di Antonio Bordoni

 

Non solo la hanno rovinata quando volava con le sue ali ma anche sotto commissariamento ci siamo saputi distinguere:

29 mesi non sono bastati per vendere la compagnia;

□ i commissari sono ancora in attesa di offerte vincolanti;

□ prestiti-ponte bruciati;

□ servono altri soldi;

□ scioperi incombenti in vista.

 

E’ questa la situazione fotografata dalla ennesima scadenza di oggi 15 ottobre. Il tutto però inframezzato da comunicati dai quali si apprende che “Alitalia va meglio del previsto.”

Siamo in presenza di un “genuino” , “tipico” , inconfondibile  disastro all’italiana.

I giornali continuano a scrivere fiumi di inchiostro sulla surreale pantomina soprattutto  perché non si tratta solo di parlare della nostra ex compagnia di bandiera circa la quale crediamo siano ben pochi ormai gli italiani a cui sta a cuore la vicenda, quanto per l’incredibile intreccio che soltanto noi potevamo fare fra la partecipazione di  Atlantia e la vicenda Alitalia. Per farla breve come se non bastasse il fatto che non si vedono pretendenti all’orizzonte, gli azionisti di Aeroporti di Roma e di Autostrade chiedono al governo come ci si possa permettere di chiedere i soldi da investire in Alitalia quando c’è nell’aria una minaccia di ritirare  le loro convenzioni…  Non meravigliamoci: quando un  dossier è in mano governative c’è da aspettarsi di tutto.

All’origine di questo ennesimo capitolo oscuro di Alitalia  troviamo lo Stato italiano che, guarda caso, in clima elettorale  annuncia che vuole salvare l’italianità di Alitalia e farla ripartire nuovamente sotto il controllo pubblico. Per raggiungere lo scopo il governo ha immesso quasi un miliardo di euro per evitarne il fallimento, ma si è sempre in attesa di un piano industriale che non si vede a causa  dell’assenza di partner per l’appunto industriali.  Quest’ultimi si potrebbero pure trovare ma si guardano bene dall’investire il loro denaro in una compagnia che sarebbe ancora a conduzione statale. Fra l’altro la concorrenza di agguerriti vettori che hanno ormai conquistato il nostro mercato e l’alta velocità fanno intravedere un futuro oscuro per la nascente compagnia, se mai questa riuscirà a decollare.  Nel mezzo di tutto ciò gli altri vettori continuano ad aumentare il numero di passeggeri mentre gli aeroporti nostrani vedono transitare sempre più passeggeri nei loro terminal evidentemente portati da compagnie straniere ben felici di operare nel nostro ricco bacino di traffico senza la scomoda presenza, come avviene altrove, di un agguerrito vettore di bandiera.

Abbiamo appreso che secondo FS il business plan dovrebbe basarsi su una crescita media stimata del 5 per cento (fonte globale IATA), ma Atlantia ha risposto che sarebbe più opportuno avvalersi di proiezioni sulla più mirata direttrice Italia-Mondo ove ci si attende per i prossimi cinque anni una crescita dell’1,4 per cento.  Aldilà delle cifre non è comunque un buon segno che  fra i due futuri partecipanti alla neo compagnia non vi sia sintonia nemmeno su quanto potrà crescere il traffico, ed è anche per questo che serve un partner industriale ovvero una compagnia aerea che sappia come muoversi nel non facile settore del trasporto aereo commerciale.  Intanto in Europa continuano i fallimenti e chiusure, ultime della serie Thomas Cook e Adria Airways. Di solito quando avvengono scomparse di concorrenti si è pronti a sostituirsi ad esse per catturare il loro traffico, noi invece ci troviamo in una perenne posizione di stand by  incapaci di trarne vantaggio con l’aggravante che, ancora dopo 29 mesi, all’orizzonte non si intravede una decente soluzione.

 

tratto da www.aviation-industry-news.com