Per la serie chi ci capisce qualcosa è bravo, pur apparendo ogni tanto sui giornali la notizia “ma chi l’ha detto che Alitalia deve venir venduta ad Air France?” in questi giorni invece leggiamo che a causa del momento finanziario critico attraversato da AF/KL si fa più remota la possibilità di acquisto di Alitalia da parte del gruppo franco olandese.  Come si vede quindi siamo in presenza di due versioni letteralmente contrastanti che come al solito non fanno capire verso quale direzione stia andando la mostra principale aerolinea.  In effetti l’argomento in questione può essere trattato sotto diverse angolazioni.

 

Vi è la visione, per così dire, patriottica che vorrebbe ancora sostenere la tesi dell’italianità del nostro principale vettore aereo, e vi è invece chi guardando come si sta evolvendo l’industria del trasporto aereo a livello mondiale, vede chiaramente che Alitalia non può non finire nelle fauci di uno dei tre gruppi che si sono spartiti il mondo aeronautico.

Partiamo comunque dalla constatazione che i conti del gruppo Air France-Klm stanno andando male. L’ultimo trimestre chiusosi al 30 giugno scorso ha visto il risultato operativo attestarsi a -145 milioni di euro (contro i -132 milioni al 30 giugno 2010); il risultato netto a livello di gruppo, e sempre alla stessa data, è in rosso di 197 milioni contro un positivo (2010) di 736 milioni. Il tutto malgrado le entrate abbiano avuto un balzo dell’8,7 per cento passando da 5.721 milioni di euro a 6.220

Di fronte a questi risultati viene spontaneo commentare come quello che è indicato essere il più probabile potenziale acquirente di Alitalia non è che poi sia messo tanto bene.

 

Non è certo una novità costatare come l’andamento dell’industria aerea si distingua per i cicli marcatamente altalenanti che, nel caso in esame, vedono un giorno osannare “gli altri” per i risultati ottenuti con contemporanea derisione dei risultati nostrani, salvo poi correggere il tiro e accorgersi che anche “gli altri” se la passano male.  In questo scenario caratterizzato da comuni “mal di pancia”, sarebbe tuttavia necessario fare i distinguo e non generalizzare eccessivamente, dal momento che una cosa è un ciclo al ribasso che segue a uno positivo, e tutt’altra cosa è la calma piatta, anno dopo anno, di risultati in negativo come quelli –tanto per citare un esempio di Alitalia.

Tornando a AF/KL è un dato di fatto che il gruppo franco-olandese abbia chiuso il 2010 con un profitto netto di 865 milioni di dollari e avvertire che lo stesso ha tutte le carte in regola per riguadagnare i punti perduti. Nel caso specifico i deludenti risultati ottenuti vengono imputati alle crisi che si sono avute in Giappone, Medio Oriente e Paesi mediterranei dell’Africa.

 

Sarà il caso di rammentare che l’esperimento “un gruppo, due aerolinee”, recentemente adottato anche da Iberia/British Airways che hanno formato IAG (International Airlines Group), rappresenta nell’odierno scenario il più avanzato tentativo di sopravvivenza adottato dai vettori aerei. Cosa ciò vuol significare è presto detto: le aerolinee le hanno provate tutte per tirare avanti e se veramente dovesse andar male anche il tentativo delle alleanze del tipo AF/KL e BA/IB, non si vede proprio cosa altro si potrebbe escogitare.

Inizialmente, tutti lo ricorderete, entrare a far parte di un’alleanza doveva significare sinergie e risparmi; poi è stato inventato il code sharing dove uno solo dei due partecipanti vola ma si fa credere che anche l’altro effettua il collegamento; poi si è vista nascere l’alleanza nell’alleanza ovvero la nascita dei suddescritti gruppi: ebbene in questo palcoscenico caratterizzato da continue trovate per sopravvivere crediamo che la formazione dei gruppi sia davvero l’ultima frontiera, superata la quale non vi sia altro che la chiusura.

 

In tutto ciò qual è la posizione di Alitalia? I risultati di questo vettore sono caratterizzati ancora dal colore rosso il quale viene attenuato dalle precisazioni del “meno rosso rispetto l’anno prima”, tuttavia non vi è dubbio che sempre di rosso si tratti. Gli ultimissimi dati di agosto fanno sperare nel raggiungimento della pareggio di bilancio per l’anno 2011, tuttavia nel frattempola Fingen, uno dei soci fondatori della cordata tricolore, ha ceduto il proprio 1,33% a IntesaSanPaolo.  Secondo gli ultimi dati disponibili sul sito AEA, nel periodo gennaio-giugno la compagnia ha trasportato 11.218.000 passeggeri il che significa un aumento del 5,7 per cento sui primi sei mesi del 2010 ma il load factor rimane inchiodato a un modesto 67, 8 per cento (-0,3%) cioè uno dei più bassi fattori di carico fra i maggiori vettori europei.

Se le discussioni sulla sorte di Alitalia appaiono contradditorie, alcune considerazioni si possono tuttavia anticipare.  Ormai nessuna compagnia aerea può permettersi di rimanere isolata, è questo un dato di fatto.  Se si eccettua il caso dei “benestanti” vettori dell’area medio-orientale, le compagnie aeree europee o entrano sotto l’orbita di aerolinee di maggior calibro o sono destinate a ruoli del tutto marginali. Se si fosse trattato dell’Alitalia degli anni d’oro sarebbe stata lei probabilmente a trainare ed assorbire altri vettori, ma non è certo questo il caso dell’Alitalia odierna.  Ora tenendo conto che Lufthansa ha già attratto a se la Svizzera, l’Austria e il Belgio, un’equa ripartizione dei mercati rende probabile che l’Italia finisca sotto il controllo dell’asse Parigi/Amsterdam.  Il controllo che Francoforte ha acquisito nei confronti dei vettori elvetici, austriaci e belgi -quindi di ben tre mercati ognuno dei quali una volta aveva la propria indipendente compagnia di bandiera- dovrebbe indurre gli euroburocrati di Bruxelles, sempre attenti a vagliare minuziosamente merger e pseudo fusioni per evitare concentrazioni, a studiare con estrema attenzione le acquisizioni azionarie da parte di singoli vettori nei confronti di altri, in quanto è evidente che anche questo è un modo per fare concentrazione. 

Se anche Alitalia dovesse alla fine convergere sotto Lufthansa saremmo davvero in presenza di un vettore globale divora-tutti; se viceversa puntasse verso Parigi, lo ripetiamo, ciò corrisponderebbe ad una più equa ripartizione dei mercati. Volendo scartare l’ipotesi dell’isolamento, qualunque delle strade verrà intrapresa il destino di Alitalia sembra comunque segnato.

 

Antonio Bordoni