Ogni aeroporto, chi più chi meno, può vantare un proprio “market power” sia che si tratti di un aeroporto di modeste dimensioni che di un grande scalo a carattere internazionale;  noi nella trattazione di questo articolo vi narreremo del differente ruolo, e quindi anche della mutazione del suo relativo potere di mercato, che ha caratterizzato nel tempo quello che una volta veniva definito come aeroporto intercontinentale.

Circa quest’ultima tipologia di scalo si potrebbe addirittura dire che “c’era una volta”  l’aeroporto intercontinentale, e poi ovviamente c’erano tutti gli altri. Oggi la situazione è ben differente e non sarebbe esagerato affermare che per molti Stati europei forse di un aeroporto intercontinentale non vi sarebbe più bisogno. E’ un concetto limite che non va preso alla lettera ma che tuttavia trova spiegazione nella attuale geografia dei collegamenti aerei.

 

Quando entrarono in linea gli aeromobili wide-body ogni Stato europeo, e non solo, aveva almeno un aeroporto di classe intercontinentale onde permettere il decollo e l’atterraggio di questi aerei a grande capacità, ciò sarebbe servito non solo alla rispettiva compagnia di bandiera ma anche per assicurare i collegamenti, specialmente in quinta libertà, che molti vettori operavano. Erano i tempi in cui i voli a lungo raggio facevano scali multipli su punti intermedi e pertanto se non si disponeva di aeroporti con pista adeguata i collegamenti avrebbero fatto scalo altrove. E poi ovviamente in ogni Paese  erano presenti gli “altri” aeroporti, quelli cioè  a carattere domestico qualcuno dei quali poteva vantare uno sparuto numero di collegamenti internazionali di natura continentale.

Ma due sono stati i fattori che dovevano ridisegnare il ruolo del grande aeroporto a carattere intercontinentale. In primo luogo l’abolizione delle fermate intermedie per puntare ai voli long haul senza scalo, e in secondo luogo l’estendersi della pratica di controllo azionario ovverosia il passaggio del pacchetto azionario sotto altro vettore.

Per quanto riguarda il primo punto crediamo ci sia ben poco da spiegare, basterà solo ricordare che Roma era uno dei crocevia più trafficati da questo punto di vista ed oggi che, come detto, si punta ai voli a lungo raggio senza scalo questo ruolo è tramontato. Ma è piuttosto il secondo elemento quello che si presta alle considerazioni più interessanti e degne di approfondimento.

 

Nel momento in cui ben tre vettori europei, una volta definibili di bandiera, sono controllati nella loro totalità azionaria da un altro vettore è indubbio che il loro ruolo rispetto ai servizi intercontinentali in uscita dal proprio Paese è destinato a ridimensionarsi notevolmente. Per fare nomi e cognomi, se la Svizzera, il Belgio e l’Austria una volta potevano vantare un  loro network intercontinentale direttamente in uscita dai propri  scali nazionali, oggi che i rispettivi vettori sono posseduti al cento per cento da Lufthansa, la quale a sua volta guida Star Alliance, questa avrà tutto l’interesse a portare il traffico di carattere intercontinentale in uscita dalle tre citate nazioni sul proprio hub, e da qui portarlo alla destinazione finale facendo uso della imponente rete a lungo raggio di cui essa dispone.

Nella economia di una alleanza, avendo ben presente il particolare che sui voli long haul  l’yield che si incassa è minimo, molte nazioni europee sono destinate ad assumere  un ruolo di feederaggio piuttosto che essere quei centri di smistamento come lo erano nei tempi precedenti all’avvio delle alleanze. Detto in altri termini, si può asserire che il market power degli aeroporti in questione viene incanalato verso altre direzioni rispetto a quanto avveniva allorchè  essi erano la base di vettori di bandiera indipendenti. Ecco cosa intendevamo quando sopra abbiamo parlato di cambiamento d’uso.

 

Gli aspetti aeroportuali si riflettono anche sulle cosidette fusioni, o anche sui controlli azionari dei cieli. Quando queste ipotesi si verificano, in particolare in Europa, ciò solitamente avviene per due motivi distinti.  La Klm ad esempio aveva assolutamente necessità per continuare a sviluppare la sua rete intercontinentale di un altro aeroporto in quanto Schiphol era letteralmente saturo e non permetteva ulteriore espansione.  In tal senso il vettore olandese ha provato dapprima a convolare a nozze con Bruxelles, poi con Malpensa e infine al terzo tentativo è riuscita a stringere un accordo con Air France che ha permesso a entrambi i vettori di ottimizzare la loro rete a lungo raggio disponendola su due differenti ma complementari hub, quelli di Amsterdam e Parigi. Pertanto la necessità di spazio per assicurare l’espansione del network è un primo motivo.

Ben differente e di tutt’altra natura la politica adottata da Lufthansa. Il vettore tedesco non ha mai avuto problemi di spazio avendo saputo adattare la necessità di espansione ad una tempestiva programmazione aeroportuale.  Ricordiamo come la Germania disponga di due hub a carattere intercontinentale in quanto a Francoforte si deve aggiungere lo scalo di Monaco;  a Francoforte inoltre il 21 ottobre scorso è stata inaugurata la quinta pista, mentre è in dirittura di arrivo  (giugno 2012) il nuovo aeroporto di Berlino-Brandenburg.  Nel caso specifico appare evidente come Lufthansa non ha puntato a stringere fusioni con altre aerolinee, quanto invece a far si che primari vettori europei entrassero nella sua orbita di controllo ed è così che il market power di Francoforte è venuto ad assumere una valenza eccezionale portandolo a superare  nel 2010 la cifra di oltre 53 milioni di passeggeri e un numero movimenti aeromobili di 464.000 unità superando anche Heathrow che ne ha registrati 455.000

 

Alla luce di quanto sopra illustrato è indubbio che in molti Paesi europei quelle che una volta erano le basi di armamento dei vettori di bandiera, cioè scali di carattere intercontinentale, vengono ora usate in tal senso soprattutto da vettori  extra-comunitari. Una riprova di quanto da noi asserito ci viene fornita dalla diatriba in atto fra Malpensa che vorrebbe concedere alla Singapore Airlines la possibilità di volare da Milano agli Usa, mossa questa che però non viene vista di buon occhio da Alitalia e Skyteam proprio per il fatto che da Malpensa esse preferiscono  convogliare il traffico a lungo raggio su Fiumicino o su Parigi/Amsterdam.

In chiusura un’ultima considerazione: gli aeroporti avranno pure il loro market power, ma il vero ruolo fondamentale del loro sviluppo lo giocano soprattutto i vettori nazionali, la loro grandezza  e la politica da loro adottata.

Antonio Bordoni