di Harry Di Prisco
Bella nostra Patria (Lijepoj nasoj) è l’inno croato che ci dà il benvenuto in questa terra, la Croazia, baciata dal sole e dal mare. A ricordarci questi primi versi è stata la guida Dino Ivancic, che ci ha dedicato tutto il suo tempo a spiegarci, in oltre quattro ore, storie e leggende legate al Palazzo di Diocleziano a Spalato. Qui nella Dalmazia centrale si può tranquillamente programmare l’estate e tanto mare incontaminato è a disposizione dei vacanzieri. A caratterizzare la Dalmazia sono olivi secolari, erbe aromatiche, pietra bianca in contrasto con la macchia verde ed il monte Biokovo, le cui pendici raggiungono la spiaggia. Il principale porto croato, quello di Spalato è lungo la marina, da qui partono i maggiori collegamenti di traghetti per l’Italia e per le isole della Croazia. Anche l’aeroporto è ben collegato a Roma grazie alla compagnia di bandiera Croatia Airlines (www.croatiaairilines.com) che in un’ora ogni giorno permetterà di raggiungere la città. Per tutte le informazioni turistiche è a disposizione l’Ente Nazionale Croato per il Turismo (www.croazia.hr).
La bella città della Dalmazia è vicina all’antica Salona, porto dei Dalmati dell’Illiria, elevata al rango di colonia da Giulio Cesare, allora proconsole. Essa fiorì al tempo di Diocleziano, che ivi ebbe i natali e che le diede l’appellativo onorifico di Valeria, sua unica figlia, divenendo poi un importante centro della cristianità. Cadde successivamente sotto i colpi inferti dagli Avari e dagli Slavi. Una parte delle mura cittadine, con torri e porte monumentali, risale alla prima fase dell’età romana. Si estese verso est e verso ovest e, nel II secolo, fu circondata da nuove fortificazioni difensive. Come ben diceva di Spalato lo scrittore inglese Robert Adam nel 1764: « Spalato non è grande come la maggioranza delle città dalmate, ma malgrado lo spazio ristretto, di gran lunga supera tutte con la bellezza della sua posizione ed il fascino dei suoi dintorni e questa impressione non cambia quando ci si avvicina.
Verso il mare appaiono davanti agli occhi i resti delle mura e la lunga arcata del Palazzo e poi la fortificazione contemporanea, il lazzaretto, le torri delle mura degli antichi templi: tutto questo si armonizza perfettamente con le colline ed il circondario, presentando un paesaggio molto piacevole». Qui l’imperatore Diocleziano, Delmata Diokles, illiro di nascita in quanto figlio di uno schiavo, al tramonto della sua esistenza, dopo la sua abdicazione, in contemporanea con quella di Massimiliano a Milano, decise di trasferirsi nella propria residenza estiva per trascorrere il resto della sua vita che terminò a 82 anni, «anche se – ci ricorda oggi la nostra guida Dino, che è anche vicepresidente delle guide spalatine – non si può risalire con certezza ad una sua precisa data di nascita».
Secondo la leggenda quando Diocleziano era impegnato in gioventù in una delle sue numerose campagne militari, una schiava driade gli aveva predetto che sarebbe diventato imperatore il giorno che avesse ucciso un cinghiale. Egli appunto lo divenne quando, in presenza dei suo legionari, uccise a Nicomedia Apro, che del cinghiale portava il nome, in quanto accusato di aver ucciso l’imperatore Numeriano. Dai sotterranei, dalla Porta Bronzea, quella detta anche meridionale, vicina al mare si accede al Palazzo che oggi è diventata la porta “principale”, perché i turisti la attraversano all’inizio dei tour guidati per la città. Le fortificazioni perimetrali dei sotterranei rappresentano il complesso antico meglio conservato del palazzo.
Il compito era quello di innalzare le estensioni degli appartamenti dell’imperatore sino al piano superiore, dove viveva con la moglie Prisca e la figlia Valeria, consentendo di ricostruire l’aspetto delle stanze. Nel primo Medioevo alcuni spazi furono destinati a fini abitativi, mentre in una di esse sono state rinvenute parti di un torchio per la produzione di olio e di vino. Questa parte fu trasformata in un deposito di rifiuti, che mischiati alla calce non dette problemi al tempo della peste. Fu Vicko Andric, conservatore museale spalatino, che nel nono secolo iniziò l’opera di risanamento e si potettero trovare anche oggetti appartenuti alla famiglia imperiale e anche la grande mensa dove mangiava Diocleziano, oltre alle monete dell’epoca.
Oggi questi spazi sono adibiti a mostre, ma non solo. Vengono qui rappresentate in estate scene teatrali e a maggio il pavimento dei sotterranei diventa tutto un giardino fiorito, grazie alla Fiera internazionale floreale.
La ginestra è il fiore più amato a Spalato e lo si può trovare un po’ dappertutto e inonda di profumo le campagne assolate già in primavera con le sue caratteristiche afrodisiache che valgono bene il detto che le donne sono pericolose nel periodo della fioritura. Le porte di accesso al Palazzo sono la porta settentrionale, costruita a forma quadrangolare, come parte del sistema difensivo militare, quella d’Oro dove sul muro occidentale i cristiani eressero la piccola cappella di San Martino, protettore dei soldati e dei sarti, a cui oggi accudiscono le suore domenicane. C’è poi la porta orientale che continua la forma quadrangolare, conducendo direttamente verso occidente, verso la piazza.
La Porta Argentea, meno decorata rispetto alla Porta Aurea, fu restaurata dopo i bombardamenti della II Guerra mondiale. Attraverso questa porta, nel 2000, a bordo della sua papamobile è passato il Santo Papa Giovanni Paolo II, estasiato dalla bellezza della cattedrale di San Doimo, che è visibile proprio passando sotto questa porta. C’è poi quella Ferrea che testimonia nel corso dei tempi il passaggio degli illirici, greci, romani, e poi avari, tartari, slavi, turchi, italiani, francesi, che al suono dell’orologio rinascimentale salutavano il flusso dei croati.
La natura ha composto i pendii settentrionali di calcare, mentre quelli meridionali sono tutti in pietra, strati di marmo e costa rocciosa. Le tre cime del Marjan, primo simbolo di Spalato, offrono una vista indimenticabile sulla città e sulle isole principali di Brac e Hvar che la circondano e sulla riviera di Kaštel con le città di Solin e Trogir, quest’ultima dichiarata patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997 insieme al Palazzo di Diocleziano. Gli spalatini iniziarono nel 1852 a piantarvi i primi pini, e nel 1903 fondarono l’Associazione Marjan che, anche oggi, è impegnata ad occuparsi di ambiente, considerando il Marjan, il “polmone verde cittadino” . Il promontorio sud occidentale del porto di Spalato, Sustipan, deve invece il suo nome al monastero dedicato a Santo Stefano, che fu eretto all’inizio del Medioevo anche per fungere da alloggio temporaneo dei re croati.
“Andiamo alle Bacvice”, si canta oggi a Spalato. Si tratta di un allegro inno allo stabilimento balneare, aperto nel 1919. Le Bacvice sono un fenomeno naturale, una spiaggia di sabbia al centro della città, che può accogliere anche diecimila bagnanti. Con il manifestarsi delle maree primaverili, Le Bacvice diventano la Copacabana della città. Immediatamente a ridosso della baia c’è l’ antico Hotel Park, costruito nel 1921, quale primo albergo a quattro stelle di Spalato, rinomato sia per essere stato scelto in occasione di eventi storici, come la firma della resa d’Italia, sia per il ristorante “Bruna”, dove il maitre prepara per i clienti raffinati un’ ottima carne alla tartara. Sul litorale è nata la passione per il rugby e ancor oggi, sia d’estate che d’inverno, si gioca a “picigin”, una sorta di calcetto in riva al mare.
Non si rinuncia mai ad una salutare passeggiata a Le Bacvice e da punta Marjan, attraversando il lungomare, si potranno raggiungere i confini orientali di Spalato. Su una delle più belle piazze domina una torre a pianta ottagonale d’origine veneziana che i lagunari lasciarono a ricordo dei quattrocento anni di occupazione della Serenissima, a difesa delle rivolte popolari e degli attacchi dei Turchi. Una escursione alla scoperta della storia e della natura si può fare alla Fortezza di Clissa, una delle fortificazioni più significative della Croazia che, grazie alla sua posizione strategica, aveva un valore inestimabile per la difesa. Verso la fine dell’ XI sec. a Clissa, entrata a far parte dei regi possedimenti della dinastia ungaro-croata, si rifugiò Bela IV, uno dei re ungaro-croati, con la sua famiglia durante l’assedio del 1242 e ivi nacque sua figlia Marghita, oggi venerata come Santa Marghita di Clissa. Fu alla fine del XIII sec. che iniziarono le irruzioni dei Turchi e il ruolo decisivo lo ebbe il capitano e duca di Clissa Petar Kružiæ, che con i suoi soldati Uskoci resistette all’assedio.
Dopo alterne vicende la fortezza di Clissa venne liberata dall’esercito veneziano sotto la guida del generale Leonardo Foscolo, dopo dieci giorni di battaglie sanguinose. Alla fine della Prima guerra mondiale Clissa come il resto della Croazia visse il destino di tutti i paesi croati, appartenenti prima al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e poi alla Jugoslavia. Durante la Seconda guerra mondiale la fortezza servì a scopi militari, per lo più come base delle forze italiane e tedesche e nel 1990, sulla fortezza viene alzata la bandiera dello stato indipendente della Repubblica di Croazia.