Quanto incidono le spese aeroportuali sui costi complessivi? Recentemente, in margine ad una conferenza tenutasi a Toronto vi è stato un insolito e alquanto vivace scambio di battute fra il direttore generale della IATA Giovanni Bisignani e Lou Turpen presidente del Greater Toronto Airports Authority (GTAA).
“Your remarks about Toronto-Pearson were misleading, unhelpful and evidence of your confrontational approach to the airlines/airports relationship”: le parole di Turpen si riferiscono in particolare a commenti fatti a settembre da Bisignani circa l’aumento delle tariffe aeroportuali. Bisignani per tutta risposta ha bollato la risposta del presidente del GTAA come “petulant” ed ha ricordato la mancanza di trasparenza e la scarsezza delle consultazioni rammentando l’aumento del 27,7% che ha contraddistinto il GTAA nel 2003. La polemica è proseguita anche durante l’assemblea mondiale dell’ACI (Airports Council International) tenutasi a Sharjah durante lo scorso Dicembre.
Sull’argomento l’ACI ha ricordato, e non è certo la prima volta, come le airport fees rappresentino mediamente solo il 4% del totale costi operativi delle aerolinee, volendo con ciò significare che le lamentale delle aerolinee sono ingiustificate.
Di fatto, stante l’attualità dell’argomento, specialmente se collegato alla crisi attraversata dalle aerolinee, lo stesso non può essere liquidato con una semplice cifra di percentuale.
In primo luogo va osservato che non è la prima volta che le imprese aeroportuali reagiscono “sdegnosamente” ogniqualvolta si tocca l’argomento delle charges aeroportuali e del loro eccessivo lievitare.
A tal proposito non si può ignorare che così come le associazioni consumatori assai di frequente se la prendono con le aerolinee e le tariffe da loro applicate, non si ravvede davvero il motivo per cui gli aeroporti che forniscono i loro servizi alle aerolinee debbano essere esenti da critiche similari e non debbano accettare con più attenzione, eventuali osservazioni loro rivolte da quelli che sono i loro clienti istituzionali, ossia le aerolinee.
Pienamente d’accordo quindi con quanto recentemente affermato da Bob Aaronson, direttore generale ACI, il quale ha auspicato un “change of tone”, anche se è verosimile credere che, stante la fonte da cui proviene, l’invito era indirizzato alle sole aerolinee.
Vi è anche un ulteriore motivo per cui gli aeroporti dovrebbero contenere le loro lamentele, ed è il particolare che oltre all’aumento delle spese a carico dei vettori vi è da tener presente che in questi ultimi anni vi è stato un generale, diffuso proliferare in tutto il mondo di tasse aeroportuali a carico dei passeggeri, le quali tasse costituiscono una ulteriore fonte di entrata a favore dei gestori. Tenendo conto di questo particolare l’invito delle aerolinee a contenere gli aumenti delle spese aeroportuali assume ancor più valenza.
La seconda considerazione riguarda la fatidica percentuale delle spese aeroportuali sul totale dei costi operativi delle aerolinee.
L’ACI ha rammentato nuovamente dell’incidenza del 4%.
Ora qualunque persona minimamente addentro ai conti e spese che le gestioni aeroportuali addebitano alle aerolinee, e parliamo di aeroporti ovunque situati non intendendo riferirci ad alcuno scalo in particolare, dubiterebbe dell’esattezza di quella percentuale, ritenendola decisamente troppo bassa.
La Ryanair, nel bilancio chiuso al 31 marzo 2003, annota sotto la voce spese operative: Airport and handling charges increased by 27% due to an increase in the number of passengers flown, and the impact of increased airport and handling charges”; Bisignani nel suo attacco al sistema aeroportuale di Toronto parlava di aumenti del 27,7% riferiti all’anno 2003; Il Narita Airport Authority (NAA) di Tokyo, ha registrato un consistente profitto operativo nel suo ultimo anno finanziario e la Iata ha chiesto alla NAA di tagliare del 20% le tariffe applicate. Sono solo alcuni degli esempi più recenti, ma basterebbe dare uno sguardo alle cronache degli anni passati per osservare come il problema è sempre esistito.
Assai eloquente a tal proposito quanto pubblicato nel volume “Civilavia Statistica” anno ’94-’95 ove apparivano tabelle riguardanti l’andamento economico dei vettori italiani, e una di queste dettagliava la ripartizione dei costi in diverse sottovoci fra cui era compresa quella relativa alle spese di “Traffico e Scalo”. Ebbene se analizziamo la tabella 1, troveremo che l’incidenza di quest’ultime sul totale costi di esercizio è ben lontano da quel 4% riportato dall’ICAO e puntualmente amplificato dall’ACI (1).
Tabella 1
ANNI 1993-1994-1995 ; ANDAMENTO ECONOMICO SOCIETA’ DI NAV. AEREA
(milioni di lire)
Costi Ttl di esercizio Costi di traffico e scalo %
ALITALIA 1993 7.507.715 1.295.808 17,26
1994 7.811.816 1.450.812 18,57
1995 8.358.064 1.590.070 19,02
MERIDIANA 412.661 98.188 23,79
468.634 105.948 22,60
520.941 122.271 23,47
AIR DOLOMITI 36.131 15.084 41.78
71.367 14.699 20,60
100.403 17.884 17,88
Alla luce di queste grossolane discrepanze, riteniamo indispensabile fare chiarezza su quella percentuale del 4% da troppo tempo usata quale risposta ufficiale alle richieste di moderazione, se non di tagli, nell’applicazione delle tariffe aeroportuali.
Da dove scaturisce, quale è la fonte di questa percentuale?
Per quanto possa sembrare strano l’origine di questa cifra non è “aeroportuale” ma proviene dal versante delle aerolinee, più precisamente da fonte ICAO. A questo punto il discorso sembrerebbe chiuso, ma il fatto è che, non essendo affatto convinti dell’esattezza di questa stima, abbiamo ritenuto opportuno approfondire l’argomento.
Tabella 2
TRENDS IN REVENUES & EXPENSES 1991-2001
(dollari Usa)
Landing & associated Route facility Station expenses
airport charges charges
1991 8.160.000.000 (4,0%) 4.050.000.000 (2,0%) 22.250.000.000 (10,8%)
1996 11.600.000.000 (4,3%) 7.200.000.000 (2,7%) 29.120.000.000 (10,8%)
2001 12.480.000.000 (4,0%) 7.910.000.000 (2,5%) 32.850.000.000 (10,4%)
User charges and station expenses (totale delle tre voci surriportate)
1991 34.460.000.000 (16,7%)
1996 47.920.000.000 (17,7%)
2001 53.240.000.000 (16,9%)
La fonte ICAO cui accennavamo è quella contenuta nel documento “Financial Data Commercial Air Carriers” che annualmente l’organizzazione diffonde da Montreal.
In apertura di documento è riportato il trend del revenue e delle spese degli ultimi dieci anni, da noi sintetizzato nel riquadro numero 2. Come si può osservare, nell’ultimo decennio a disposizione, che copre fino all’anno 2001, quelle che vengono riportate sotto “Landing and associated airport charges” sono ferme al 4% pur essendo evidente la loro lievitazione dagli 8 miliardi di dollari del ’91 , agli oltre 12 registrati nel 2001.
Con percentuali di incremento come quelle denunciate dalle aerolinee suona alquanto strano vedere invariata nel corso di un decennio la share di incidenza.
Come primo passo abbiamo voluto capire quale istruzioni vengono fornite ai vettori per la compilazione di questo prospetto. Le istruzioni sono le seguenti:
Sotto la voce Landing & associated airport charges (8.1):
All charges and fees related to air traffic operations which are levied against the airline for services provided at the airports and shall include: landing charges, passenger and cargo fees, security, parking and hangar charges and related traffic operation charges, excluding fuel and oil throughout charges.
Sotto la voce Route facility charges (8.2)
Includes fees levied against the airline for the provision of route facilities and services. Where a single charge is levied for both airport and route facilities, the amount should be reported under 8.1 (landing & associated airport charges).
Sotto la voce Station Expenses (8.3):
Includes such items as: pay, allowances and expenses of all station staff engaged in handling and servicing aircraft and load, including flight supervisor, dispatchers and ground radio operators; station accommodation costs; maintenance and insurance of airport facilities where separately assessed; representation and traffic handling fees charged by third parties for handling the air services of the airline, station stores charges, including local duties on equipment, transportation, packing and materials, rental of stores, storekeepers’ pay, allowance and expenses etc.
When the cost of maintenance expenditure of flight equipment at outstations cannot be segregated for reporting in item 6 (maintenance and overhaul) it should be reported here with a note to this effect.
Allora iniziamo con l’annotare come nella voce 8.1, quella fatidica ferma al 4% da oltre dieci anni, non si faccia menzione alcuna della parola magica “handling”. Quest’ultima, sia pure impropriamente, come charges by third parties, la possiamo invece ritrovare sotto la voce 8.3 “Station Expenses”; sorge pertanto il legittimo dubbio che essa confluisca sotto questa seconda allocazione di spesa.
Le cosiddette spese di stazione, come si può osservare, lungi dall’avere una bassa incidenza, oscillano invece fra il 10 e l’11% . Pertanto sembra che mentre i vettori includono sotto la voce 8.1 solo le landing fees, tutte le spese relative all’handling finiscano nel riversarsi nella voce 8.3
Sembra pertanto potersi affermare che sotto la voce di landing and associated airport charges confluiscano solo quelle entrate che in gergo vengono individuate come “ricavi aeronautici”, mentre i ricavi di handling, che fra l’altro costituiscono la maggior parte delle spese aeroportuali, confluiscano sotto l’altra voce, la 8.3.
È comunque da annotare come le due voci sommate assieme si aggirino attorno al 15% di incidenza nei confronti delle spese complessive, percentuale questa decisamente più realistica rispetto a quella del 4%.
Se si vuole pertanto che questa teoria delle spese aeroportuali “basse”, abbia termine, è necessario che da parte ICAO vengano riviste le modalità di compilazione del modello in questione, poiché esso può dar luogo a confusione nella sua preparazione, fornendo il fianco all’ACI a controbattere le lamentele delle aerolinee sbandierando la bassa incidenza delle stesse.
Una terza considerazione, a nostro modesto parere, potrebbe essere avanzata e la stessa più che riguardare le voci di spesa che confluiscono nella voce 8.1, riguarda piuttosto l’attendibilità del dato preso nel suo complesso.
Un’attenta analisi del volume in questione (Financial Data Commercial Air Carriers) mostra che a fronte di una tabella riepilogativa riferentesi alle scheduled airlines of ICAO contracting states dove appunto è riportata la percentuale del 4%, segue poi un elenco di compagnie aeree, le quali non sono affatto la totalità delle aerolinee regolari operanti nel mondo, ma solo una ridotta parte di esse. Sorge pertanto legittimo il dubbio che il dato del 4% non si riferisca alla totalità delle aerolinee mondiali, in quanto la stessa fonte ICAO apparentemente non dispone dei dati di tutte le aerolinee.
Una quarta ed ultima considerazione riguarda poi il problema average, poiché in molti paesi non occidentalizzati, le compagnie di bandiera godono ancora di facilitazioni nella loro base di armamento.
È noto che fino al periodo della cosiddetta liberalizzazione degli scali, molti vettori di bandiera, anche in Europa, godevano di sconti e facilitazioni sulle tariffe aeroportuali ove essi avevano la propria base di armamento. Di questi scali, che applicano sconti al proprio vettore di bandiera, nel mondo ancora ve ne sono, e chiaramente questo particolare contribuisce ad abbassare notevolmente la media generale dell’incidenza della percentuale.
Come si vede non sono pochi i punti che suggeriscono di usare estrema cautela nello sbandierare quella percentuale del quattro per cento come risposta a tutti i problemi che le aerolinee incontrano nei confronti dei costi aeroportuali. Di certo, il particolare che lascia davvero perplessi, è che da parte IATA e ICAO apparentemente nessuno sente la necessità di voler meglio approfondire, ed eventualmente apportare le opportune correzioni, all’argomento in oggetto.
Antonio Bordoni
(1) Questa tabella non è più riportata nelle successive edizioni di Civilavia Statistica; l’esempio è un’ulteriore conferma di quanto da noi annotato nell’altro articolo che compare in questo numero (“I numeri dell’Enac 2002”) circa il troppo spazio dedicato alle società aeroportuali e il modesto spazio riservato ai dati sulle compagnie aeree riportati nell’ultima edizione dell’annuario Enac sull’aviazione civile italiana.