di Liliana Comandè.
Mare e spiagge ma anche un retrò che affascina ed entra per sempre nel cuore
Cuba assomiglia un po’ a quelle “streghe” che sanno ammaliare per la loro bellezza.
Quella delle sue spiagge bianchissime e del suo mare cristallino e incontaminate come Cayo Largo o dorate come Varadero.
Ti affascina per quell’atmosfera languida e retrò, coloniale e decadente, ti appassiona per i colori forti di un tramonto sul Malecon, ti stordisce con un cocktail che sa di storia recente e di eroi e scrittori, ancora oggi vivi nella mente delle persone. Il Che, Hemingway, il daiquiri al Floridita – il mitico bar dello scrittore – o al mojito della Bodequita del Medio.
Cuba è un’isola proiettata verso il futuro ma ancorata ad una incrollabile fierezza, dignità e tradizioni. Più di undici milioni di persone in una mescolanza di diverse culture, specie africana e spagnola, con un’anima esuberante e ospitale.
Si può andare in giro per il Velado, la Plaza della Cattedral – ormai con bar e negozi vari – Plaza de l’Armas e si comprende il perché dal 1982 l’Unesco ha dichiarato l’Avana Patrimonio dell’Umanità.
Anche i palazzi scrostati, dalle tinte pastello, conservano una tale antica bellezza da aprirti il cuore e da rimanerti impressa per sempre.
E poi la musica, costante e, a volte, invadente sottofondo di suoni africani e melodie spagnole che permea la vita dell’isola in un crescendo di salsa, merengue, rumba, chichia e mambo!
Il clima è subtropicale, una media di 25 gradi tutto l’anno, a volte appiccicoso e umido come in agosto. Sarà per questo che il Malecon, il lungomare dell’Avana, è sempre affollatissimo. Non somiglia alla Croisette di Cannes e non è piena di bar, ristoranti e di gente elegante.
Sui muretti del Malecon prende il fresco e passeggia la gente comune, i ragazzi giocano a farsi bagnare dalle onde che ogni tanto si infrangono sulla strada, si chiacchiera, si mangia, si flirta, si ascolta la musica, si balla.
Qui a volte la vita può diventare scommessa, come quella dei balzeros che, anni fa, affrontavano il mare su improbabili zattere o barche per raggiungere le coste americane, salutati da una moltitudine di parenti e amici.
Era quasi un happening festoso, nonostante tutto, non aveva i contorni del dramma, che pur ci si sarebbe aspettato.
Forse perché qui tutto ha il sapore di una telenovela, non c’è spazio per la malinconia e si vive intensamente giorno per giorno.
Ecco perché, anche al di fuori dei circuiti turistici, tutti i locali sono pieni di cubani, ragazzi e ragazze della nuova generazione allegri di un’allegria contagiosa, comunicativi, aperti, concreti.
Le lunghissime notti dell’Avana hanno un percorso quasi obbligato: cena in uno dei locali più noti e poi a sentire musica o a ballare fino all’alba.
Qui le notti non finiscono mai e quando ti sembra ti essere sfinito, c’è sempre un ottimo bicchiere di rum (o ron) per posticipare il ritorno in albergo.
E poi la notte è magica, fa risaltare ancora di più la bellezza degli edifici sapientemente illuminati.
Il traffico è ridicolo rispetto al nostro, e fa impressione vedere automobili americane degli anni ’50 dai colori accesi e tenuti assieme chissà per quale miracolo o maestria di chi quello ha e lo deve mantenere bene.
Le strade ti riportano indietro a quell’America latina, coloniale, calda e sensuale dei romanzi di Hemingway.
Cuba te espera…non solo, Cuba ti entra nel cuore e non la dimentichi più.