E’ un progetto accademico  e non politico tantomeno foriero di speranze per uscire dalla stagnazione. A giudicarlo così, il nuovo Piano, è Agriturist.

“Non va bene  – dichiara Vittoria Brancaccio, presidente di Agriturist – perché guarda soltanto a pochi grandi progetti e non a come valorizzare l’insieme delle attività e delle risorse turistiche, piccole e grandi, di cui è ricchissimo il nostro Paese. Parlare di poli prioritari e dimenticare il turismo diffuso, di cui l’agriturismo è importante espressione, è l’esatto contrario di quello che serve per rilanciare il turismo italiano”.

A nostro avviso – premette Agriturist – il Piano è una ricerca accademica e non un progetto politico. Tratta astrattamente tutto quello che non va del turismo in Italia, prospettando soluzioni per lo più teoriche, con uno scadenzario temporale del tutto irrealistico.

Ma soprattutto sostiene tesi inaccettabili, come quella secondo cui in Italia esisterebbero 150 poli turistici, solo 40 dei quali con “un potenziale di crescita ancora significativo” e quindi degni di intervento prioritario. In Italia, al contrario, abbiamo un enorme patrimonio di attrattive turistiche diffuse e sconosciute, ad altissimo potenziale di crescita, dalla valorizzazione delle quali può davvero arrivare la ripresa del turismo.

E’ il caso, ad esempio – osserva Agriturist – delle attrattive culturali, paesaggistiche, naturalistiche, enogastronomiche, artigianali, di tradizione contadina, promosse dall’agriturismo, che, pur mai considerato dalla promozione pubblica, riceve tre milioni di ospiti l’anno, il 40% dei quali stranieri. Un risultato straordinario, maturato negli ultimi vent’anni, grazie alle capacità e allo spirito di iniziativa di oltre 21 mila imprenditori agricoli, in ogni parte d’Italia.

Trascinate dall’agriturismo – prosegue la nota di Agriturist – stanno crescendo migliaia di piccole imprese di turismo rurale, e si sta formando nelle campagne una rete di micropoli del turismo esperienziale, ecologico, escursionistico, salutistico, suscettibili di raddoppiare in pochi anni, se opportunamente promossi, ricettività e ospiti. Tutto questo il Piano lo ignora, puntando piuttosto sulla creazione di una “nuova Costa Smeralda”. Il Piano – conclude Agriturist – è “vecchio”, pensa solo ad turismo “in grande” fuori dal tempo; le piccole strutture ricettive (che pure rappresentano la maggior parte della ricettività italiana) sono considerate un punto di debolezza.