di viaggio, fingendo una padronanza delle lingue straniere che (a volte) non si conoscevano bene o per niente.
Chi non ricorda le domeniche trascorse nei pressi degli aeroporti per osservare a distanza ravvicinata quelle meravigliose “macchine volanti” che decollavano e atterravano?
Era tutto così nuovo, così avveniristico che ci si sentiva parte integrante del futuro, perché gli aerei rappresentavano il futuro e un mondo non facilmente accessibile a tutti.
Che fortuna poterne far parte e che gioia, ogni volta, trovarsi in un aeroporto con le valigie in mano pronti per una nuova avventura in qualsiasi parte della terra.
Quella terra che diventava sempre meno estranea, meno immensa e meno misteriosa.
E quanta felicità si provava quando si incontrava un connazionale a Bangkok, a New York o a Parigi.
Ma, anche, quanti pregiudizi all’estero nei confronti degli italiani!
Gli unici “esemplari” conosciuti, infatti, erano stati i nostri poveri emigranti degli anni ’40-’50 che, certamente, non potevano rappresentare la realtà degli italiani degli anni ’70-‘80.
In America, addirittura, c’era chi domandava se in Italia avevamo tutti il frigorifero in casa ( anche oggi, tuttavia, c’è chi chiede se si possiede un computer personale).
Da noi non c’era ancora la televisione a colori come in America, ma non si era proprio poveri come gli americani immaginavano e il piatto nazionale non era certamente quello degli spaghetti “whit meats balls”.
Quanta ignoranza nei nostri confronti e che fatica far capire che l’Italia non era più quella del dopoguerra!
Erano i tempi della gloriosa Pan American, delle spese effettuate a New York dal “Triestino” e da “Romano”, negozi frequentati dai dipendenti di compagnia aerea che acquistavano a poco prezzo occhiali, ombrelli e orologi “griffati” che rivendevano poi ai colleghi.
Si vendeva di tutto, insomma, anche di più…
In quel periodo non erano ancora esplose destinazioni come i Caraibi e Cuba, Santo Domingo e le Maldive non erano ancora nei sogni degli italiani.
Il massimo di allora erano le isole Key West, le Bahamas e le Hawaii. In alternativa c’era Bangkok, dove si poteva acquistare qualsiasi tipo di merce a poco prezzo.
Anche in questa città c’era un grande via-vai di impiagati che si “ caricavano” di macchine fotografiche e magliette “ firmate” da rivendere agli amici.
Abituati alle cucine internazionali erano, con gli stranieri che vivevano in Italia, gli unici clienti dei primi e ancora rari ristoranti cinesi o indiani.
I parenti “poveri” dei dipendenti di compagnia aerea erano gli agenti di viaggio che, a differenza dei primi, non avevano le stesse agevolazioni.
I titolari, di solito, erano persone che avevano viaggiato per lavoro o per piacere ed avevano una certa conoscenza delle mete che vendevano.
Fungevano da consulenti, quindi, ed avevano la soddisfazione di parlare ai propri clienti di paesi che avevano visitato.
Non essendoci tanta concorrenza, la fidelizzazione della clientela avveniva sulla base delle capacità e della fiducia. In poche parole, allora si emergeva solo se si era professionisti del turismo.
E si guadagnava anche bene, perché non c’era ancora la mentalità né l’usanza di scontare i prezzi dei cataloghi degli operatori.
Si concretizzavano veramente i sogni e i clienti si affidavano completamente all’esperienza del venditore.
Il cliente non cercava il pelo nell’uovo e non esistevano ancora le associazioni dei consumatori alle quali rivolgersi per ogni stupidaggine.
I charter e le low cost erano ancora di là a divenire e si volava con compagnie aeree di linea.
I ritardi non erano un grosso problema e i giornali non montavano scandali ad ogni “alitar di vento”.
Le tariffe aeree erano basate sulle distanze che si percorrevano (per intenderci, non si assisteva all’assurdità di pagare 500 euro un biglietto per Londra e 600 euro per New York, come accade oggi – mi riferisco ai voli di linea).
Ci sarebbe ancora molto da dire sul come eravamo, purtroppo non lo siamo più…e dobbiamo prenderne atto!