di Antonio Bordoni.
La graduatoria annuale pubblicata dall’Organizzazione Mondiale dell’Aviazione Civile (ICAO) mostra l’Italia al trentunesimo posto alle spalle di paesi come il Vietnam, l’Etiopia, il Lussemburgo. Superfluo forse ricordare che la stessa classifica degli anni settanta/ottanta vedeva il nostro Paese fra i primi dieci.
Ciò indica che mentre nelle altre Nazioni l’aviazione civile è stata tenuta in condizioni di ottima preservazione e cura, da noi la si è completamente trascurata lasciandola anno dopo anno sprofondare nei rank mondiali. Nel concreto, cosa vuol dire che il Vietnam ci precede nelle graduatorie mondiali? Vuol dire semplicemente che i chilometri effettuati dalla sua aviazione di linea, i passeggeri e le merci trasportate sono state superiori a quelle da noi prodotte.
E quando diciamo “da noi” ci riferiamo ad un Paese che ancora viene accolto quale facente parte dei “G7” ovvero un Paese che dovrebbe essere fra i “grandi” del pianeta. Ora su questa a dir poco infelice situazione bisogna bene intendersi. Ci sono Paesi che si trovano da sempre handicappati, per posizione geografica, per problemi climatici o per problemi geopolitici e che sempre sono rimasti nei bassifondi delle graduatorie, non è questo però il nostro caso: noi non ci siamo nati, ci siamo diventati.
Libri e testi che narrano del declino della nostra principale compagnia aerea ve ne sono a decine sul mercato, forse anche troppi. Decisamente troppi se poi pensiamo che da nessuno di essi e dal loro contenuto si è saputa trarre una qualche lezione per rilanciare la compagnia. Forse troppa fatica leggerli, troppa fatica cercare di individuare i passaggi chiave sui quali si è sbagliato. Molto più facile prendere la via più breve: le ragioni della debacle di Alitalia? Ma lo sanno tutti, è colpa delle low cost.
Sull’argomento rimandiamo il lettore ad una nostra precedente newsletter (1) con la quale abbiamo dettagliatamente spiegato perché è sbagliato imputare alle LCC la causa del declino. Le low cost hanno da sempre rappresentato il capro espiatorio, la scorciatoia, la vulgata messa in giro alla quale troppi creduloni hanno abboccato, diffusasi come un incontrollato contagio. Particolare ben più grave comunque è il fatto che essa, ha trattenuto dal darsi da fare per risolvere i veri problemi che hanno minato le sorti del principale vettore nazionale.
Ma a parte questa leggenda popolare messa in giro per sviare dalle reali responsabilità, quali sono quindi le concrete ragioni di questa ingloriosa fine?
Una soprattutto va citata quale causa primaria.
I troppi, continui cambiamenti ai vertici della compagnia. Per meglio spiegarci contropponiamo a titolo di paragone quanto avvenuto invece in casa Lufthansa o ad Amsterdam. Sia però ben chiaro che quello che mostriamo per Lufthansa e Klm (vedi tabella sottostante) lo potremmo anche sostituire con quanto avvenuto a Parigi con Air France o con British Airways, o con Iberia.
Stiamo parlando della necessità di mantenere al comando della compagnia persone dando loro il tempo necessario per portare avanti un progetto, un piano industriale prima di venir defenestrati o essere costretti ad andarsene invocando un esorcista. (2) Quattordici Presidenti di Alitalia contro cinque/sei di Lufthansa e Klm, nello stesso periodo temporale.
Certamente va da se che se al comando di una compagnia si pone un personaggio che non produce risultati soddisfacenti dovrebbe essere ovvio che si provvederà a rimuoverlo, ma la rimozione non dovrebbe essere causata da un cambiamento del vento politico bensì dalla presa di coscienza dell’incapacità di svolgere il ruolo per il quale si era stati chiamati.
Eventualità questa cui dovrebbe seguire l’assunzione di un personaggio capace di raddrizzare la rotta. Ebbene tutto ciò non sembra affatto avvenuto per chi nel corso degli anni è succeduto ai vertici della nostra compagnia.
Ma non basta, perché un altro fondamentale requisito è quello dell’esperienza maturata sul campo. A tal proposito uno sguardo ai curricula dei ceo di Lufthansa, di Klm e dei maggiori vettori europei mostrerebbe che tutti provengono dall’interno del vettore presso il quale hanno maturato una vasta esperienza, e a puro titolo di esempio riportiamo quanto si può apprendere circa W. Mayrhuber che ha condotto la Lufthansa per ben otto anni dal 2003 al 2011:
“Wolfgang Mayrhuber ha lavorato per Deutsche Lufthansa AG per oltre 40 anni. Come ingegnere, ha iniziato la sua carriera aziendale nel 1970, ad Amburgo, nel campo della manutenzione dei motori. Dopo aver ricoperto diverse posizioni manageriali, il signor Mayrhuber è stato nominato presidente del consiglio di amministrazione della neonata Lufthansa Technik AG nel 1994, avendo svolto un ruolo chiave nel plasmare il successo dello sviluppo dell’azienda in un servizio globale leader. Nel 2001 è stato nominato nel comitato esecutivo del gruppo con la responsabilità del “Servizio passeggeri” e nel 2002 è stato nominato vicepresidente del comitato esecutivo. Dal 2003 al 2010 Wolfgang Mayrhuber è stato presidente del comitato esecutivo di Deutsche Lufthansa AG. Con le acquisizioni di successo di SWISS, Austrian Airlines e Brussels Airlines ha avuto un impatto duraturo sul gruppo di compagnie aeree. Wolfgang Mayrhuber è stato presidente del consiglio di sorveglianza dal 2013 al 2017.”
I cinque CEO di Lufthansa dal 1980 ad oggi……. I quattordici Presidenti di Alitalia
Heinz Ruhnau 1982-1991 Umberto Nordio 1978-1988
Jurgen Weber 1991-2003 Carlo Verri 1988-1989
Wolfgang Mayrhuber 2003-2011 Michele Principe 1990-1994
Christoph Franz 2011-2014 Renato Riverso 1994-1996
Carls Spohr 2014——- Fausto Cereti 1996-2003
Giuseppe Bonomi 2003-2004
Giancarlo Cimoli 2004-2007
Berardino Libonati 2007
Maurizio Prato 2007-2008
Aristide Police 2008
L.C. Montezemolo 2015-2017
Luigi Gubitosi 2017-2018
Francesco Caio 2020-2021
Alfredo Altavilla 2021——-
I sei CEO di KLM
Jan de Soet 1987-1991
Pieter Bouw 1991-1997
Leo Van Wijk 1997-2007
Pater Hartman 2007-2013
Camiel Eurlings 2013-2014
Peter Elbers 2014——-
Tutti i particolari che stiamo narrando, da noi sono stati sempre ignorati, tanto la colpa era delle low cost… Ci si passi il raffronto, ma proprio in questi giorni, dopo la sconfitta della nazionale di calcio italiana con la squadra della Macedonia del Nord si è posto il problema se Roberto Mancini, manager della nostra squadra, dovesse o meno dimettersi.
Il dibattito è salito agli onori delle cronache in ossequio al paradigma, da sempre vigente, che se una società, non importa il suo carattere istituzionale, va male il primo responsabile è il manager che la guida.
Ora quando noi ricordiamo che ai vertici di Alitalia sono stati messi personaggi che non sono stati capaci di tirarla fuori dal pantano cui era sprofondata, è ovvio pensare che la responsabilità degli insuccessi debba essere imputata ai suoi vertici.
Ma la cosa peggiore è che non ci si è mai posti il dilemma di dove si stava sbagliando. Un detto marinaro che ben si potrebbe adattare alla storia dei management Alitalia avverte che “a torto accusa Nettuno chi fa due volte naufragio.” E i naufragi, molti più di due, si sono susseguiti fino ai nostri giorni.
Ecco cosa potevamo ancora leggere nel giugno 2020 a proposito delle candidature sulle nomine della nuova compagnia che si veniva formando: un candidato indicato dal partito “X” un altro indicato dal partito “Y”.
Ora se noi andassimo a rivedere come si sono susseguite le nomine in questi ultimi decenni troveremmo per tutte lo stesso modello: un certo candidato proposto da un certo partito, altro candidato proposto da altro partito. Viene spontaneo chiedersi se si possa realmente credere che all’interno della nostra compagnia, all’interno delle società di gestioni aeroportuali, all’interno dell’Enac, l’Ente che controlla la nostra aviazione civile, non vi siano mai stati personaggi che abbiano maturato esperienza sul campo dell’industria aerea commerciale, tali da porli come validi candidati ai comandi della compagnia.
E a tal proposito dobbiamo anche lamentare come le associazioni dei piloti che negli anni passati facevano pesantemente sentire la loro voce, ogni qualvolta si è posto il problema delle candidature ai vertici di Alitalia non hanno svolto su questo particolare aspetto alcun ruolo determinante. Ritenendo sempre utile citare ciò che avviene in casa altrui, vorremmo ricordare che Willie Walsh che nel 2005 è stato nominato CEO di British Airways è stato un comandante di Boeing 737.
Ora per chi ci volesse far notare che Fabio Lazzerini, attuale CEO di Ita Airways, ha un precedente in Alitalia come direttore commerciale, evidenziamo che il punto su cui noi insistiamo non è solo ed esclusivamente se si è maturata una certa esperienza nell’industria aerea, quanto piuttosto il fatto che le nomine non scaturiscano più dal mondo politico, da quel mondo cioè che è il principale responsabile dell’ingloriosa fine di Alitalia. In merito a questo punto ecco quanto riportava Il Sole 24 Ore nel giugno 2020:
“Il compromesso politico che sblocca la partita della Nuova Alitalia, in ritardo rispetto alla tabella di marcia, assegna la posizione di ad a un candidato sostenuto dal Pd. La presidenza va a un candidato del M5S. Classe 1964, laurea in economia aziendale alla Bocconi e specializzazione in marketing, Lazzerini è stato direttore generale di Emirates per l’Italia, dal settembre 2017 è direttore commerciale di Alitalia, fu assunto dalla terna di commissari guidata da Luigi Gubitosi. Lazzerini è sostenuto dal ministro capodelegazione del Pd Dario Franceschini e dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli.
Il Mef aveva puntato su Alfredo Altavilla, ex numero due di Sergio Marchionne in Fca. Il M5S avrebbe voluto nomina ad Giancarlo Zeni, nominato all’inizio dell’anno dg di Alitalia dal commissario Giuseppe Leogrande con la benedizione di Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico, e della senatrice Giulia Lupo, ex hostess.
Zeni aveva ridimensionato il ruolo di Lazzerini, che adesso lo scavalca. Respinto anche il piano B di Patuanelli-Lupo, la nomina ad ad di Joerg Eberhart, numero uno di Air Dolomiti (Lufthansa), che sembrava in odore di conflitto d’interessi in quanto Lufthansa vorrebbe prendere un’Alitalia ridimensionata.
Il M5S ha ottenuto la presidenza con Caio, ingegnere, nato nel 1957 a Napoli, è stato ad di Omnitel, Olivetti, Merloni, Poste Italiane dal 2014 al 2017. Nel dicembre 2014 Poste investì 75 milioni nella ricapitalizzazione di Alitalia per accompagnare l’ingresso di Etihad. Soldi bruciati, come tutti gli altri messi in questa fornace volante.
Lazzerini è il manager al quale il governo affiderà i 3 miliardi promessi dal decreto Rilancio per la Newco Alitalia. Somma da versare a rate, dopo che sarà stato fatto il piano industriale che non c’è.” (3)
Niente da fare, tutto continua come prima. Dai ripetuti naufragi occorsi ad Alitalia non abbiamo imparato nulla però, per favore, non diamo la colpa a Nettuno.
- “Luoghi comuni da sfatare sulle low cost” 23 marzo 2022
- Maurizio Prato il 2 aprile 2008 presentando le sue dimissioni così commentò: “Alitalia non può pagare il clima di guerra nel Paese. Per la prima volta abbiamo fatto secelte industriali autonome, Questa azienda ha una maledizione e solo un esorcista può salvarla.”
- Si tratta di un estratto dall’articolo apparso il 30 giugno 2020 su “Il Sole 24 Ore” ripreso da: https://www.startmag.it/smartcity/fabio-lazzerini-curriculum-alitalia-pd/