Di Liliana Comandè.

Bali, Lombok, Java, Jakarta, Sumatra…c’è ancora tutto un mondo da scoprire.

L’Indonesia, con le sue 14.000 isole allineate a semicerchio lungo l’immaginaria linea di confine che virtualmente separa l’Oceano Pacifico dall’Indiano, è un mosaico di popoli e culture in cui ogni isola è diversa dalle altre e, tuttavia, ciascuna di esse si riconosce nelle radici di una comune origine geologica che a tutte ha donato, con eguale genero

sità, una natura insospettatamente fertile e al tempo stesso selvaggia, che ovunque si sposa con una cultura antica, profondamente radicata nei culti magici e nelle tradizioni popolari, sopravvissuti miracolosamente intatti alle aggressioni del turismo internazionale.

Uno spensierato turismo balnearvacanziero, al quale l’Indonesia deve la sua straordinaria crescita economica e lo sviluppo di una mentalità imprenditoriale che hanno portato gli operatori turistici delle “località minori”, stanche di vivere all’ombra del mito balinese, a rivendicare, forse con un pizzico d’ingratitudine, una maggiore attenzione da parte delle autorità governative.

E’ vero, l’Indonesia non è solo Bali. E tuttavia, proprio al richiamo esercitato dall’indiscutibile fascino di Bali, l’isola degli dei, l’Indonesia deve molto.

I flussi turistici e valutari diretti verso quest’isola “regina”, oltre a consentirle di giocare il ruolo di prima donna nelle programmazioni sull’arcipelago,  e di dotarsi di uno standard alberghiero di tutto rispetto, hanno altresì trainato lo sviluppo economico di un Paese altrimenti dedito ad un’agricoltura abituata a venerare la montagna come la vera divinità dispensatrice di una ricchezza faticosamente conquistata con un sapiente lavoro di terrazzamenti coltivati a riso (in Indonesia, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, la pesca è poco praticata se non per la ricerca del corallo, utilizzato a scopo ornamentale dal ricco artigianato locale).

Indiscutibilmente bella tra le belle, il primato di Bali è  insidiato dall’iniziativa degli operatori delle isole minori, consapevoli che vulcani, foreste, mare limpido, spiagge invitanti, antichi templi e, soprattutto, tradizioni e folklore locale sono “atout” comuni anche ad altre splendide destinazioni dell’arcipelago, colpevoli solo di essere rimaste ai margini delle iniziative promozionali che hanno portato l’inarrivabile sorella alla ribalta dei circuiti consigliati al turismo internazionale.

L’Indonesia è una Repubblica attualmente suddivisa in ventisei province, a loro volta ripartite in distretti (kabupaten) che fanno capo ad un ufficio governativo. La popolazione, che dopo aver subito la dominazione olandese, negli anni sessanta, ha finalmente ottenuto l’indipendenza, è un miscuglio di razze in cui convivono armonicamente influenze cinesi, indù e polinesiane.

 

LOCALITA’ TURISTICHE:

Il fascino di Bali è indiscutibile ed unico. Basta visitarla per comprenderne le ragioni: la sua tradizione induista, in un Paese altrimenti di stretta osservanza musulmana, ha

eretto nel corso dei secoli più di mille templi ed accompagna, scandendone i lenti ritmi quotidiani dalla nascita sino alla morte, i riti millenari di un popolo la cui straordinaria vena artistica trova libero sfogo in danze, musiche e creazioni artigianali ispirate dalla sorprendente bellezza dei paesaggi balinesi.

L’ospite (Tamu, in lingua balinese) è sempre il benvenuto in un’isola che la sua gente considera proprietà degli dei, e resterà rapito dalle spiagge protese verso un mare ancora incontaminato, avamposti di un mondo che, nel suo interno, nasconde fresche colline vulcaniche ed insospettati tappeti di risaie dal verde accecante.

 

Partendo da Denpasar, centro amministrativo e commerciale dell’isola, si possono effettuare alcune interessanti estensioni. A Besakih, nell’interno, sorge il più antico santuario di Bali: un complesso templare situato a circa 1.000 metri di altezza, lungo le pendici del vulcano Gunung Agung.

 

Ai piedi del vulcano Batur, uno dei tanti rilievi vulcanici che movimentano i paesaggi indonesiani, si trovano l’omonimo tempio ed il villaggio Kintamani, entrambi distrutti e ricostruiti in seguito all’eruzione del 1926.

 

Altre escursioni da non perdere fanno tappa a Tampakiring, dove sorge il tempio di Gunung Kawi (risalente all’XI secolo), a Bedugul dove, su un promontorio che si affaccia sul lago Bratan, si può ammirare il tempio di Ulu Danu (dedicato a Dewi Danu, la dea delle acque) ed a Mengwi, ex capitale dell’isola, con il tempio di Pura Taman Ayun.

Con pochi minuti di volo da Bali, alla cui vicinanza deve parte della sua notorietà e da cui ha mutuato tradizioni religiose e stili architettonici, si raggiunge Lombok, che in lingua locale significa sincero.

Agli amanti del “diving” Lombok offre la possibilità di indimenticabili immersioni tra barriere coralline di rara bellezza, popolate da flora e fauna tropicali uniche al mondo. Questi sono gli ingredienti con cui quest’isola propone una vacanza balneare che gli amanti del “diving” non dimenticheranno e che tuttavia non esclude la possibilità di immersioni, questa volta a carattere culturale.

A Lombok, l’influenza di Bali è presente un po’ ovunque: dal Palazzo Taman Mayra, sede della corte reale del precedente regno balinese, con l’adiacente tempio di Pura Meru, al vecchio Palazzo d’Estate di Narmada, residenza estiva del re, circondato da splendidi giardini e da fontane con suggestivi giochi d’acqua.

Infine, la zona sud-orientale di Lombok, con i cui villaggi, permette di entrare in contatto con l’antica tribù dei Sasak, le cui donne, avvolte nei loro neri costumi tradizionali, sono depositarie di ancestrali tecniche di lavorazione di tessuti e terracotta.

 

Java è l’isola più popolata dell’arcipelago e la quinta per estensione. Il tour dell’isola non può che partire da Jakarta, la capitale dell’Indonesia. Affacciata sul Mare di Giava,

 

Jakarta è una metropoli moderna che, oltre ad offrire ottime opportunità di shopping, conserva numerosi spunti d’interesse storico-culturale tra cui la Chiesa portoghese, che risale al 1693, lo Stadthuis, eretto nel 1627 per ospitare la sede della Compagnia delle Indie Orientali, e il Museo Centrale, voluto dagli olandesi nel 1778, in cui è possibile ammirare alcune delle più belle vestigia della cultura indugiavanese.

 

Per chi ama la vita notturna, la città offre una vasta scelta di locali notturni e di ristoranti tipici. L’itinerario giavanese può quindi proseguire con una sosta alla meno caotica, deliziosa Yogyakarta.

L’antica capitale del sultanato, distesa nelle fertili pianure del centro-sud dell’isola, oltre alla possibilità di visitare il Palazzo del Sultano e di ammirare le tecniche di realizzazione dei famosi batik e di altri oggetti tipici dell’artigianato locale, la città offre l’opportunità di effettuare un’escursione al vicino tempio di Borobudur, il più grande complesso buddista del Sud-Est asiatico, ed a Prambanan, dove si trova il più esteso gruppo di tempi induisti dell’isola, composto di oltre 240 edifici, tutti risalenti al IX secolo.

Infine, vale la pena approfittare di un viaggio in Indonesia per ammirare le foreste di sandalo di Sumba, i vulcani di Timor, i villaggi di Sumatra, con le sue case a forma di barca abitate dai Batak, uno dei popoli più antichi dell’arcipelago, e l’isola di Komodo, dove sopravvivono alcune colonie di varani, discendenti diretti dei dinosauri ed attualmente classificati tra le specie animali più antiche del mondo.

 

Per concludere, una sosta a Celèbes (Sulawesi). Partendo da Ujung Pandang, nella zona meridionale dell’isola, ci si può spingere fino a Tanah Toraya, la regione dei Toraya, alla scoperta di una popolazione vissuta, sino a tempi non remoti, in un isolamento che le ha permesso di conservare intatte le sue antiche tradizioni tribali, le sue interessanti tecniche edilizie ed i suoi antichi usi funerari.

In ricordo delle migrazioni per mare che dalla Malesia li spinsero sino a Celèbes, i Toraya vivono tuttora in curiose e tipiche case fatte a forma di barca.