A320 alitalia nuovo 2014di Antonio Bordoni

Il numero quarantanove è una cifra significativa ed emblematica nel mondo del trasporto aereo commerciale. Essa è la prova più evidente che il  settore in esame è del tutto particolare e come tale una particolare cautela va osservata nel voler applicare ad esso le regole che normalmente si ritiene possibile applicare ad altri comparti.  Nel mondo finanziario, in particolare fra analisti e procacciatori, si è da sempre spinto affinchè le singole aerolinee facessero sinergia attraverso fusioni e incorporazioni, così come avviene da tempo in qualsiasi altro settore industriale e commerciale. Ed in effetti da questo punto di vista gli Stati Uniti hanno risposto  in pieno alle aspettative. Se si analizzano gli appena otto anni che vanno dal 2005 al 2012, vedremo di quanto prolifico in tal senso sia stato il mercato Usa:

2005: US Air/America West ; Skywest/Atlantic Southeast Airlines; Republic Airways/Shuttle America.

2007: Pinnacle Airlines/ Colgan Air.

2009: Delta/Northwest; Republic Airlines/Midwest Airlines; Republic Airlines/Frontier Airlines.

2010: United/Continental; Pinnacle/Mesaba; Skywest/Atlantic Southeast/ExpressJet.

2011: Southwest Airlines/AirTran Airways.

2012: USAirways/American Airlines.

Tuttavia i più attenti lettori non potranno fare a meno di notare come la lista di cui sopra presenti la particolarità di riferirsi a vettori  appartenenti alla stessa bandiera. Ed è proprio su questo aspetto che esplodono in tutta evidenza

Air France 2012 le contraddizioni del trasporto aereo. Potremmo infatti elencare numerosi casi di fusione avvenuti in altri Stati, Italia compresa, ma inesorabilmente tutti avrebbero la stessa caratteristica. Ebbene senza girarvi troppo intorno, nella centenaria storia dell’aviazione commerciale non troveremo mai due aerolinee appartenenti a due paesi differenti che si sono fuse nel reale significato della parola, anzi come vedremo, laddove sembrerebbe che ciò è avvenuto, le cose stanno in maniera assai differente.

 Il primo esempio che potrebbe venire in mente è quello della formazione dei gruppi. Appartengono a questa categoria  Air France/Klm, cui è seguito il gruppo IAG, International Airlines Group, formato fra British Airways/Iberia, mentre terzo ed ultimo esempio è il LATAM Group cui fanno parte LAN (Cile) e TAM (Brasile). Va subito precisato che questi gruppi non vanno confusi con le classiche alliances, ma appartengono invece ad una classe di merger che potremmo additare come airline holding companies. In questa categoria appare nettissima la volontà dei rispettivi governi di non voler far scomparire un proprio vettore nazionale sotto altra bandiera, ed infatti sia pur facendo uso di accattivanti slogan e disegni riportati sulla carlinga dei velivoli, ognuno dei due vettori interessati a questo tipo di merger (che ripetiamo, latam_airlines 2012è errato definire merger) continua a volare con propri aeromobili e proprio logo.

Chiarito quindi che questi gruppi che potrebbero venir scambiati per fusioni cross-borders non sono affatto tali, passiamo ora ad un altro tipo di acquisizioni, anch’esse fuorvianti,  avvenute nel nostro continente. Indubbiamente chi viene a conoscenza che la compagnia Swiss International è controllata al 100 per cento da Lufthansa potrebbe giustamente ritenere che questo è un caso di acquisizione cross-borders e che la compagnia in oggetto non sia più svizzera bensì tedesca.

Ebbene anche in questo caso dobbiamo avvertire che nello stravagante mondo delle compagnie aeree, si è riusciti a far rimanere la nazionalità originaria (svizzera) anche se una compagnia straniera  ha acquistato al 100 per cento le quote azionarie del vettore, e stessa osservazione si potrebbe avanzare per Air Dolomiti e per Austrian.  Senza dilungarci troppo in aspetti tecnici diremo semplicemente che al principio della nazionalità del principale azionista (ownership)  si è sostituito il fattore della sede  principale  del vettore ovvero quello che viene denominato il principal place of business.  Rimandiamo i lettori che volessero approfondire questo argomento a nostri articoli precedenti come ad esempio “Gli accordi aerei e la nazionalità dei vettori” su Travelling Interline del 24 marzo 2011.

Giunti a questo punto e di fronte a tali evidenze di non voler far perdere la nazionalità originaria del vettore acquisito, arriviamo quindi all’invalicabile soglia del quarantanove per cento, ovvero la soglia massima cui ci si può spingere nell’acquisizione di quote azionarie di un vettore straniero: oltre non si può andare. Il minimo che si può dire pertanto è che aveva ragione chi sosteneva le peculiarità del sistema aviazione. Negli Stati Uniti, patria della deregulation, vige tuttora il divieto per una compagnia straniera di acquisire quote superiori al 49 per cento perché si vuole che i vettori aerei con certificato operativo statunitense rimangano controllati dalle autorità Usa. Abbiamo ormai innumerevoli prove che  dimostrano che i governi sono molto riluttanti, per usare un eufemismo, a perdere un vettore aereo appartenente alla propria bandiera. In tal senso i regolamenti di cui si è dotata la UE sono per lo meno contraddittori.

L’Alitalia è stata acquisita “solo” al 49 per cento perché quale paese facente parte della UE, ad un vettoreEtihad_A330_Lower extraeuropeo non è permesso acquisirne quote maggiori. Verosimilmente tuttavia vi è da ritenere che, avendone avuto la possibilità, il vettore di Abu Dhabi sarebbe stato disposto ad acquisire una quota maggiore.  Rimane però senza risposta –ed è qui la contraddizione- un interrogativo: per quale motivo ad un vettore comunitario è permesso acquistare il 100 per cento di un’altra compagnia UE mentre ciò non è permesso a vettori non facenti parte dell’Unione Europea?  In tal modo non si crea una asimmetria fra le mega-compagnie che possono sorgere nella UE (leggasi Lufthansa) e le compagnie straniere di altri continenti ? Se alla base della rivoluzione che ha sconquassato l’industria aerea commerciale vi è la tanto decantata necessità di immettere più concorrenza nel sistema, non è forse vero che una Alitalia controllata al 100 per cento da una Etihad, tanto per limitarci alla più recente acquisizione, potrebbe dare più filo da torcere dal punto di vista marketing agli altri vettori?