Si è svolto ieri all’Hotel Majestic l’incontro che per la prima volta ha visto la partecipazione in forma unitaria di tutte le organizzazioni imprenditoriali e le sigle sindacali del settore turistico, finalizzato a informare l’opinione pubblica delle ragioni e motivazioni socioeconomiche e occupazionali su cui si basa l’opposizione dell’intero comparto all’introduzione a Roma della Tassa di soggiorno così come concepita. All’incontro, moderato dal giornalista Andrea Pancani, erano presenti i rappresentanti di Confcommercio (Federalberghi Roma, Fiavet Lazio, Faita Federcamping, Associazione Residence Roma e lazio), Confindustria (Sezione Turismo Unione Industriali Roma), Confesercenti (Asshotel, Assoviaggi, Federagit), Sindacati (Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil).   

 

Durante l’incontro sono state illustrate le ragioni della contrarietà all’introduzione della nuova imposizione fiscale:

1) La contrarietà alla tassa di soggiorno e il malcontento del turismo romano nascono,  per ragioni di equità sociale, dalla disparità di trattamento nei confronti di altri comparti produttivi verso i quali lo Stato è sempre stato prodigo di incentivi e agevolazioni. Viene ora invece colpito e penalizzato con questa nuova imposizione  uno dei pochi settori economici che produce ricchezza che rimane sul territorio (12% del PIL dell’area romana) e che, a differenza di altri, non può né delocalizzare né sottrarsi in qualche modo al peso fiscale. 

2) Ancor più appare iniqua e discriminatoria l’applicazione di una Tassa esclusivamente sul territorio del Comune di Roma con una vistosa e irragionevole – e forse anche incostituzionale – distorsione di mercato. E’ facile prevedere non solo una migrazione concorrenziale dei flussi turistici verso territori limitrofi, ma anche le conseguenze di una ridotta competitività a livello nazionale a favore di altre località turistiche fortemente avvantaggiate dalla disparità di trattamento. A ciò si aggiunge che la penalizzazione verrebbe a gravare anche su presenze di carattere non turistico, tenuto conto che circa il 40% delle presenze alberghiere a Roma è costituito da italiani ed è spesso motivato da ragioni di lavoro, studio e persino sanitarie e pertanto può essere considerata una tassa sugli Italiani.

3) A giudicare dai segnali che già pervengono da numerosi mercati strategici, sono prevedibili gravi conseguenze anche sul piano della competitività a livello internazionale. Il riflesso mediatico di una penalizzazione inflitta ai visitatori stranieri rischia di colpire – con effetti che travalicano la stessa sostanza del problema – l’immagine e la promozione di Roma in un momento in cui il turismo della Capitale mostra i primi indizi di una lieve ripresa.

Se a ciò si aggiungono i riflessi negativi di altre nuove imposizioni sul versante dei trasporti – tasse aeroportuali e autostradali – si offre alla concorrenza un assist formidabile se consideriamo che il sistema turistico già è aggravato da una tassa sulla circolazione e la sosta dei pullman turistici anche recentemente aumentata.

4) Non meno rilevanti le conseguenze sul piano occupazionale, che allo stato impiega circa 150.000 addetti senza calcolare l’enorme indotto secondario. L’introduzione della tassa avrebbe riflessi negativi anche sui livelli di utilizzo delle risorse umane danneggiando non solo i lavoratori delle strutture ricettive, che comunque vedrebbero messo a repentaglio il proprio posto di lavoro da una possibile diminuzione dei flussi turistici,  ma anche quelli impiegati nelle imprese dell’indotto che ruota  intorno al fenomeno turistico (ristoranti, bar, commercio, servizi, ecc.). Da qui la consapevole preoccupazione delle OO.SS., come dimostrato dalla condivisione della campagna contro la tassa.

5) Il mondo del turismo romano in queste settimane ha avanzato a livello istituzionale e politico numerose proposte alternative, in grado di garantire alle casse del Comune gettiti equivalenti o forse superiori a quelli che potrebbero derivare dalla Tassa di soggiorno: dal ritorno di parte del gettito IVA al Comune di Roma, all’introduzione di una city tax su tutte le transazioni della filiera turistica, all’aumento dei biglietti dei musei sia comunali che statali.

Al di là dei problemi governativi e parlamentari, abbiamo riscontrato una chiusura che ai nostri occhi ha una sola spiegazione: le attività ricettive sono un settore esposto e visibile più di altri e quindi più facile da colpire.