In questi giorni chi ha letto i giornali ha potuto trovare abbondanti notizie sul fatto che il miracolo di Ryanair si sta esaurendo, che per la compagnia irlandese è finita l’epoca d’oro, con qualcuno che si è spinto fino ad affermare che ormai i passeggeri si possono dimenticare i biglietti stracciati: sembrava un vero e proprio de prufundis per il modello low cost
Il motivo di queste prese di posizione? In un comunicato diramato in data 4 settembre scorso la compagnia irlandese ha preannunciato che durante la prossima stagione invernale ridurrà la frequenza dei voli, terrà 70-80 aerei a terra ma in ogni caso ridurrà il prezzo delle sue “tariffe” per far fronte al calo di utili previsti per il FY 2013-2014. Ma la vera “sorpresa” stava nella notizia che al 31 marzo 2014 Ryanair prevede di guadagnare non più di 550 milioni di euro rispetto ai 600 previsti, con una riduzione di 500.000 passeggeri rispetto a quanto inizialmente stimato, in poche parole è stato lanciato quello che in gergo tecnico viene definito un “profit warning”.
Queste notizie si pongono in aperto contrasto con quanto dichiarato nella conferenza del 20 giugno scorso allorchè la compagnia annunciava che per far fronte all’aumentata domanda degli aeroporti europei il vettore fissava il suo rateo di crescita dal 5 al 7 per cento annuo prevedendo di arrivare a trasportare 110 milioni di passeggeri per l’anno 2019.
Si badi bene che nessun fondamentale è in negativo, ma semplicemente la compagnia ha avvertito che intende rivedere le stime portandole a cifre più basse rispetto a quanto in precedenza annunciato. Quindi Ryanair non naviga con conti in rosso, non si trova in difficoltà ma ha solo abbassato le sue previsioni di crescita. Ebbene può bastare questo per giustificare i titoli che abbiamo letto del tipo “addio modello low cost” ? Se si valuta la situazione generale assolutamente no eppure, come al solito, è questa la minestra che viene propinata ai lettori dai mass media.
In poche parole O’Leary ha detto che il risultato full-year after-tax profits sarà probabilmente al livello più basso della forbice dei €570m-€600m (£481.7m-£507m) ma non sopra come la City si aspettava, e ciò ha provocato una conseguente, inevitabile delusione degli analisti.
Ora attenzione perché a noi piace collegare gli avvenimenti e non fornire commenti a compartimenti-stagni. Ebbene se andiamo indietro di qualche mese, a marzo di quest’anno, troveremo l’annuncio da parte di Ryanair dell’acquisto di 175 nuovi velivoli e in tale occasione le lodi alla compagnia irlandese si sono sprecate con qualcuno che è arrivato a dire che finalmente ora Ryanair supererà davvero il numero passeggeri di Alitalia! E coloro che le esternavano erano gli stessi che oggi parlano di crisi del modello low cost.
Come si vede siamo in presenza di commenti che uno psicoterapeuta non avrebbe dubbi nel definire “bipolari” ovverosia caratterizzati dall’alternare stati di diffusa ebbrezza maniacale a stati di profonda depressione.
Invitiamo i lettori di Travelling Interline a rileggere quanto da noi scritto il 4 quattro aprile scorso in merito all’annuncio dell’ordine dei 175 Boeing. Nell’articolo esprimevano i seguenti timori:
“Salta la base Ryanair, l’investimento è troppo costoso” da questi titoli traspare in tutta evidenza un particolare a dir poco inquietante e cioè che il vettore più che essere interessato ad offrire voli a comunità che ne hanno bisogno e che li reclamano, impianta collegamenti laddove ci sono da incassare fondi dalle autorità locali. Non so se ci si rende abbastanza conto del significato di una tale politica.
Una linea aerea dovrebbe comprare velivoli perché aumenta la domanda, perché da indagini di mercato risulta che su una certa direttrice vi è un potenziale traffico da sfruttare, ma tutto ciò dovrebbe essere slegato dall’argomento sussidi in quanto l’aerolinea dovrebbe generare il suo revenue dalla vendita della biglietteria. Però a valutare titoli come quello ricordato viene il legittimo dubbio che gli aerei vengano comprati in prima battuta per incassare soldi dalle amministrazioni che controllano gli scali e in seconda battuta per offrire nuovi collegamenti aerei. Gli aeroporti, lo sanno tutti, vengono erroneamente definiti privatizzati ma in realtà sono controllati da società pubbliche; con lo stringersi della cinghia cui ormai tutti sono sottoposti, enti pubblici in prima battuta, quanto potrà durare questa politica di sborsare fondi per mantenere aperti aeroporti che altrimenti chiuderebbero? Quanto è saggio, continuare a comprare nuovi velivoli basandosi su un tale concetto?
Per chi voleva intendere in questo nostro commento era già riportata una previsione sul futuro di Ryanair e sul fatto che era inevitabile che l’epoca dei grande risultati non poteva durare in eterno e presto i nodi sarebbero venuti al pettine. La vera sorpresa -se proprio ne vogliamo cercare una- è quella esternata dai molti commentatori i quali appunto si sono dichiarati…. sorpresi circa il profit warning.
Sussidi aeroportuali che verranno per forza di cose ridimensionati, problemi sul personale impiegato nelle basi estere con relativi aumenti dei costi (almeno se si vogliono mantenere attive quelle basi), relazioni non proprio idilliache con il personale di volo, il prezzo del carburante che cresce: d’accordo che Ryanair ha creato un modello innovativo che tutti cercano di copiare, ma ogni cosa ha un limite, ogni cosa prima o poi giunge al capolinea, anche Ryanair.